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 2019  agosto 22 Giovedì calendario

Lo spread scende

Ferragosto, mozione di sfiducia, crisi di governo, Parlamento riaperto d’urgenza, storico scontro in aula tra il premier e il suo ministro dell’Interno, alto rischio di elezioni anticipatissime, Finanziaria da 30 miliardi tutta da inventare, esercizio provvisorio più che probabile. Eppure, lo spread scende. Ieri fin sotto 200 (poi chiusura a 201), con i rendimenti del Btp decennale poco sopra l’1,3%. Com’è possibile? Perché il termometro più sensibile del rischio–Italia, l’indicatore che operatori del mercato e della politica tengono sotto controllo minuto per minuto, non solo non schizza impazzito, ma si muove con inaspettata moderazione e, addirittura, segnala bel tempo? Ci sono ragioni politiche, tutte interne, e ragioni macroeconomiche, tecniche.
Le prime: gli scenari possibili, a questo punto, sono tre. Esclusa l’eventualità di una riedizione del governo Lega–Cinque Stelle, restano sul tavolo due possibilità: le elezioni anticipate, con la probabile vittoria della Lega e dei suoi alleati sovranisti; un nuovo governo, di cui è allo stato impossibile prevedere la connotazione (politico, istituzionale, del Presidente…) comunque sostenuto principalmente da M5S e Pd. Il secondo scenario è considerato dagli analisti come quello più probabile. Ed è quello più gradito ai mercati finanziari. «Un accordo tra M5S e Pd – dice Dennis Shen, capo analista per l’Italia di Scope Ratings – è probabilmente l’ipotesi più “market friendly” tra quelle possibili, perché il Pd dovrebbe poter bilanciare gli impulsi alla spesa dei Cinque Stelle con una maggior osservanza delle regole europee». In ogni caso, secondo Scope Ratings, «anche se l’Italia andasse alle elezioni, il rischio che un futuro governo guidato dalla Lega porti l’Italia fuori dall’euro rimane basso». Ciò nonostante le dichiarazioni in senso contrario degli economisti della Lega, come quelle di Claudio Borghi circolate ieri. «Noi continuiamo a credere che la probabilità di una soluzione gradita al mercato (grande coalizione o governo di scopo) sia almeno pari a quelle meno gradite», confermano gli analisti di Barclays.
Dunque, i possibili sviluppi della crisi per ora non spaventano i mercati. Ma ci sono ragioni tecniche che dicono anche più di quelle politiche perché il differenziale tra i rendimenti tedeschi e italiani non abbia registrato scossoni. La più importante è il livello dei tassi sui mercati internazionali: nell’area euro più o meno due terzi delle obbligazioni sono a rendimenti negativi. Sotto zero. In questo panorama i Btp italiani, che pagano l’1,3-1,4 per cento, sono appetibili, e gli acquisti tengono i tassi (relativamente) bassi. La seconda ragione è l’atteggiamento delle banche centrali, che gioca a favore dell’Italia: sia Fed che Bce hanno dato segnali inequivocabili di un orientamento più che espansivo delle politiche monetarie, con un generale ribasso dei tassi. In più, in Europa, c’è la fondata aspettativa di un nuovo round di Quantitative easing, l’operazione di riacquisto di titoli di Stato da parte della Bce, che continuerà a beneficiare i titoli italiani.
Tassi bassi per tutti, e in prospettiva anche di più, visto che i segnali che arrivano dall’economia reale (la quasi-recessione tedesca) lasciano immaginare ulteriori allargamenti dei cordoni da parte delle banche centrali. E, a meno di sviluppi imprevedibili, relativa serenità per i Buoni del Tesoro italiani. «I rischi politici sono già prezzati dai bond italiani – spiega Mark Haefele, Chief investment officer di Ubs Global Wealth Management – con il decennale che rende l’1,4% contro lo 0,1 delle obbligazioni di pari durata di Spagna e Portogallo».