Corriere della Sera, 24 agosto 2019
L’erede del Kaiser che fa causa allo Stato
Un secolo dopo l’abdicazione dell’ultimo Kaiser, Guglielmo II, i suoi eredi sono in conflitto con le autorità tedesche, da cui reclamano la restituzione delle opere d’arte appartenute alla famiglia e soprattutto il diritto di risiedere in uno dei luoghi più emblematici della storia della Germania.
Ma la richiesta indirizzata al Land del Brandeburgo dal principe Georg Friedrich Ferdinand, pronipote di Guglielmo II e capo del casato degli Hohenzollern, si sta rivelando devastante per la reputazione della dinastia, riaprendo un dibattito nazionale sulle sue responsabilità nelle tragedie del Novecento. Storici, analisti e politici di ogni tendenza accusano il principe di «amnesia storica», ricordando l’ambizione militarista del suo avo, che contribuì a precipitare l’Europa nella Prima Guerra Mondiale, e l’attivo sostegno che i figli di Guglielmo, dopo l’abdicazione di quest’ultimo, diedero a Hitler e al nazismo.
Negoziati tra gli Hohenzollern, i Land Berlino e Brandeburgo, il governo federale sono in corso da anni e vertono su un risarcimento in denaro per i beni espropriati dagli occupanti sovietici subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Pur avendo riconosciuto come legali gli espropri, dopo la riunificazione la Repubblica federale ha infatti ammesso un diritto agli indennizzi, tranne nei casi in cui venisse riconosciuto un coinvolgimento degli espropriati con il regime nazista. «I colloqui puntano a trovare una soluzione ragionevole per tutti, ma le posizioni sono ancora molto distanti», si legge in un comunicato del ministero della Cultura tedesco.
Ma come ha rivelato Der Spiegel, all’inizio dell’estate Georg Friedrich ha alzato la posta. E in una lettera inviata dai suoi legali, ha chiesto non più solo l’indennizzo, stimato intorno a 1,2 milioni di euro, ma anche la restituzione di migliaia di dipinti, sculture, monete, libri antichi e mobili, oggi custoditi ed esposti al pubblico nei musei di Potsdam e Berlino. Di più, con la motivazione «ho bisogno di un castello per definire la mia identità», il principe pretende di andare a vivere (a spese del contribuente) a Cecilienhof, la magnifica dimora in stile neo-Tudor passata alla Storia per aver ospitato nel 1945 la Conferenza di Potsdam tra Stalin, Truman e Churchill (che poi dovette cedere il posto a Clemence Attlee).
Non è la prima volta che Georg Friedrich cerca di assicurarsi un castello già appartenuto al casato. Ci ha già provato in Renania-Palatinato con quello di Rheinfels, un po’ fatiscente per la verità. Ma in giugno un tribunale di Coblenza gli ha dato torto, negandogli ogni diritto legale alla proprietà.
La reazione alle nuove richieste è stata potente. «Le collezioni dei musei, preservate per decenni grazie al denaro pubblico, restano dove sono. E quanto a Cecilienhof, è la Storia a dire di no», ha dichiarato Torsten Wöhlert, responsabile per gli Affari culturali del Land Berlino.
Secondo l’ex presidente del Bundestag, Wolfgang Thierse, l’ex patrimonio degli Hohenzollern non può essere trattato come proprietà privata per una questione di principio: «Da dove viene tutta quella ricchezza? Chi l’ha finanziata? Sono stati prima i sudditi prussiani e poi i cittadini tedeschi. E adesso dovremmo pagare di nuovo?».
Gli avvocati di Georg Friedrich negano che la famiglia intenda rimuovere la collezione dai musei, sostenendo che la disputa riguarda soprattutto lo status legale dei loro beni. Ma il governo del Brandeburgo minaccia, in assenza di un accordo sull’indennizzo, di rivolgersi al Tribunale Amministrativo, che molto probabilmente gli darebbe ragione.