la Repubblica, 22 agosto 2019
Trump vuole abbolire lo ius soli
Tempestoso ritorno dalle vacanze di Donald Trump. Mentre si appresta a partire per il G7 di Biarritz (ma auspica un G8 allargato a Putin) e cancella per ripicca la visita in Danimarca, lo preoccupano i rischi di recessione. Per ricompattare la sua base torna a proporre l’abolizione dello ius soli.
E vara un nuovo giro di vite sull’immigrazione: stop ai limiti temporali sulla detenzione di famiglie migranti. Lo fa attribuendosi un merito umanitario: «Le gabbie per bambini al confine le costruì Obama nel 2014. Io riunifico le famiglie». Lo ius soli esiste dall’Ottocento. È un vecchio bersaglio di Trump che ha fatto propria la campagna contro gli anchor-baby o bébé-ancora. L’idea è che delle donne straniere vengano apposta negli Stati Uniti a partorire, perché i figli acquisiscono automaticamente la cittadinanza e in seguito possono regolarizzare i genitori con le procedure sul ricongiungimento. È dubbio che il fenomeno sia determinante nell’immigrazione clandestina perché ha tempi lunghi: il diritto a chiedere il ricongiungimento scatta al 18esimo anno del figlio. Abolire lo ius soli – stabilito in origine in favore dei neri dopo l’abolizione dello schiavismo – richiederebbe una revisione costituzionale. La promessa di un “ordine esecutivo” o decreto presidenziale fatta da Trump è irrealizzabile.
Invece dovrebbe entrare in vigore (salvo i ricorsi davanti alla magistratura) la nuova normativa sui migranti: detenzione a tempo indefinito per le famiglie di stranieri che attraversano la frontiera senza un visto valido. In questo senso consente di tenere uniti genitori e figli, ma dietro le sbarre. Abolisce la regola che limitava la durata della custodia per le famiglie con minori: non potevano rimanere in un centro di detenzione oltre venti giorni. Scaduto il termine genitori e figli spesso venivano separati, uscivano dalle carceri “familiari” (che esistono in numero limitato) e in certi casi finivano in centri separati. Le condizioni di vita dei bambini sono state oggetto di denunce umanitarie: parcheggiati in centri sovraffollati, senza docce né pasti caldi. Alcuni di quei centri esistevano durante l’Amministrazione Obama. La logica della nuova regola è «impedire che i bambini vengano usati come delle pedine, sfruttati dagli adulti per attraversare il confine e poi restare negli Stati Uniti», ha detto il ministro della Homeland Security, Kevin McAleenan. Trump aveva criticato il sistema catch and release – cattura e rilascia – per cui gli immigranti vengono liberati dopo una breve custodia e fanno sparire le proprie tracce sul territorio Usa. Negli ultimi dieci mesi avrebbero traversato il confine 475 mila famiglie, in aumento del 470% rispetto al 2018. La nuova normativa, secondo il ministro McAleenan, «lancia un messaggio chiaro: portare dei bambini negli Stati Uniti non è il passaporto per essere rilasciati da un centro di detenzione». In base alle direttive proposte, la permanenza in carcere potrà durare quanto l’intero procedimento di esame della richiesta di asilo, concludendosi con la legalizzazione del migrante o il suo rimpatrio nel paese di provenienza. La più importante associazione di difesa dei diritti umani, l’American Civil Liberties Union, condanna la proposta: «Il governo non deve mettere bambini in prigione, tantomeno prolungare la loro detenzione». I ricorsi giudiziari come minimo ritarderanno l’entrata in vigore del nuovo sistema. Potrebbe ripetersi uno scenario già visto per il Muslim Ban che fu bloccato da diversi gradi di giudizio fino alla Corte suprema.
Le politiche migratorie sono dibattute dai candidati democratici alla nomination per l’elezione del 2020. Una maggioranza è favorevole a depenalizzare l’immigrazione clandestina. Una parte sostiene anche la proposta di referendum popolare per abolire la polizia di frontiera. Trump è convinto che su questi temi potrà ripetere l’exploit del 2016.