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 2019  agosto 23 Venerdì calendario

Quando Giò Ponti era felice che l’Inghilterre entrasse in Europa

 “Q uesta è una delle tante lettere scritte da Giò Ponti indirizzate allo storico dell’architettura britannico Joseph Rykwert, che venne in Italia la prima volta negli anni Quaranta, subito dopo la Seconda guerra mondiale, in occasione di una sorta di pellegrinaggio per incontrare gli architetti italiani più attivi. A Milano il giovane Rykwert divenne amico di Vittorio Gregotti e Giò Ponti, che gli scrive questa missiva nel 1971, alla vigilia dell’entrata della Gran Bretagna in Europa, con parole entusiastiche per la novità. Ritrovata nell’archivio di Rykwert e inedita, appare oggi estremamente attuale”. Come spiega lo storico dell’arte Ludovico Pratesi, la lettera di Ponti ritrovata nell’archivio Rykwert è interessante da leggere soprattutto ai tempi della Brexit. Scrive Giò Ponti: “So no molto felice di apprendere che ora l’Inghilterra può aggregarsi all’Europa (e a tutti noi), l’Europa ha bisogno della Gran, civilizzata e colta, Bretagna. “J’ai deux amours” – come nella canzone di Josephine Baker – ho due grandi amori: uno (infedele) è per l’Italia, che mi rende felice al pensiero che la Gran Bretagna si unirà a l l’Europa (e perciò anche a ll ’Italia), l’altro (fedele) è per la Gran Bretagna, che qualunque cosa accada non cambierà mai. Tuo, Giò”. Architetto e accademico, Giò Ponti (1891-1976) fu soprattutto designer tra i più innovatori Novecento. Mentre a Fortunato Depero in quegli stessi anni si deve l’incontro tra marketing pubblicitario e produzione artistica (sua, per esempio, è la bottiglia a cono rovesciato del Campari), Ponti era fermamente convinto che disegno industriale e arte moderna avessero un territorio comune. Va versata, alla sua geniale produzione, l’obolo di almeno tre momenti, che siedono tutti “a tavola”. Dapprima, quando approda alla Richard Ginori e vi rielabora l’idea di decorazione della ceramica, ispirandosi alla Secessione Viennese (e per ciò nel 1925 vincerà il Grand Prix all’Esposizione Internazionale di arti decorative e industriali di Parigi). In seguito, occupandosi del p l a cé : le sue avveniristiche posate che insistono sull’idea di oggetto unico. Infine, è da annoverare la “superleggera” del 1955, la sedia realizzata migliorando nei materiali, nella comodità e nelle linee la Sedia di Chiavari. FQ