ItaliaOggi, 27 agosto 2019
Chef Rubio, il cuoco ricco ma da centro sociale, oltre a eliminare Israele invoca l’assassinio dei sovranisti
Si possono fare tutti i discorsi che si vogliono, si può girarci intorno con spreco di arabeschi ma alla fine le chiacchiere stanno a zero: più «restano umani» e più auspicano, giustificano o sostengono la barbarie. C’è questo cuoco da centro sociale, tale Chef Rubio, che nel nome della lotta proletaria ha fatto i soldi matti, è diventato vip televisivo e impone prezzi accessibili a Greta e al principino Casiraghi più che al pueblo unido, uno che ogni giorno sui social chiede la distruzione di Israele nel nome dell’Intifada; ultimamente si è superato e invoca la «eliminazione fisica» dei sovranisti, in poche parole la epurazione stalinista o cambogiana. Uno così non patisce censure o blocchi da nessun social, viceversa così sensibili ad ogni sospiro del politicamente corretto. Al Rubio dà man forte Michela Murgia, questa virago esagitata che, a chi si sdegna del programma terroristica dell’amico Rubio, replica strafottente: è una iperbole, comunque denunciate pure che ci facciamo quattro risate.Iperbole? Si chiama, più precisamente, complicità morale. Murgia è conosciuta per alcune trovate un po’ da baraccone, la «matria» al posto della patria, la inquisizione paranoide per cui «fascista è chi il fascista fa», che è un modo per farsi giudice e vindice. E loro sarebbero gli umani, quelli si preoccupano per le storture del mondo, che vanno con le mode, oggi il must umanitario sono i migranti Ma cosa c’è di umano in chi rimpiange, iperbole o meno, la giustizia proletaria, sommaria, a raffiche di piombo? A volte vien da sospettare una sorta di psicopatologia in chi accusa qualcuno esattamente di comportamenti che è il primo a praticare, come per una misteriosa schizofrenia contagiosa. E non curabile, evidentemente. Il brigatista Raimondo Etro, coinvolto e condannato per la strage di via Fani e l’uccisione di Aldo Moro, custode delle armi usate per l’omicidio, a distanza di 40 anni non ha perso la voglia di dimostrarsi, o millantarsi, per rivoluzionario puro e duro e si diverte a rivolgere alla politica di destra Giorgia Meloni insulti irriferibili, di una violenza e una volgarità infantili, preoccupanti in uno che ha passato i 70. Aveva ragione Montanelli quando diceva che simili individui sarebbero passati direttamente nel truce museo dei rottami ideologici. Ma se a uno qualsiasi dell’arcipelago pseudobuonista chiedi di dissociarsi da simili bassezze, lo fa sempre con arzigogoli, arabeschi verbali, riserve, scantonando in un perenne esercizio di equilibrismo sul trapezio dell’ipocrisia.
Ostentano angoscia per i piccoli migranti, ma irridono i bambini rapiti e venduti di Bibbiano. Invocano rispetto, ma sono fontane di disprezzo (immotivato, forse autoreferenziale). Pretendono bontà e sono sempre pronti a sognare una strage, un bagno di sangue, un genocidio. Si preoccupano per una sigaretta gettata in terra, ma non per un essere umano gettato in terra. La loro totale mancanza di empatia discende da Rousseau e arriva alle mezze cartucce che su Twitter esaltano un reperto terrorista. La loro morale la scolpì negli anni Settanta l’attrice trotzkista Vanessa Redgrave: «Il mio paradosso è che, anche se mi preoccupo molto per le masse, per gli orfani in Vietnam, gli affamati in India, mi sembra di preoccuparmi poco per le persone che mi circondano. Ho resistito a questa accusa. Ma, detto, brutalmente, questa sono io». Questi sono loro. Con umani come questi, chi ha bisogno dei disumani?