Robinson, 25 agosto 2019
Sulle stroncature
Premessa: sui giornali italiani le stroncature di libri non abbondano. Un po’ per la comprensibile tendenza a occuparsi delle cose migliori, invece che di quelle peggiori – perfino in un mercato editoriale piatto come il nostro, specchio perfetto di un Paese stagnante. Un po’ perché farlo è faticoso: quando si parla male di un romanzo, o di un saggio, le redazioni sono costrette infatti a fronteggiare la furia delle case editrici. Recriminazioni spesso interminabili, via telefono, mail, sms, whatsapp, con toni dal vittimistico all’aggressivo. Ma se un prodotto culturale, di qualsiasi tipo, non convince, noi di Repubblica e di Robinson ai nostri lettori lo diciamo. Anzi, qui facciano di più: vi elenchiamo le reazioni tipo alle bocciature, con esempi rigorosamente veri. C’è l’editore blasonato che si mobilita già prima dell’alba gridando al complotto, e dando del cerebroleso (o giù di lì) all’estensore del pezzo.
C’è l’editore forte che, a fronte di tanti onori riservati al suo catalogo grandi firme, accetta un occasionale passo falso, proprio come un supermercato tollera una quota fisiologica di furti. C’è l’editore di bestseller che, venuto per caso a conoscenza di un’imminente stroncatura, protesta con l’amministrazione, invece che con i giornalisti. C’è l’ufficio stampa saggio, pronto a spiegare a un suo autore pop che essere giudicati severamente, ma con parametri da narrativa “alta”, è comunque una vittoria. E l’ufficio stampa iracondo che, dopo l’uscita di un reportage non proprio entusiasta su un evento promozionale legato a un libro importante, fa piovere insulti dalla sua casella di posta elettronica. Questione di stile personale, prima ancora che di stili letterari.