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 2019  agosto 23 Venerdì calendario

Valentino e Giammetti, gli inseparabili


Chiunque in passato abbia avuto a che fare con Valentino lo ha imparato: non era lo stilista quello da temere, ma Giancarlo Giammetti. Era con lui, implacabile “protettore” del sarto e della maison, che non si scherzava mai. «Avevano ragione! Giancarlo riesce a cogliere il minimo sbaglio nel lavoro di tutti, e pretende sempre la massima professionalità. Anche con la stampa è sempre stato molto duro, ma chi non lo sarebbe quando a volte le opinioni espresse sono superficiali e affrettate? Però i nostri dipendenti lo hanno sempre adorato, perché capivano che lo faceva per coinvolgerli in un progetto in cui serviva dare il massimo». È lo stesso Valentino Garavani, dallo yacht nel Mediterraneo su cui si trova, a confermare la leggendaria inflessibilità del socio e compagno. Inutile dirlo, i due stanno passando le vacanze assieme. Nessun dubbio nemmeno sull’affetto che li lega ai loro dipendenti. La prova la si è avuta lo scorso luglio, quando sui social sono comparsi i video della sfilata di haute couture del marchio a Parigi. Lo stilista Pier Paolo Piccioli è uscito in passerella assieme a tutte le sarte, e non appena le veterane dell’atelier hanno scorto Valentino e Giammetti in prima fila, gli sono letteralmente saltate al collo con un entusiasmo che ha commosso tutta la sala. Loro per primi. «Non riuscivo a controllare le emozioni», ammette lo stilista. «Piangevano tutti, da Gwyneth (Paltrow) a Céline (Dion) a Naomi (Campbell). È stato un gesto spontaneo che per me ha un grande significato: senza i miei collaboratori il lavoro non sarebbe stato lo stesso».
Valentino e Giammetti sono inseparabili da sempre; sin dal loro primo incontro a Roma, in via Veneto, nel 1960. Il primo, nato nel 1932, è un giovane designer nemmeno trentenne dal talento sconfinato, l’altro, dieci anni di meno, non ha ancora idea di cosa fare della sua vita. «Ho studiato in un collegio di preti, poi ho iniziato architettura, poi ho conosciuto Valentino, e la mia vita ha preso una direzione che mai mi sarei immaginato. Ero talmente giovane...» ricorda Giammetti. I due capiscono di essere esattamente ciò di cui l’altro ha bisogno: la loro storia d’amore dura 12 anni, ma il legame tra loro diventa sempre più saldo. «Ammiro la sicurezza con cui può dirigere un impero», spiega il couturier. «Conosce davvero ogni dettaglio perché nella vita ha fatto tutto, salvo cucire gli abiti. Quello che amo meno di lui? Il suo cambiare idea continuamente». Risposta simile per Giammetti: «Ammiro all’infinito il suo coraggio e la sua determinazione. Vorrei magari che fosse più paziente».
Il loro ménage è subito chiaro: Valentino si dedica al lato creativo, Giammetti pensa a tutto il resto. Funziona. «Eravamo giovani e senza grandi obiettivi, il successo è arrivato quasi da solo: prima in America e solo poi in Italia», ricorda oggi lui. «Un giorno, verso la fine del 1962, Vogue USA ci dedicò la copertina», prosegue Valentino. «Capii che forse era arrivato il mio momento. Diana Vreeland, che dirigeva il giornale, ci aveva preso in gran simpatia, ci chiamava “the boys”. Lei ci insegnò l’eleganza, il saper ricevere. Dopodiché arrivarono le donne più influenti di New York, poi fu la volta di Jackie Kennedy, e il resto venne da sé».
Una cosa però è arrivare al successo, un’altra mantenerlo. Ed è qui che la loro gestione si rivela vincente: stanno un passo avanti agli altri, anche a costo di andare contro la tendenza dominante; come quando nel 1968, in piena epoca psichedelica, Valentino presenta una collezione completamente bianca. «Non è tanto l’andare controcorrente, quanto il conoscere la corrente da seguire», riflette Giammetti. «L’abilità nel creare abiti è inutile se non riflette il momento in cui si vive: noi italiani abbiamo riscritto il sistema moda, e nel farlo abbiamo tutti rischiato. Oggi non saremmo dove siamo se non avessimo inventato nuovi linguaggi nella pubblicità, nel marketing, nel retail, nel prêt-à-porter». Viene allora naturale chiedere loro un pensiero su ciò che sta accadendo oggi nel “loro” mondo. «Rispondo io perché forse sono quello che segue di più i giganteschi cambiamenti che avvengono quotidianamente», prosegue Giammetti. «Valentino ha lasciato la moda quando entrambi abbiamo capito che certe evoluzioni non facevano per noi. Non discuto ciò che viene presentato, ma il sistema, così crudele e spietato nel creare talenti e nell’abbandonarli con la stessa facilità. Siamo arrivati alla saturazione di un mercato basato sull’immediato, su prodotti da avere subito, sul principio del comprare anche ciò che non si ama ma che “bisogna” avere. E le case di moda devono correre dietro a ogni nuovo input dato da ragazzini di 20 anni che non hanno nessuna cultura. E così si disegnano incredibili collezioni di alta moda per poi vendere scarpe da ginnastica».
Ha ragione Giammetti: i tempi sono cambiati, ma la loro uscita “tecnica” di scena è coincisa con l’ascesa al ruolo di icone universali, e non più solo di moda. Merito del documentario del 2009 di Matt Tyrnauer, Valentino – The Last Emperor, girato nel 2007 durante le celebrazioni per i quarantacinque anni della maison (e per il ritiro del sarto) e che ha mostrato al grande pubblico anche la profondità del loro rapporto. «Quello che mi ha toccato di più nell’immensa dimostrazione d’affetto provocata dal film è che, grazie a esso, un certo mondo nascosto ha trovato il coraggio di dire “ti amo” a una persona dello stesso sesso. E la gente per questo ci ringrazia ancora oggi».