Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  agosto 26 Lunedì calendario

Ritratto del piccolo George d’Inghilterra, il principe che vuole ballare

Cosa manca a un principe? Ha l’amore dei sudditi, case meravigliose nelle quali vivere, giardini da attraversare, abiti eleganti, animali da accarezzare.
George poi è anche un principe bellissimo, avrà sacchi di lettere di ammiratori e ammiratrici, che avranno bisogno di segretarie particolari per essere evase.
Cosa manca a quel principe biondo le cui smorfie passano alla storia, i cui giocattoli riempiranno interi appartamenti? Niente, non gli manca niente. Quando gli avranno chiesto che cosa ti manca, che cosa vorresti, il principe avrà pensato che non gli mancava niente. Tranne forse una cosa. L’unica cosa che non ho, e non potrò mai avere, avrà pensato George, è la libertà di non essere più quel principe. Cosi da potermi rotolare sul prato dei miei giardini, spogliarmi dei miei abiti eleganti e diventare io stesso il giocattolo più bello con cui divertirmi. Io, il mio corpo. E dove la trovo quella libertà, deve aver pensato il principe George? Ma certo: la danza! E ha ragione.
Anche i più goffi tra noi, quelli che alla feste si inchiodano alle pareti come quadri, quelli che inciampano nei propri piedi e fissano per ore il contenuto del proprio bicchiere pur di non alzarsi dal divano, nel fondo del loro cuore sanno cosa succede quando per colpa della musica ti metti a scodinzolare, quando qualcuno ti prende per mano e poi ti stringe al ritmo di qualcosa. O quando, sudando e scalciando, muovendo le braccia a caso e roteando la testa, senti che piano piano ti stai lasciando indietro quella goffaggine, e la disciplina ossuta dei giorni, e le regole dello starsene tranquilli e composti. Che felicità deve essere la danza, deve aver pensato il principino George, guardando sfilare le sue guardie in fila per tre col resto di due, o la nonna seduta a capotavola capace di consumare una cena intera senza sollevare gli avambracci dal tavolo, o la madre con tutti quei sorrisi e quegli abiti stretti stretti. Voglio ballare, ha detto quando gli è stato chiesto che cosa volesse fare. Senza immaginare che questo avrebbe scatenato l’ilarità, e il dileggio dei sudditi. O la difesa appassionata di Roberto Bolle, il principe della danza, in persona. Non ci pensava proprio il principino che un desiderio non sarebbe stato considerato un desiderio, ma una scelta di campo. Che voglio ballare non significa voglio usare il mio corpo per raccontare storie, o semplicemente per fare cose buffe e allegre e non autoritarie e noiose, ma voglio stare dalla parte giusta, corretta del mondo. Non basta più neanche essere un principe, probabilmente neanche un re, per poter essere eccentrici.
Il fatto è che la monarchia inglese avrà avuto senz’altro danzatori tra le sue corone, uomini e donne che dietro le tende si infilavano la calzamaglia e si cimentavano in jeté e relevé, piroette e pas de bourrée. Ma di nascosto appunto, mentre George lo ha detto a tutti: io voglio danzare. Io voglio essere felice, ha detto ad alta voce. E questa è ’unica cosa che va detta piano piano, sussurrando, se non si vuole suscitare l’invidia del mondo.