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 2019  agosto 26 Lunedì calendario

La guerra dei buoni pasto

 
Nella guerra dei buoni pasto, alla fine vincono sempre gli stessi. E non è detto che sia sempre una cosa positiva. Almeno questo vale per il mercato dei ticket restaurant (che sostituiscono la mensa aziendale) dove, a spartirsi una torta da 3 miliardi di euro, tra pochissimi controlli, sono un paio di giganti stranieri e uno sparuto grappolo di aziende italiane che, almeno secondo i pubblici esercizi rappresentati dalla Fipe, sarebbero proprio i “cattivi”. Quelli che anno dopo anno continuano a proporre delle condizioni capestro che gli consentono di aumentare il giro d’affari obbligando, così, bar e ristoranti a sottostare a sconti sul valore del ticket sempre meno sostenibili per gli esercenti. In altre parole – spiega la Fipe che rappresenta 80mila esercenti sui 300mila in tutta Italia – pochissimi gruppi si contendono i contratti migliori, quelli da milioni di clienti, battendosi fino all’ultimo con il maggior sconto al committente. Tanto poi possono rifarsi sugli esercenti, “ormai esasperati dalle commissioni passate dal 10% di due anni fa all’attuale 15”, sottolinea la Fipe.
Non solo. I tempi di incasso sono lunghi. I titolari di locali, supermercati e ristoranti devono aspettare un mese per raccogliere un numero significativo di tagliandi, per poi spedirli al centro raccolta, fatturandoli. Ed attendere non meno di tre mesi per il pagamento di quanto incassato, che per alcuni buoni va ben oltre i tempi previsti. Con una conseguenza diretta: negozi e pubblici esercizi hanno deciso di non accettano più i buoni pasto, così come denuncia la Fipe che è tornata a farsi sentire forte in questi giorni, con la pubblicazione del nuovo bando Consip (la centrale acquisti della Pa) da 1,25 miliardi di euro, Iva esclusa, per l’aggiudicazione dei buoni pasto per 900mila dipendenti del pubblico impiego (compresi i poliziotti) per il 2020. Si tratta di 15 lotti che coprono tutte e 20 le Regioni italiane, con Lombardia (125 milioni di euro), Lazio (256 milioni) e Campania (188 milioni) a farla da padrone. “Chi vince i lotti regionali fa il colpo – spiega un esperto del settore – perché le amministrazioni centrali sono obbligate a utilizzare i suoi buoni pasto, mentre gli enti locali possono scegliere se aderire, e di solito lo fanno perché nessuno offre di meglio: si diventa monopolisti, con un potere enorme”.
È dall’estate del 2015, grazie alla legge di Stabilità, è stato ritoccato verso l’alto il tetto di esenzione (l’ultima modifica risale al 1998) con i buoni pasto concessi a dipendenti e collaboratori portati da 5,29 a 7 euro, ma soltanto per i ticket elettronici. “Ancora una volta il criterio di aggiudicazione è l’offerta economicamente più vantaggiosa. E, visto che l’ultimo bando, quello relativo all’anno in corso, è stato assegnato con uno sconto tra il 20 e il 21%, possiamo già anticipare che – spiega il vicepresidente di Fipe Aldo Cursano – questo meccanismo del massimo ribasso metterà a serio rischio la tenuta del sistema che non può reggere più, perché alla fine questi sconti sono scaricati sull’ultimo anello della catena, cioè i pubblici esercizi”. Insomma – tuona Cursano – “se si continueranno a imporre sconti insostenibili, siamo pronti a non riconoscere il valore dei buoni”.
È dal 2012 che i bandi vengono assegnati in base all’offerta economica più vantaggiosa, anche se Consip spiega che “la nuova gara è stata progettata nel pieno rispetto delle indicazioni previste dal Codice degli appalti” e che “la suddivisione in un ampio numero di lotti, coerentemente con le indicazioni del Garante per la Concorrenza e il Mercato, amplierà la partecipazione” delle società. Ma quali sono questi gruppi? In un mercato dominato dai francesi (Accor, Sodexo, etc..) fino allo scorso anno è spiccato Qui! Group di Gregorio Fogliani che è riuscito in poco tempo a conquistare quasi tutti i colossi pubblici, dalle Ferrovie a Poste, passando per Eni, Enel, Bankitalia, Corte dei Conti, ministeri vari e la stessa Consip.
Fino al crac dell’estate 2018. La sentenza di fallimento del tribunale di Genova, risalente allo scorso settembre, ha rilevato debiti da parte di Qui! Group per 326 milioni di euro. Debiti che hanno messo a rischio anche decine di aziende satellite che vivevano intorno al gruppo, alcune in questi mesi hanno già chiuso portando al licenziamento di centinaia di dipendenti oltre alla vendita di immobili. Fogliani, che il mese scorso è stato arrestato nell’ambito del fallimento Qui! Group, nel 2016 si era aggiudicato per 388 milioni di euro i due lotti principali (su 7) del bando Consip da un miliardo di euro per la fornitura dei buoni pasto in 5 Regioni con un’offerta inferiore del quasi 20 per cento.