il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2019
Figli educati come cani
“Seduto”. Si siede. Click. Bocconcino succulento. “Terra”. Si mette giù. Click. Bocconcino. Non lo fa? Lo si ignora. Fa qualcosa di sbagliato? Lo si ignora. Torniamo a casa e troviamo la casa messa a soqquadro? Lo si ignora. Si comporta bene con un suo simile? Click. Bocconcino. E poi a lungo andare solo il click si può eliminare, lasciando il bocconcino (anche se c’è chi fa esattamente il contrario).
È la traduzione – in soldoni, ci perdonino gli educatori, di cui ovviamente c’è bisogno nel caso lo si voglia seguire – del clicker training, il sistema di addestramento iniziato con i delfini e passato poi ai cani (ma anche ai cavalli, ai gatti e persino ai pappagalli) basato sulla teoria del condizionamento. In pratica, si incentivano i comportamenti positivi dell’animale rafforzandoli con un premio (il bocconcino, o la palla o comunque una ricompensa “desiderata”) e, prima ancora, con il suono di un clicker. Si tratta del gioco che molti di noi usavano quando erano bambini, lo chiamavamo “raganella”: un oggettino metallico capace di emettere un click-clack sonoro. Con un po’ di esercizio, l’animale assocerà il suono a un suo comportamento positivo, che piace al “padrone”. Viceversa la “marachella”, piuttosto che essere punita – la teoria presuppone che si apprende molto meno con le punizioni –, dovrà essere ignorata. Il clicker training funziona e anche in Italia è molto diffusa.
Ma che succede se si esporta questo “addestramento” ai bambini? Il putiferio. Almeno stando a quanto sta accadendo in Gran Bretagna – la notizia è stata riportata ieri dall’Independent –, dopo che Channel 4 ha deciso di mandare in onda una nuova serie tv che incoraggia i genitori a educare i propri figli come se fossero cani. Train your baby like a dog si chiama, ed è già andata in onda la prima puntata martedì scorso. L’addestratrice comportamentista Jo-Rosie Haffenden assiste mamme e papà disperati per i capricci del figlio di 3 anni o per il fatto che un ragazzo di 18 anni si rifiuta di dormire nel suo letto.
In Inghilterra è scoppiata una cagnara (passateci il gioco di parole): a pronunciare la fatwa è stata l’associazione Autistic Inclusive Meets che ha promosso una petizione su Change.org.
In poche ore sono già state raccolte quasi 32 mila firme. “I bambini non sono cani! – ha scritto la presidente dell’organizzazione, Emma Dalmayne – Non c’è alcuna dignità o rispetto in quel tipo di addestramento, finiremo con l’insegnare ai bambini a soddisfare interamente le richieste degli adulti, senza preoccuparci del loro benessere e della loro autonomia”.
Eppure il rinforzo positivo viene già utilizzato – non senza polemiche – nella terapia comportamentale Applied Behaviourial Analysis (Aba) che si applica ai bambini autistici. Anche qui semplificando – in questo caso ci perdonino gli psicologi – viene orientato il loro comportamento. A elaborare l’Aba, alla fine degli anni 60, fu Ivar Lovaas, psicologo e professore presso l’Università di California Los Angeles. Al di là delle dichiarazioni che Lovaas dava dei piccoli autistici (“Hai una persona in senso fisico – hanno i capelli, un naso e una bocca – ma non sono persone in senso psicologico”), le sue teorie vennero utilizzate anche nelle abonimevoli “tecniche di conversione gay”. E per quanto oggi l’Aba sia stata resa più “umana”, ci sono molti adulti autistici o genitori di figli autistici che la stanno pesantemente mettendo in discussione in ogni angolo del pianeta. Alcune ricerche hanno dimostrato che può persino causa disturbi comportamentali negli adulti. Partendo dal presupposto che il comportamento è condizionabile, cosa ne è delle emozioni e dell’autodeterminazione?
Se già queste polemiche riguardano il mondo dell’autismo, figuriamoci cosa sta accadendo con la messa in onda del programma di Channel 4. La Autistic Inclusive Meets ha chiesto l’intervento del Ceo di Channel 4, Alexandra Rose Mahon, ma un portavoce del canale ha difeso il prodotto. E, come accade a Hollywood, ha sottolineato che “durante le riprese e la trasmissione, nessuno è stato maltrattato”.