la Repubblica, 23 agosto 2019
Intervista al campionato. Gianni Mura legge il futuro nella palla di lardo
Buongiorno, siamo i lettori. Ha letto la palla di lardo?
«Letto e riletto. Volete subito le percentuali scudetto?».
No, ci piace tirarla per le lunghe.
«Anche per le Langhe, se volete».
Non cominci coi giochi di parole, per favore. Non sono una cosa seria.
«Se voi pensate che sia una cosa seria il campionato, vi meritate anche di peggio».
Se non è una cosa seria e non le piace, perché continua a scriverne?
«Perché se a un giornalista che scrive di politica non piace un governo non è che molla tutto e si mette a scrivere di moda o di cronaca nera».
Va be’, cambiamo discorso. Da dove arriva il lardo?
«Da Valenza, provincia di Alessandria, un tempo famosa per gli orafi, oggi molto diradati. La palla, un bel paio di chili, me l’ha portata il collega, amico e nemico (solo nelle gare mnemoniche) Antonio Dipollina».
Perché proprio Valenza?
«Nel 1906 è stata fondata la Valenzana, maglia rossoblù, negli anni d’oro rivale di Casale e Alessandria. Oggi è in Promozione. Se si chiamasse Plus Valenza, meglio ancora Plusvalenza, gli sponsor arriverebbero a frotte. Plusvalenza è la regina del mercato, e non c’è dubbio che i bilanci debbano essere sani o risanati. Ma a patto di non ripetere sempre gli stessi errori, e alludo alle squadre più forti. In parole povere: strapagare due volte calciatori non fondamentali. La prima volta per il tesserino, la seconda per l’ingaggio. Talmente alto, spesso, che ci sono difficoltà a vendere dopo un anno un giocatore provvisto di contratto triennale».
E perché dovrebbero venderlo?
«Perché è una bufala, oppure per la necessità di ricorrere alla plusvalenza. Il calciatore può collaborare simulando, su dritta dell’agente, il metaforico mal di pancia. Può anche non collaborare esigendo il rispetto del contratto.
Cosa che può fare anche il suo club, certamente. Ma i contratti sono, ogni giorno di più, carta straccia, quindi da anni assistiamo al solito film, cambiano solo i nomi degli attori. Se non è Donnarumma è Dybala, se non è Icardi è Dzeko. Settimane e mesi di trattative, tanti titoli sui giornali che scodinzolando ringraziano, e chi se ne frega di altri sport dove magari si parla di meno e si ottengono più risultati. Secondo voi è serio che domani parta il campionato col mercato ancora aperto?».
No. E qui casca l’asino, se permette. Non è serio, siamo d’accordo. E allora perché non aspetta a scriverne?
«Avete ragione. Trasmetterò la vostra giusta istanza al direttore.
Avevo anche pensato di scrivergli: caro Carlo, mi sono accorto che non è sufficiente aver visto calcio per 15 anni da tifoso e per quasi 55 da giornalista. Era stato, a lungo, un calcio chiaro, trasparente sarebbe troppo, chiaro e dunque comprensibile e spiegabile. Io continuo a non capire perché fosse, o sia, di vitale importanza per la Juve vendere Dybala, o per l’Inter inseguire Dzeko quando aveva già Lukaku come armadione d’area, non capisco perché il Milan abbia venduto Cutrone e la Roma El Shaarawy, per non dire di Kean, chissà come sarà contento Mancini.
La palla di lardo è un pietoso escamotage, meglio sarebbe per la testata se al mio posto scrivesse le previsioni un collega dell’Economia, ma anche un commercialista disonesto può andare».
Ascoltato lo sfogo, non creda di averci commossi.
«Non credo, altrimenti sareste commossi viaggiatori».
Ricominciamo?
«Canta Adriano Pappalardo, sempre al lardo si torna. È la gatta che si morde la coda per non lasciarci lo zampino».
Come se ne esce?
«Solo due paroline inglesi: salary cap, un tetto agli ingaggi e, di conseguenza, ai costi. Purtroppo sembra si stia disputando la Salary Cup, dove vince o crede di vincere chi spende più pazzamente. Se tutte le squadre d’Europa firmassero un accordo come quello che c’è nella Nba, se nessuno pagasse un giocatore o un allenatore più di 5 o 6 milioni di euro l’anno, credete che costoro, abituati al doppio, andrebbero a vendere cocco per le strade? O preferirebbero una sdegnata disoccupazione? No, si accontenterebbero».
Populismo puro.
«Non direi. Spero abbiate letto ieri il pezzo di Sergio Rizzo su questo giornale. Trattava del cosiddetto La sta buttando in politica.
«Avete cominciato voi dandomi del populista. Però prendo la palla di lardo al balzo e vi dico che la politica in parte dipende dallo sport. Il precedente governo, sempre per modo di dire, era definito gialloverde. Il governo, ancora per modo di dire, che si profila all’orizzonte è stato chiamato rossogiallo. Perché?».
