la Repubblica, 21 agosto 2019
Intervista a Paolo Bonolis. Parla dei suoi programmi
Paolo Bonolis: tralasciando qualche dettaglio che potrebbe causare svenimenti, cosa c’è dentro un contratto tra lei e Mediaset, tipo quello che ha appena firmato per i prossimi due anni?
«C’è dentro quello che vorrei fare io e poi c’è quello che mi chiedono loro, in una discreta sintesi ma abbastanza dettagliata».
Nello specifico?
«Soprattutto il pre-serale, Avanti un altro. E poi alcune prime serate, su cui tengo un paio di strade aperte».
Ricomincia il tormentone: adesso Bonolis si scatena e torna a fare il programma alto e nobile, pieno di bei ragionamenti.
«Guardi che Ciao Darwin è pienissimo di ragionamenti, il punto non è certo quello. Sa, Pulcinella scherzando diceva la verità».
Nella stagione tv 2019-2020 lei si sente un protagonista o un reduce?
«È cambiato tutto. Ho fatto tutta la tv pionieristica e piena di avventure, decenni fantastici. Ora la tv è coloniale, si è insediata e difende l’esistente. Ovvio che ne sono un protagonista, ovvio che mi sento anche reduce. Però curiosamente sono sempre lo stesso».
Nel segno di cosa?
«Nel modo di porsi. In giro è pieno di colleghi che continuano al solito modo, affettati, ingessati: davanti, una prateria di uova su cui camminare. Io sono il contrario, non ho l’abito buono, non affetto niente, nemmeno gli insaccati. È un tipo di manipolazione grottesca da cui sono fuori: e non parlo solo di tv, tutto là fuori è ormai così, sostanza poca, atteggiamenti quanti ne vuole».
Là fuori c’è la politica in giostra, sembra “Ciao Darwin”. E dire che se clicchiamo Bonolis-Renzi su Google vengono fuori foto assai esplicite, tempi di Leopolda.
«Nel ramo politica, negli anni ho conosciuto due persone che mi sono piaciute e con cui mi sono confrontato. Una è Walter Veltroni, l’altra è Matteo Renzi: alla Leopolda abbiamo fatto una cosa divertente, lui ha ricambiato venendo ospite a Scherzi a Parte».
Il Matteo giusto.
«Diciamo così. L’altro Matteo l’ho conosciuto al concertone di Vasco Rossi, Modena Park. Uno in gamba. Diciamo che, e forse vale per entrambi, bisognerebbe spostare l’asse attentivo».
Ahia.
«Se non si gira l’asse, ma davvero, verso i cittadini e non verso sé stessi, la politica non va da nessuna parte.
Prima o poi la gente se ne accorge».
Ma come, ci sono i populisti che al popolo si rivolgono direttamente.
«A me ricordano quegli artisti che cantano: ti amerò per seeempre. Poi nella vita sono alla settima moglie».
Ma “Il senso della vita”, quell’altra tv? Qui risulta che alla fine si è un po’ arreso, tanto che in autunno esce un suo libro, diciamo, di considerazioni e aforismi. C’è chi dirà pensierini. Sostituisce la tv che cercava un senso?
«Non facciamola troppo grossa. A un certo punto, tempo fa, mi sono accorto che avevo iniziato a parlare da solo… A quel punto ho pensato: meglio scriverle, queste cose».
E dentro c’è?
«Una specie di elenco di cose pensate, se vuole di piccoli sensi della vita, con cui mi rivolgo soprattutto ai miei figli. Una cosa leggera, però, su questo non mi smentisco».
Parliamo di cose analogiche, facendo finta che il digitale, i social, non abbiano già travolto tutto.
«Mi inquieta tutto quello che gira intorno a queste cose. Non mi ci trovo, soprattutto sono convinto che la qualità della vita sia scaduta assai.
Meno profumi, meno contatti, meno di tutto. Ho una famiglia numerosa e tutti sono immersi in quel mondo. Io non so starci dentro, non li capisco: come diceva Debord…».
Ecco.
«...I figli somigliano molto di più al loro tempo che ai loro padri. Che ci posso fare? Ma sono convinto che prima o poi si torna indietro: la vita è comunque la stessa, recuperare i cinque sensi come bussola primaria tornerà a essere importante».
Cose importanti. “Ciao Darwin”, quest’anno, una bruttissima storia e un concorrente ridotto malissimo per un incidente.
«È una cosa terribile, può succedere in qualsiasi contesto, ma è successo qui: ci siamo adoperati per tutto quanto necessario, parliamo con la famiglia, mi risulta anche qualche piccolo miglioramento. Ma c’è un problema: niente di tutto quello che facciamo può contrastare l’onda disumana di sciocchezze dette e scritte da chi vuole sfruttare questa cosa. Da un lato, una verità: dall’altro c’è una volontà di narrazione iperbolica nella quale si insinuano i parassiti del sensazionalismo.
Impossibili da contrastare».
Ora va al festival di Venezia.
«C’è un documentario che si chiama
Il Dono, parla della donazione di midollo osseo, realizzato dall’associazione Linfoamici. Se posso fare qualcosa per sensibilizzare l’aumento delle donazioni sono qui».
Ancora tv. Si rende conto che siamo reduci da una stagione in cui il personaggio di punta è stato Mark Caltagirone?
«È una cosa buffa. A un certo punto è entrato il meccanismo della fiction e tutti si sono messi a seguirla come se.
Tanto lo sai che alla fine scopri che era solo un libro. Ma davvero, lo sta chiedendo a quello sbagliato: io non sono mai riuscito a capire perché alla gente interessino le questioni sentimentali degli altri, figuriamo dei vip e magari dei vip che non esistono.
Mi chieda un’altra cosa, la prego».
Pronto di nuovo col pre-serale, il quiz che non è un quiz, la caciara…
«Sono felice per Avanti un altro e sa perché? Perché può partecipare chiunque, ma proprio tutti, non serve niente di particolare, si gioca, disimpegno, leggerezza...».
E doppi sensi da paura.
Il dubbio è che la sua teoria sia: se era perfetto l’avanspettacolo, perché cambiare?
«Confermo: siamo senza ritegno. È una medicina perfetta, alleggerisce tutto, ci si sveste dei panni sociali che rendono tutto pesante. Tra i conduttori sono il meno ortodosso, come dicevo, e lo dimostro così».
Bianchi contro neri, gay contro etero, “Ciao Darwin” potrebbe durare all’infinito. Mi dice una puntata di contrapposizioni che voleva fare e non ha potuto?
«Sarei andato in visibilio, all’epoca, per Papa Boys contro Papi Girls….».
Curiosamente su Canale 5 non si è potuta fare.
«Non si può avere tutto».