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 2019  agosto 23 Venerdì calendario

Chi pagherà «la Bestia» di Salvini?

E ora “la Bestia” chi la paga? Tra i tanti ottimi motivi per cui Matteo Salvini vorrebbe incatenarsi al Viminale ci sono i soldi, ovviamente. Da ministro ha compiuto un’operazione rischiosa, mescolando pubblico e privato: la macchina della propaganda politica che ha fatto le sue fortune è stata trasferita in blocco a Roma.
È la famigerata “Bestia”, appunto. Un’invenzione di Luca Morisi, capo della comunicazione digitale del “Capitano”: è il team che orienta le parole d’ordine del leader seguendo gli impulsi del web e che inonda i suoi profili social con video, foto, dirette e dichiarazioni. È stato il motore dell’incessante campagna che ha portato la Lega al 34% delle Europee.
Prima della nomina di Salvini agli Interni, Morisi e i suoi venivano pagati dalla Lega con un contratto privato da 170 mila euro l’anno alla società Sistema Intranet srl. Dopo le Politiche del 4 marzo, “il Capitano” se li è portati tutti al ministero: il loro stipendio al momento lo paga lo Stato.
Morisi è stato assunto come “consigliere strategico per la comunicazione” a 65 mila euro l’anno. Il suo socio storico Andrea Paganella è il capo della segreteria del ministro e prende 85 mila euro. Con loro al Viminale c’è anche il figlio del presidente della Rai: Leonardo Foa, già nell’organico di Sistema Intranet dal settembre del 2017. Con i fasti romani però “la Bestia” s’è ingrossata e nello staff che cura i social sono entrati altri tre “ragazzini”: Fabio ViscontiAndrea Zanelli e Daniele Bertana. Tutti e quattro (compreso Foa) guadagnano 41.600 euro l’anno. Li paga il Viminale, malgrado la comunicazione digitale di Salvini non abbia nulla di istituzionale. I conti sono semplici. Prima la “Bestia” costava 170 mila euro e li pagava la Lega. Ora la macchinetta di Salvini costa 316 mila euro l’anno, quasi il doppio, e li paga lo Stato.
Cosa succederà quando “il Capitano” avrà fatto gli scatoloni? Non si sa: Salvini ha altro a cui pensare e non ha dato indicazioni sul destino di chi ha il contratto in scadenza. Il bilancio leghista non concede voli pindarici: i famosi 49 milioni da restituire all’erario sono stati spalmati in 76 rate a interessi zero, ma pesano per 600 mila euro l’anno. L’ultimo esercizio (2018) si è chiuso con un disavanzo di 16,5 milioni. La Lega oggi vive dei contribuiti pubblici del Parlamento e delle donazioni private dei suoi onorevoli. Se si andasse a votare – e venissero confermati i sondaggi – aumenterebbero entrambi in modo esponenziale. Per il resto non ci sono certezze.
Il problema, peraltro, non riguarda solo “la Bestia”: oltre a quelli impiegati nei social, ci sono molti altri professionisti portati da Salvini in Viminale e Palazzo Chigi (in qualità di vicepremier). C’è soprattutto Matteo Pandini, capo ufficio stampa agli Interni (90 mila euro l’anno) che dopo aver guidato l’aggressiva comunicazione del leghista sui migranti, è entrato a tutti gli effetti nella squadra della comunicazione leghista, ma rischia di dover tornare al vecchio lavoro di giornalista a Libero.
Poi i vari consiglieri come Stefano Beltrame, ex console italiano a Shanghai, chiamato al Viminale per 95 mila euro, Gianandrea Gaiani (65 mila euro), esperto di Difesa e volto dei salotti televisivi, l’ex parlamentare leghista Luigi Carlo Maria Peruzzotti (41.600 euro) e il giovane Andrea Pasini (41.600 euro), blogger e imprenditore (i salumi dell’azienda di famiglia riforniscono il ristorante PaStation del figlio di Denis Verdini).
A Palazzo Chigi invece Salvini ha messo a libro paga, tra gli altri, la sua storica portavoce Iva Garibaldi (120 mila euro), il sondaggista Alessandro Amadori (65 mila euro) e il consigliere Claudio D’Amico (65 mila euro), l’uomo che si occupa degli affari russi, presente al famoso incontro del Metropol di Mosca con Salvini e Savoini.