Corriere della Sera, 23 agosto 2019
Berlusconi e le consultazioni
La consapevolezza che ci si trova di fronte «a un momento delicatissimo», che la crisi può avere qualsiasi conclusione, che è «molto dura» per ogni partito prendere posizione, gestire le proprie truppe, muovere le pedine sulla scacchiera. Silvio Berlusconi si è presentato alle consultazioni, accompagnato dalle capogruppo di FI Gelmini e Bernini e dal vice presidente Tajani, senza nascondere la sua «grande preoccupazione». Per un quadro che, comunque finisca, presenta rischi e pericoli. Lunghissime riunioni con i suoi, una telefonata mattutina con Matteo Salvini nella quale il leader della Lega gli avrebbe assicurato che lo schema di centrodestra non può considerarsi superato e comunque reggerà per le prossime regionali, anche se poi per tutta la giornata al «centrodestra» non ha mai fatto cenno, lo hanno portato a presentarsi a Mattarella con diverse proposte.
Il primo, preventivo no è stato a un governo M5S-Pd-Leu, quello «degli sconfitti», ma anche quello che potrebbe «varare una patrimoniale, compromettendo definitivamente le prospettive di crescita». Governo al quale «non potremmo certo dare alcun appoggio». Ci sono però diverse strade percorribili. La prima illustrata da Berlusconi a un Mattarella che continuava a chiedere «tempi rapidi, se si deve votare non si può andare oltre il 10 novembre», è stata quella di un governo di centrodestra: non uno qualsiasi ma, come ha detto anche nella sua dichiarazione pubblica dopo l’incontro, uno con un forte ancoraggio europeista, niente affatto populista, «solido», che non spaventi come è stato finora «la Merkel e Juncker», in grado di fare una manovra rassicurante per i mercati e l’Ue. Non a rimorchio di Salvini insomma, nei confronti del quale Berlusconi non ha lesinato critiche. Questo tentativo, ha spiegato al capo dello Stato, potrebbe anche avere successo: «Ci sono molti “responsabili” grillini che sarebbero disposti ad appoggiarlo».
La bocciatura
Subito esclusa dal Colle l’ipotesi di un esecutivo istituzionale
In realtà il leader azzurro, in subordine, ha anche ipotizzato «un governo istituzionale, presidente, se tu facessi un appello e lo ritenessi utile: noi ci staremmo...», ma il capo dello Stato è stato tranchant: «Non ci sono le condizioni. O un governo politico, o si torna al voto». E allora Berlusconi ha esaminato lo scenario del voto, richiesta subordinata alla principale: «Noi di FI siamo pronti – ha assicurato mostrando l’ultimo sondaggio Technè – : la Lega è data al 31,3, FdI al 6,7, insieme arriverebbero al 38%, troppo poco per vincere. Sarebbero costretti ad allearsi con noi, che abbiamo oggi l’8,3% e che permetteremmo loro di vincere ovunque. Tanto più con la mia discesa in campo, che ci sarebbe e farebbe decisamente aumentare di molto i nostri consensi».
Berlusconi insomma ha mostrato di avere chiaro il problema di un’alleanza con Salvini che sarebbe nelle cose, ma che ancora non può essere data per sicura. Tanto che anche FI, come gli altri gruppi, ha chiesto un po’ di tempo al capo dello Stato perché si chiarisca lo scenario. Nel partito infatti c’è grande timore e – confessano i big azzurri – è difficile rassicurare chi teme le elezioni e «il bastone del comando di Salvini», chi sarebbe attratto dalla nascita di un governo purchessìa, chi ha paura che sia il leader della Lega a rompere o chi al contrario chiede di «andare per conto nostro, al voto o all’opposizione: basta con Salvini». Nello stesso gruppo dirigente c’è chi vorrebbe più durezza nei confronti di Salvini e chi invece teme che una rottura travolgerebbe Fi. In ogni caso, conviene Berlusconi «se avverrà, non potrà né dovrà essere addossata a noi. E state tranquilli, non verremo meno alla nostra impostazione europeista». Tanto che, raccontano, in un’ipotetica alleanza al voto «non è affatto detto» che Berlusconi indicherebbe Salvini come premier.