Perché giallorosso farebbe pensare alla Roma, forse. E sarebbero contrari i laziali.
«Ci può stare, ma esiste una scala cromatica nel calcio. Il bianco viene prima. Bianconeri, biancorossi, biancoblù, mai sentito o letto nerobianchi. Il rosso viene dopo: rossoblù, rossoverdi. Il nero ancora dopo: bianconeri, appunto, rossoneri, gialloneri. Con qualche eccezione: nerazzurri, neroverdi.
Rossogiallo, a parte che si potrebbe discutere sul rosso, è impresentabile foneticamente. Dovesse anche sbocciare, lo boccio».
Sai che dolore. Ha finito con la politica, l’economia, la cromatica?
«Quasi. Ho letto che per il passaggio di De Ligt dall’Ajax alla Juve il suo agente Raiola avrebbe percepito 14 milioni, cifra finora non smentita.
Tutto è legale, ci mancherebbe. Ma è normale, è giusto? Prima delle percentuali vorrei citare Diego Abatantuono».
Ma è un comico.
«E allora? Mica tutti sono come Grillo. Antonio Albanese, anni fa, col suo Ministro della Paura e relativo sottosegretario all’Angoscia aveva visto lontano. Milanista da una vita, in un’intervista Diego ha annunciato di dimettersi da tifoso del Milan e di passare all’Atalanta, almeno capisce a che gioco si sta giocando. Non si può fare il tifo per un fondo d’investimento, ha detto. Chi vuole e sa, mediti. Ed ecco la lettura della palla di lardo: Juve 29%, Inter e Napoli 25, Roma 10, Lazio 8, Atalanta e Torino 1,5».
E il Milan, la Fiorentina che ha preso Ribery?
«Il Milan ha un eccellente allenatore, uno che non vende fumo, ma la squadra è tutta da decifrare. Quanto alla Fiorentina preferisco Vlahovic.
Penso che una delle due possa essere la sorpresa del campionato, ma qui do conto della lettura del lardo».
La Juve è più debole?
«Forse no, ma Inter e Napoli sono più forti. La Juve, calcisticamente parlando, ha fatto mosse strane, ed è arrivata agli ultimi giorni di mercato imprigionata in catene dorate da lei stessa create. La polmonite toglie a Sarri il tempo di spiegare le sue idee.
Auguri a lui, quando sarà guarito gli dirò perché non lo riconosco più.
Solo tre appunti, ma farli adesso sarebbe di cattivo gusto. Auguri anche più forti a Mihajlovic, il suo Bologna non lo farà soffrire. Chiaro che se la Juve vende Dybala, o Pjanic, e il Napoli arriva su Icardi le percentuali cambiano. Con due trasferte iniziali a Firenze e a Torino (Juve) l’avvio di Ancelotti è il più rischioso, quello di Conte il più agevole. L’Inter ha comprato molto e bene, ma per vedere la mano di Conte ci vorrà qualche settimana.
Con lui e Sarri si è puntato sull’uomo forte, sul martello. Sull’uomo forte, grande e grosso, anche in attacco, dopo stagioni di riverenze al falso nove. Lukaku, Dzeko, Llorente che può arrivare, Higuain che non è ancora partito, peso più centimetri.
Ma si nota anche un ritorno alle ali, che oggi si chiamano esterni ma il lavoro sempre quello è. La Lazio ha puntato su Lazzari e s’è tenuta gli uomini più richiesti: Inzaghi (si pensava andasse alla Juve) e Tare. È l’unica ad avere svolto una preparazione all’antica, badando più alla messa a punto della condizione che a inanellare trasferte per amichevoli inutili se non dannose, ma redditizie. La Roma ha in panchina un tecnico che non ha paura del coraggio ed è una squadra completa, con qualche riserva sulla difesa e sulla costanza di Zaniolo.
L’Atalanta ha la gloria e il pedaggio della Champions, Gasperini è una garanzia, Muriel una scommessa, Zapata una certezza. Quanto al Toro, gli manca il grosso nome dell’ultima ora».
Letto altro?
«Prime squalifiche per cori razzisti: Juve, Inter, Lazio. Primi allenatori a saltare Corini e Juric, e mi spiace molto perché sono due bravi professionisti, ma non sarà per colpa loro. Miglior realizzatore: Quagliarella o Pavoletti. Miglior portiere: Musso. Miglior difensore: Chiellini o Koulibaly. Miglior centrocampista: Barella o Fabian Ruiz. Miglior attaccante: Inglese o Zapata».
E su Balotelli, neanche una parola? È una storia così commovente, il suo ritorno a casa.
«Sto ancora piangendo».
Scusi, cos’ha in mano?
«Una cipolla».