il Fatto Quotidiano, 27 agosto 2019
Tutte le crisi che si sono risolte a tavola
Ribaltone alle sardine, chez Umberto Bossi, annata 1994 per mandare a casa il primo governo Berlusconi.
Frolla di riforme costituzionali inzuccherate secondo l’antica ricetta della signora Maddalena Letta nell’anno di grazia 1997.
Governo Conte II in pizza bianca servito al riluttante Zingaretti per mantenere a Palazzo Chigi l’avvocato del popolo sponsorizzato dal Movimento 5 Stelle.
Se tra il Pd e i grillini sarà un matrimonio felice o tormentato lo dirà solo il futuro. È certo però che due incontri culinari saranno stati decisivi per il governo che verrà: il pranzo a base di pesce dei big 5 Stelle convocati da Beppe Grillo a Marina di Bibbona il 19 agosto. E la cena del 23 tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti a casa del sottosegretario alal Presidenza del consiglio, Vincenzo Spadafora. Anzi un aperitivo al secondo piano di un appartamento a due passi da Castel Sant’Angelo a Roma.
Niente a che vedere con le cene in salsa francese preparate fin nei minimi e maniacali dettagli, con cui Maria Angiolillo, incontrastata regina dei salotti romani, attovagliava i suoi ospiti: ovviamente il gotha del bel mondo, politici in testa. Impegnati anche in quei convivi a disegnare le sorti del Paese: nel 1995, per dire, nel villino arrampicato su Trinità dei Monti, Massimo D’Alema e Gianni Letta si misero al lavoro per scongiurare le elezioni anticipate con un governo di larghe intese presieduto da Antonio Maccanico davanti a una terrine de esturgeon fumé accompagnata da uno Chambertin Louis Latour.
E chi non ricorda il “patto della crostata” del 1997 a casa di Gianni e Maddalena Letta alla Camilluccia? Narrano le cronache che fu proprio una crostata a mettere d’accordo Silvio Berlusconi che temeva una legge draconiana sul conflitto di interesse e gli altri commensali, Franco Marini, Gianfranco Fini e Massimo D’Alema interessati a mandare avanti le riforme del sistema istituzionale. Che poi sfumarono.
Sempre nello stesso anno, ma a Testaccio a casa di Nicola Latorre s’incontrarono Massimo D’Alema e Antonio Di Pietro, poi candidato dall’Ulivo nel Mugello in Toscana, contro Giuliano Ferrara. Vicino di pianerottolo di Latorre ma pure di Enrico Letta che a casa sua al Cremlino, il palazzone affacciato su Piazza dell’Emporio, riceveva Mario Monti e il suo loden sobrio.
Niente a che vedere con le feste a casa Mastella a Ceppaloni: si narra che nel 2000 per i 25 anni di matrimonio di Clemente e Sandrina si ritrovarono attorno alla piscina a forma di cozza ospiti di un certo rango, da Walter Veltroni
a Ciriaco De Mita in giù. E pure il premier Giuliano Amato, che in partenza da Roma, secondo le cronache, aveva esclamato: “guarda cosa mi tocca fare per tenere in piedi la maggioranza”.
Amato poi ci aveva preso gusto, tanto che sei anni più tardi era stato invitato di nuovo per il matrimonio del figlio di Mastella. Che nel frattempo era diventato Guardasigilli decisivo per le sorti del governo di Romano Prodi: ovviamente presente pure lui a Ceppaloni insieme a tutti i suoi ministri o quasi.
Prodi è stato anche tra i protagonisti nel 1978 di un pranzo tra amici dai risvolti assai più drammatici: ricordate Gradoli, il caso Moro e la seduta spiritica a casa di Alberto Clò a Zappolino? E che dire, tanto per restare alla preistoria, dell’incontro del 1983 in un convento sulla via Appia Antica a Roma tra Ciriaco De Mita e Bettino Craxi in cui siglarono il “patto della staffetta” per avvicendarsi a Palazzo? Finì malissimo, ma poco male.
Nell’89 Craxi decise di cambiare registro politico e location: il Caf (il patto Craxi, Andreotti, Forlani) venne siglato a Milano sul camper che il leader socialista aveva adibito a suo ufficio mobile quando non riceveva all’hotel Raphael dietro Piazza Navona.
Iconiche pure le dimore ad Arcore e in Sardegna di Berlusconi ormai consegnate alla storia: chi l’avrebbe mai detto che una casa in semiperiferia gli sarebbe costato Palazzo Chigi? Fu nell’appartamento all’Eur di Umberto Bossi che si decise di staccare la spina al Berlusconi I grazie al “patto delle sardine” (l’unica cosa che il senatur aveva in casa) offerte a Rocco Buttiglione e a un riluttante D’Alema. Altro che i camerieri in guanti bianchi di Palazzo Giustiniani al servizio della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati che è riuscita ad attovagliare alla sua tavola, nelle famigerate serate per donne, persino qualche senatrice grillina. Un colpo da maestra.