il Fatto Quotidiano, 20 agosto 2019
Da Weimar al Papeete: 100 anni di mutandoni
Nell’estate del Papeete Beach e dei vicepremier in spiaggia ci si è concentrati molto sulla forza mediatica delle immagini dei leader e forse meno sui loro più o meno inquietanti messaggi. In effetti, pochi ricordano che lo studiato uso giornalistico e politico delle foto balneari compie in questi giorni esattamente un secolo: il 24 agosto 1919, infatti, la popolare Deutsche Illustrierte Zeitung di Berlino uscì con una copertina interamente occupata dall’immagine dei socialdemocratici Friedrich Ebert e Gustav Noske in mutandoni a mollo nel mare di Haffkrug presso Travemünde – i luoghi del Baltico di Thomas Mann.
I due uomini politici appaiono disorientati, piccoli e goffi, con le mani dietro la schiena e costumi dozzinali che non coprono il petto e la pinguedine (a differenza di quelli interi a strisce allora d’uso), in preda a uno spaesamento che contrasta con il vigoroso tridente del giovane Nettuno in primo piano. Scattata in margine a un viaggio di lavoro del maggio ’19 per l’inaugurazione di una Fondazione che si occupava di orfani, e proditoriamente sottratta a un uso che doveva essere esclusivamente privato, questa fotografia – opportunamente ritagliata per eliminare gli altri tre personaggi che vi figuravano in origine – nocque grandemente e durevolmente alla reputazione e alla carriera di Ebert, il quale solo tre giorni prima aveva giurato come primo presidente della neonata Repubblica di Weimar (Noske era il suo ministro della Difesa).
Se infatti la Deutsche Illustrierte, di tendenze liberali, la sbatté in prima pagina anzitutto per vendere più copie, un giornale conservatore più fieramente avverso alla Repubblica, la Deutsche Tageszeitung, la stampò subito in 100.000 esemplari su una speciale cartolina in cui era circondata dalle effigi marziali in alta uniforme del Kaiser Guglielmo II e dell’eroe della Prima guerra mondiale, il generale Von Hindenburg: il titolo era Einst und jetzt, “Ieri e oggi”, con evidente riferimento alla fisica decadenza della grandeur tedesca, annichilita poche settimane prima dall’imposizione dell’accordo di Versailles. Anni dopo, Joseph Roth ebbe a definire quella foto e quella cartolina “l’argomento più persuasivo, perché più volgare, contro la Repubblica” (ma “volgare” è il tedesco pöbelhaft, dunque qualcosa come “degno del volgo, del popolaccio”, al limite – in senso spregiativo – “populista”…): l’idea di fondo era che l’impresentabilità dei nuovi governanti fosse lo specchio dell’abisso morale e civile in cui era precipitata la Germania, non più impero ma Repubblica.
La Tageszeitung condì lo sfottò con l’affermazione (ovviamente del tutto falsa) che Ebert e Noske si erano messi in posa per mostrare la loro virilità. Ebert, uomo noto per la sua riservatezza, si rivolse alla giustizia, vinse un mucchio di cause e ottenne il ritiro della foto e la distruzione delle matrici, ma ormai – anche se tutto era cartaceo, e non esistevano gli immarcescibili archivi dei social media – il danno era fatto: fino alla sua morte nel 1925, i più sarcastici dei suoi oppositori potevano sventolare mutandoni in segno di scherno durante i suoi comizi. Colpisce l’evoluzione dei tempi: oggi le immagini balneari dei leader maschi (altro discorso, ahimé, vale per Boschi, Carfagna o Raggi) vengono per lo più esibite al fine opposto, ovvero per “avvicinare” il leader alle masse che lo votano (e più “popolare” è la spiaggia meglio è): assolvono dunque un fine lato sensu “populista”, mentre chi deplora le esibizioni di Milano Marittima (ree solo di istituzionalizzare una prassi già ben avviata in anni passati) lo fa in nome della nostalgia (forse un po’ conservatrice? e quanto persuasiva?) per il decoro di un Moro o di un Berlinguer.
Sia come sia, da cent’anni in Germania le foto dei politici in costume sono molto rare: nel 2001 un successore di Noske, il ministro della Difesa Rudolf Scharping, anche lui socialdemocratico, destò scandalo venendo pizzicato nel mare di Maiorca con la sua amante mentre i soldati tedeschi partivano per una delicata missione in Macedonia. Qualunque cosa si pensi dei mutandoni di oggi e di ieri, è difficile dimenticare che alla morte di Ebert, in una Germania già profondamente mutata dalla crisi economica e dall’inflazione e in preda a sentimenti assai più nazionalisti, venne eletto come suo successore proprio uno dei due protagonisti più “decorosamente vestiti” di quella famosa cartolina, il generale Von Hindenburg: quest’ultimo, com’è noto, sarebbe rimasto l’unico altro presidente della Repubblica di Weimar, che liquidò di fatto nel gennaio del 1933 assegnando l’incarico di cancelliere ad Adolf Hitler.