Robinson, 25 agosto 2019
Gli esordi di Bertolucci
A introdurre il giovane Bertolucci cineasta è papà Attilio: «Affrettatevi, la teleferica è lontana e Bernardo, che ha le gambe lunghe dei quattordici anni, la smania dello storyteller, insiste sul tempo reale, vuole che vi perdiate fra castagni e felci». L’infanzia allagata dagli odori nelle campagne parmensi, il gusto per l’immagine vista come territorio altro rispetto alla poesia che è eredità paterna: confessa il cineasta che, girato il corto giovanile La morte del maiale, ha «visto un’altra possibilità, che non ero condannato a fare il poeta» ( La mia magnifica ossessione, Garzanti).
Nella divisione canonica della filmografia il primo Bertolucci è quello che va da La commare secca (’ 62, racconto dei sospettati del delitto di una prostituta), a Strategia del ragno (indagine di un figlio sull’omicidio del padre eroe partigiano) girato nel ’ 70, pochi mesi prima de Il conformista, che diverrà un successo mondiale. Entrambi i film sono presentati in versione restaurata ( uno dalla Cineteca Nazionale, l’altro da quella di Bologna) nella sezione Classici della Mostra di Venezia (28 agosto – 7 settembre), mentre dal primo settembre è online il sito Bernardobertolucci. org, materiali e video anche inediti su vita e opere dell’artista scomparso il 26 novembre 2018.
Il critico Adriano Aprà ha conosciuto Bertolucci 17enne e vide i due corti perduti: «M’interessava il cinema, mio padre mi spedì a casa di Cesare Zavattini per avere consigli. Ci trovai Bernardo che proiettava i suoi corti. Li vidi e feci il critico puntiglioso: il documentario La morte del maiale era interessante, mentre in La teleferica c’erano troppe inquadrature dal basso, conteneva un certo barocchismo stilistico di Bernardo che poi si raffinerà diventando una delle sue caratteristiche più belle». Tra i coetaei non scatta la sintonia. «Lo rivedo l’anno dopo alla Mostra di Venezia conversare disinvolto con critici famosi che io, timido, non osavo avvicinare. Poi in televisione, quando vinse il premio Viareggio con il libro di poesie: Bernardo era disinvolto, pieno di sé, diceva cose tipo “la lingua del cinema è il francese”, “il cinema è come la poesia”, un’analogia che allora non sopportavo. Poi lo incontro a una festa il giorno prima del set di La commare secca, si dà arie da grande regista. Mi fu molto antipatico». Per poter girare quel film da un soggetto di Pasolini, di cui era stato aiuto regista in Accattone, Bertolucci deve far firmare il padre perché non era ancora maggiorenne. È stato ingaggiato per la sceneggiatura con Sergio Citti, ma non si tira indietro di fronte alla regia. «Arrivo sul set e vedo lo scetticismo negli occhi della troupe, sono il più giovane di tutti, mi tremano le gambe», racconterà poi Bertolucci, che se non timido è almeno emotivo: Pasolini lo descrive in versi, A un ragazzo, “col sorriso confuso di chi la timidezza e l’acerbità sopporta con allegrezza, vieni tra gli amici adulti e fieramente umile, ardentemente muto, siedi attento…”.
«Poteva sembrare presuntuoso», concede il regista e sceneggiatore Mimmo Rafele, che quando l’incontrò grazie al fratello Giuseppe lo considerava già un maestro, «era solo una persona molto cosciente dei propri mezzi ed era un Bertolucci, figlio del grande poeta». «Venivo dalla poesia, sentivo che fosse giusto abbandonarsi a momenti in cui la soluzione era lirica», ancora Bernardo su La commare secca, «decisi di fare un film che fosse il più lontano dal mio maestro. Paolo girava frontalmente, come nella pittura religiosa, i pali d’altare, bene, allora il mio cinema sarebbe stato sempre tutto in movimento». I dolly, le carrellate, lo stile che avrebbe portato Pasolini a prenderlo come esempio del cinema di poesia contrapposto a quello di prosa. Alla Mostra di Venezia nel ’62 (tra gli altri debuttanti Roman Polanski con Il coltello nell’acqua), il film va male. Come pure, due anni dopo, Prima della rivoluzione: «Io invece ne resto folgorato, nasce così la nostra amicizia», ricorda Aprà, che ha recitato nell’episodio Agonia ( Amore e rabbia, 1967): la parabola del fico sterile in una performance del Living Theatre ( «Restai a bocca aperta davanti a quel gruppo di magnifici capelloni»). Ride Rafele: «Eravamo iniziati viziati, ci sentivamo un setta, gli unici che avevano capito tutto. Ed era vero. La Francia esaltava Bernardo, in Italia i suoi film erano snobbati, stroncati. Bernardo soffriva, si sentiva incompreso». Aveva intorno il suo gruppo familiare, amicale, artistico. Stefania Sandrelli ricorda: «Conoscevo tutta la famiglia di Bernardo: il padre Attilio, la mamma Ninetta, il fratello Giuseppe, il cugino Giovanni. D’istinto Bernardo mi piaceva, era attraente, così colto, io ero una ragazza venuta dalla provincia alla ricerca del bello. Quasi per caso mi propose Partner, dieci giorni di riprese, un film senza mezzi. Fu un set caotico. Con Bernardo ridevo spesso, Tina Aumont era esuberante, Pierre Clémenti un’entità aliena». Aprà: «Per Bernardo Partner era un film “malato”, lo sottovalutava». Nella vita di Bertolucci entrano la psicanalisi e Borges, con il racconto Tema del traditore e dell’eroe, che diverrà Strategia del ragno.
«Un film girato in una specie di stato di grazia», racconta Rafele, che fu segretario di edizione, «lo stesso Bernardo ogni tanto negli anni mi chiedeva: “Come facevamo a essere così felici?”. C’era suo fratello Giuseppe, una troupe di amici e debuttanti, tra cui il direttore della fotografia Vittorio Storaro. Trascorremmo due mesi in questo bel paese disabitato, di giorno l’energia del set, la sera le cene in trattorie della bassa padana che solo Bernardo conosceva. Non avevamo ansie da sala, era un film per la Rai». La commare secca e Strategia del ragno, spiega Rafele, «hanno in comune l’essere belli, profondi, poetici: è questo il loro messaggio fondamentale. Oggi i giovani girano benissimo film al cellulare, ma è un’abilità spesso priva di senso. Per molti di loro il cinema antico è Martin Scorsese, in Strategia del ragno era quello che partiva da Murnau per arrivare a Godard». Proprio lo speciale su questo film inaugura Bernardobertolucci. org, curato dai collaboratori del regista a partire dalla moglie Clare Peploe, Fabien S. Gerard, Giovanni Mastrangelo e Tiziana Lo Porto.