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 2019  agosto 24 Sabato calendario

In morte di David Koch

Anna Lombardi per la Repubblica
Il suo nome svetta a lettere d’oro all’ingresso del Museo di Scienze Naturali di New York, nel teatro dedicato alla danza del Lincoln Center e al Presbyterian Hospital di Manhattan. Istituzioni sostenute da David Koch, morto ieri a 79 anni, con donazioni che nel tempo hanno superato il miliardo di dollari. Ma oltre che munifico filantropo, il miliardario ultra conservatore è stato soprattutto uno dei grandi burattinai della politica americana. Capace, insieme al fratello maggiore Charles, di dettare la linea alla destra radicale. Furono soprattutto loro, attraverso il think tank American for Prosperity, a foraggiare la nascita dei Tea Party, il movimento populista e anti tasse che tanto ha contribuito a cambiare l’identità del partito repubblicano rafforzandone l’anima più estremista. Un’ influenza pagata a suon di milioni, grazie a un patrimonio valutato da Forbes a marzo 50,5 miliardi di dollari. E che faceva di David l’undicesimo uomo più ricco del mondo, alla pari con Charles. Dopo aver estromesso i fratelli più moderati Frederick e William, i due controllavano infatti insieme le Koch Industries, il colosso petrolchimico con sede a Wichita, Kansas, ereditate nel 1967 dal padre: quel Fred, che aveva fatto fortuna costruendo raffinerie in Unione Sovietica e nella Germania nazista.
Libertario convinto, nel 1980 David aveva scommesso perfino sul Libertarian Party presentandosi come vicepresidente alle elezioni: ma il suo partito si era fermato l’1 per cento. Personalmente favorevole ad aborto e matrimonio gay, sosteneva tagli alle tasse, libero scambio commerciale e deregulation. Finanziando campagne negazioniste sui cambiamenti climatici, e sostenendo politici impegnati a bloccare ogni norma ambientalista. Era lui il più politicizzato dei Koch: oltre ad essere il più mondano, la fama da playboy accantonata solo nel 1996, dopo il matrimonio con la designer Julia Flesher, vent’anni più giovane, da cui aveva avuto tre figli. L’avvento di Donald Trump non era piaciuto ai fratelli. Ma poi David aveva partecipato alla festa d’insediamento e insieme a Charles finanziato il vicepresidente Mike Pence, suggerendo all’amministrazione diversi nomi. L’ultima grande manovra, nel 2017, era stata la partecipazione all’acquisto delle riviste “Time” e “Fortune” da parte di Meredith Corp, sostenuta con 650 milioni di dollari. Un anno dopo David aveva annunciato il ritiro da ogni impegno. Troppo malato, si sussurrava già allora: forse lo stesso cancro alla prostata che lo ha tormentato per 27 anni, spingendolo a donare milioni di dollari alla ricerca. Una bella contraddizione, sottolineavano gli avversari: proprio nelle fabbriche Koch si produce formaldeide, una sostanza altamente cancerogena.
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Marilisa Palumbo per il Corriere della Sera

New York Era uno degli uomini più ricchi del mondo, uno degli industriali più potenti e controversi d’America. Ed era anche un uomo molto fortunato: nel 1991 uscì quasi illeso da un incidente aereo all’aeroporto di Los Angeles nel quale morirono 34 persone. David Koch è mancato ieri a 79 anni dopo una lunga malattia. Non è esagerato dire che assieme al fratello Charles, a 82 anni ancora saldamente alla guida dell’impero di famiglia, ha cambiato il volto della politica americana contemporanea.

I Koch brothers, entrambi laureati in ingegneria al Mit, insieme, negli anni Sessanta, hanno trasformato l’impresa fondata dal papà a Wichita, Kansas, in un colosso globale del petrolchimico e del tessile. La seconda compagnia più grande del Paese — oltre 100 mila impiegati — produce oggi di tutto, dai componenti degli iPhone alla carta assorbente. Con un patrimonio personale stimato in oltre 100 miliardi di dollari in due, Charles e David, in particolare il secondo, sono stati munifici benefattori per le arti e la medicina, ma soprattutto si sono impegnati a condizionare il partito repubblicano seguendo la scia del padre, feroce anticomunista, liberista e libertario. Proprio con un ticket libertario David tentò in prima persona la carriera politica nel 1980, correndo per la vicepresidenza con Ed Clark, e dietro un programma che invocava la chiusura di molte agenzie federali e l’abolizione di tutte le tasse sul reddito e sulle imprese.

Di quella campagna resterà appena una nota nei libri di storia, molto più si scriverà dei cinquant’anni di sforzi dei fratelli Koch per influenzare le elezioni attraverso fiumi di donazioni (spesso opache) a politici e think tank promotori del «meno governo, più prosperità». Considerati l’anima finanziaria del Tea Party, i fratelli sminuivano il loro coinvolgimento con il movimento che trasformò le elezioni di medio termine del 2010 facendo riconquistare al Grand Old Party la Camera e frenando l’agenda del resto della presidenza Obama. «Non sono mai stato a un evento del Tea Party», aveva detto David in un’intervista al New York Magazine. Ma lui e Charles hanno fondato e finanziato «Americans for Prosperity», l’associazione antitasse che ha fornito sostegno anche logistico al Tea Party.

Molti dollari dei Koch sono andati poi in campagne locali contro nuove infrastrutture per il trasporto pubblico, descritto come uno spreco di soldi dei contribuenti. E secondo Greenpeace i fratelli — tra i più grandi «inquinatori» del Paese con le loro aziende — sono «il perno di tutte le campagne di negazione del cambiamento climatico». Con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca e il Congresso nelle mani dei repubblicani, i due avrebbero potuto godersi un ciclo politico a lungo agognato. Ma di Trump non si sono mai fidati — nonostante David fosse presente al party della vittoria di The Donald: troppo protezionista, non abbastanza conservatore. La diffidenza è esplosa in uno scontro pubblico nel 2018, con Charles che denunciava le politiche sul commercio e l’immigrazione del presidente e questi che bollava come «sopravvalutato» l’apparato politico dei Koch. A differenza del fratello, famoso per allontanarsi raramente dal ranch e dalla fabbrica di Wichita, David viveva a New York e amava stare in società. A 56 anni ha sposato Julia Flesher, dalla quale ha avuto tre figli: David Jr., Mary Julia e John Mark. Lascia anche un fratello gemello, William, con il quale lui e Charles si sono riconciliati pochi anni fa, dopo due decenni di battaglie legali, delle quali si ricorda la testimonianza di David in tribunale, interrotta dai singhiozzi.