il Fatto Quotidiano, 26 agosto 2019
Centro E. Prima si individua la persona poi si cerca il reato. Così Putin ammanetta gli oppositori
Per le strade affollate di bandiere e striscioni di protesta loro di solito passeggiano in borghese. Non hanno l’obbligo della divisa nemmeno in ufficio. Con gli obiettivi di una telecamera ad alta definizione, camuffati da manifestanti o da passanti, ai cortei tallonano e tracciano chiunque ritengano necessario. Quando si avvicinano alle pattuglie, gli basta puntare l’indice e scatta l’arresto.
Sono gli uomini dell’ ‘Ufficio principale per contrastare l’estremismo del Ministero degli Interni della Federazione’: almeno questa è la lunga dicitura sulla targa dei loro uffici a Mosca. Tutti però ormai li conoscono come i membri del “Centro E”. Una lettera sola e minacciosa, che sta per “estremismo”, una parola che la Russia sta usando per definire ogni dissenso e ribellione al Cremlino. Una polizia politica, secondo alcuni giornalisti di Mosca, qualcosa che assomiglia all’Ochrana, servizi di sicurezza zaristi. Gli uomini di “Zentr E” erano al lavoro ieri, come ogni sabato nella Capitale. Se è nuova la generazione in corteo, è vecchio l’apparato per sorvegliarla, di cui però si sa ben poco.
Solo che “funziona al contrario di tutti gli altri dipartimenti del Ministero dell’Interno russo: non partono dal crimine per risalire all’individuo, ma trovano l’individuo e poi il crimine, e se quell’individuo non commetterà qualcosa, è facile cadere nelle provocazioni” ha detto Vladimir Vorontsov, che del Centro ha fatto parte. In pericolo è chiunque sia anche minimamente attivo in politica, e anti governo in Russia. Gli estremismi, in diversi reparti, li perseguono tutti: quelli di matrice religiosa o nazionalista, ma ultimamente le forze sono concentrate sugli eventi di massa. La storia del dipartimento è una perestroika, ricostruzione al contrario. Rifondato con il decreto 1316 del presidente Putin nel settembre 2008 per rispondere alle “sfide del tempo”, il Centro è sorto dalle ceneri dell’ex Ubop, direttorato contro il crimine organizzato, ai cui membri si deve il repulistidelle strade russe nei “banditi e selvaggi” anni ’90.
“Ma se non riuscivano ad incastrare un criminale piazzavano prove e torturavano durante gli interrogatori – dice lo specialista del think thank Open Russia, Grigory Tumanov – dopo un po’ era difficile distinguerli dai criminali su cui indagavano”. Il Centro E è rinato, dotato di computer e pistola. E i suoi uomini in una notte sola sono passati da un ufficio all’altro, rimanendo gli stessi, con “le stesse regole d’ingaggio, ma con nuovi bersagli: gli oppositori politici”. Sorvegliano da remoto gli attivisti, a volte li avvicinano ai cortei, creano provocazioni o li minacciano. Infine li fanno arrestare. Gli uomini del Centro E assomigliano alla versione tecnologica del ministero dell’Amore del romanzo 1984: vivono per neutralizzare il dissenso. Clonano pagine, istigano commenti o rendono pubblici video o dati dei manifestanti su internet. Poi leggono e scrivono post. Monitorano social network, creano account falsi, sono dei troll che però poi si alzano da sedia e tastiera e non rimangono nell’ombra. Il loro è un lavoro d’impostura che pochi specialisti delle forze dell’ordine, qualificati nel risolvere estorsioni, rapimenti, attacchi terroristici, erano disposti veramente a fare prima che Putin parlasse dell’importanza della tutela dell’ordine e sicurezza nel Paese, parole che sono apparse come carta bianca, luce verde al Centro E, ormai presente in ogni grande città russa per tracciare in tutti i centri abitati gli oppositori più significativi.
Usati finora solo nei punti remoti del Paese, nel Caucaso del Nord come in Crimea, ora si aggirano sempre più numerosi nei cortei della Capitale. Se Mosca ne parla è perché sono finiti dall’altro lato dello schermo che di solito impugnano. Filmati dai manifestanti stessi che filmavano, mente il capo dell’opposizione Navalny usciva di prigione, sono finiti sul web, prigionieri del loro stesso regno.