la Repubblica, 23 agosto 2019
come si dorme all’Ostelzzz di Milano, l’unico hotel a capsule in Italia
Il risveglio in un ostello a capsule comincia con un sonoro e involontario calcio alla parete. Scendere dal letto senza che la punta dei piedi sbatta contro il metallo è quasi impossibile. Anche sfilarsi i pantaloni del pigiama nei 30 centimetri che separano il letto dalla tendina richiede una certa acrobazia: meglio cambiarsi in bagno. L’atto dello stiracchiarsi si trasforma in un accidentale toc toc alla capsula a fianco. Ma nessuno ci fa caso.
Siamo all’Ostelzzz di via Giorgio Jan, a due passi da Porta Venezia, a Milano. In un vecchio edificio di cinque piani, tra palazzi di nobili decaduti e arcate di pregio, c’è l’unico ostello a capsule d’Italia. Il primo ad aprire in una città. L’idea nasce in Giappone nel 1979 e si sviluppa in Asia fino a espandersi come soluzione d’emergenza in scali e stazioni ferroviarie. Nel 2017 arriva in Italia, negli aeroporti. Ma se dormire in una scatola di 4 metri cubi fino a oggi era un’esperienza per pochi, Zzzleep and go, start up della provincia di Varese, ha scelto di esportare il modello da Malpensa ai turisti.
Cento posti letto divisi in 88 cabine: singole, doppie e familiari. I bagni sono in comune. La capsula più piccola è alta 1 metro e 40, lunga 2 e larga uno e 60. Per dare l’idea delle sue dimensioni, basti pensare che non si può entrare senza chinare la testa né girarsi senza prima buttarsi, letteralmente, sul materasso senza rete. I trolley restano fuori.
Da dentro, il letto diventa una sorta di trono da cui governare il poco spazio a disposizione. D’istinto si cerca una via di fuga: gli occhi rimbalzano da una parete all’altra come in una partita di tennis. Le linee del campo sono ben tracciate: nulla è lasciato al caso. Oltre ai 90 centimetri di materasso si alza un comodino, lo specchio e due prese di corrente. Ai piedi del letto c’è una cassetta di sicurezza. Le luci sono al led e, a differenza degli ostelli tradizionali, tenerle accese tutta la notte non infastidisce nessuno. Niente tv perché «le cabine sono pensate solo per dormire», spiega Fabio Rocchetti, direttore operativo. All’interno, oltre a un sistema di ventilazione hi-tech, c’è uno schermo con il social dell’ostello: «Abbiamo creato un Facebook primordiale dove gli ospiti possono chattare e organizzare eventi». Sarà il primo esperimento di questo genere al mondo. Perché, anche qui lo spirito è quello dell’ostello.
Ma quanto costa dormire in una capsula? La più piccola, con la chiusura a tendina, costa 20 euro, 45 la doppia. Ma i prezzi variano. Un esempio? Durante il Salone del Mobile è impossibile trovare un posto a meno di 120 euro. Gli ospiti sono perlopiù stranieri e arrivano da Cina e Brasile. Come Fernando Cintra, blogger di San Paolo. Gira il mondo con la mountain bike. È la seconda volta che dorme qui: un amore a prima vista. Si guarda intorno e trova solo una parola per definirlo: «It’s cosy». Ti fa sentire a casa. Agli spazi «troppo aperti» degli ostelli preferisce la privacy delle capsule: «Per chi viaggia tanto, come me, è importante trovare un posto dove stare bene. E questo sembra un hotel».
Del resto, i comfort sono quelli di un luxury: pulizia tre volte al giorno, asciugamani e drink di benvenuto. E c’è persino chi ha deciso di vivere qui. Manager e uomini d’affari che all’hotel o una stanza in affitto preferiscono la capsula. «Lavorano negli uffici qui vicino e dal lunedì al venerdì dormono da noi». Una clientela, ammette Rocchetti, «arrivata a sorpresa».
L’età media di chi sceglie questa soluzione è tra i 20 e i 30 anni. Sono i viaggiatori “zaino in spalla” e si fermano per un paio di notti. Molte le ragazze. Ma ci dormono anche nonni con i nipoti «e persino milanesi spinti dalla curiosità». Ma c’è anche chi, quando vede che lo spazio è così angusto, scappa. «Il venti per cento dei clienti fa il test di una notte e poi prolunga».
Al primo piano un uomo mangia da solo. Viene da Trichy, India, ha 56 anni e si fa chiamare “happiness”, felicità. Camicia e infradito, tra una citazione di Giulio Cesare e gli elogi del Duomo, racconta di essere stato in diversi capsule hotel: Malesia, Corea. Ma di non poterli comparare con questo: «Troppo modesti».
La libertà è massima. Non ci sono vincoli di orario: i totem accolgono gli ospiti h24. Ostelzzz, spiega l’ad, Gian Maria Leto, «è un ostello futuristico». Le capsule, progettate dal 26enne Nicolas Montonati, ricordano una grande scatola con gli angoli smussati. Tutta in legno e metallo. E nel 2020, a Torino, la start up aprirà un nuovo ostello, con 200 posti.