Libero, 27 agosto 2019
Un’impresa su dieci è gestita da stranieri
Un’impresa in Italia su 10 è gestita da stranieri. Basta questa statistica per smontare l’ideologia, inventata dalla sinistra e da certi prelati, secondo la quale «c’è un brutto clima» o, peggio, «siamo un popolo di razzisti». Se un signore o una signora immigrata, regolare, si mette in gioco rischiando capitali propri e sfidando le regole del mercato, significa che in fondo il nostro Paese non è un territorio ostile allo straniero. Giusto? Per aprire una ditta servono timbri, più e più giri per gli uffici, anticipare in certi casi l’Iva, chiedere autorizzazioni all’Asl... insomma, chi alza la saracinesca nella Penisola è un eroe, nativo o importato che sia. Aprire un’attività a Londra, ad esempio, è molto più semplice e l’inglese si impara più facilmente. Le accuse contro Salvini, dunque, stanno a zero. Anzi, mettono in difficoltà gli extracomunitari regolari perché vengono inseriti nello stesso calderone dalla sinistra dei diritti a tutti i costi. Quando invece le battaglie leghiste, e non solo, sono contro i clandestini e l’accoglienza disordinata. Non contro lo straniero in quanto straniero. Bisogna dare un’occhiata ancora ai dati per sputtanare le tesi «razziste» inventate dai progressisti. In Lombardia, ad esempio, dove il Carroccio è al 42% (risultato delle recenti Europee), ci sono 117.932 aziende guidate da “foresti”, il 12,3% del totale. E in Veneto, dove addirittura la Lega è al 50%, gli immigrati imprenditori sono 50.871 (il 10,5%). Non è vero poi che gli imprenditori stranieri sono discriminati, dato che molti di loro lavorano a contatto col pubblico. Se esistesse la xenofobia, i titolari non dovrebbero avere nemmeno un cliente, giusto? Invece ecco le attività principali degli immigrati: “commercio al dettaglio” (161mila), “lavori di costruzione specializzati” (113mila) e “servizi di ristorazione” (quasi 47mila). Nei primi due ambiti, inoltre, così come nelle “attività di supporto per le funzioni d’ufficio e altri servizi alle imprese”, nelle “attività di servizi per edifici e paesaggio” e nella “fabbricazione di articoli in pelle”, una impresa su 5 è guidata da persone di origine non italiana. In altri due settori, però, le imprese di stranieri arrivano a rappresentare un terzo del totale. È il caso delle 17mila attività di “confezione di articoli di abbigliamento”, pari al 31,4% delle imprese del comparto, e delle 3.400 imprese del settore delle “telecomunicazioni”, che sono il 33,2% del totale. Altra cavolata ideata dai professoroni ex comunisti: «In Italia dilaga l’islamofobia». Si odiano i musulmani. Balla. L’analisi delle sole imprese individuali (oltre 470mila, il 77,1% del totale) mostra che le componenti più consistenti sono quella marocchina (quindi islamica), quella cinese e quella romena, attive in prevalenza nel settore commerciale (le prime due) e nelle costruzioni (i carpatici). Pd e compagni infine, con le loro prediche buoniste, fanno passare gli stranieri come degli sprovveduti, incapaci di prendere decisioni autonomamente. Una tesi sbaragliata dalla realtà. Magari asiatici o nordafricani avranno difficoltà nell’apprendimento della lingua o nella comprensione della macchina burocratica italica, tuttavia non sono scemi. E decidono di aprire l’attività nelle regioni più ricche. Infatti la percentuale di ditte straniere in Basilicata è appena del 3,9%, del 5,1% in Puglia e del 5,9% in Sicilia. Mentre la gran parte delle imprese forestiere si concentra al Centro-Nord, dove ovviamente ci sono maggiori possibilità di fare business. In generale le due comunità più numerose (marocchina e cinese) sono distribuite in modo diffuso su tutto il territorio nazionale, mentre per altre nazionalità si assiste a veri e propri fenomeni di clusterizzazione territoriale. È il caso di Milano, dove ha sede la più corposa comunità di imprenditori egiziani (il 43,5% del totale), di Roma, ormai area di elezione dei capitani d’azienda provenienti dal Bangladesh (più del 40% delle imprese bengalesi è all’ombra del Cupolone) e di Napoli, dove ha sede il 20,5% di tutte le imprese guidate da persone di origine pakistana. Nonostante De Magistris. Ecco, il razzismo lo vedono solo i miopi progressisti.