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 2019  agosto 20 Martedì calendario

Le prime 1200 società per capitalizzazione al livello globale hanno staccato 514 miliardi di cedole

Recessione è forse uno dei termini economici rievocati più spesso in queste ultime settimane. Per ora è soltanto un timore che potrebbe trasformarsi in realtà in un futuro non troppo lontano, nel frattempo però a livello globale le società quotate continuano a sfornare utili e a trasformarli in dividendi con cui gratificare i soci. La conferma arriva dall’indice Janus Henderson Global Dividend, che studia appunto le tendenze dei dividendi distribuiti dalle prime 1200 società per capitalizzazione al livello globale e che per il secondo trimestre 2019 ha registrato un nuovo record per l’importo totale corrisposto agli azionisti, toccando 513,8 miliardi di dollari.
Difficile capire quanto il dato fotografi una realtà del passato, possibilmente anche distorta da strategie piuttosto «generose» da parte dei manager nei confronti del mercato, e quanto invece sia sostenibile. Di certo Janus Henderson nota che le prime avvisaglie della possibile frenata economica si iniziano a intuire, visto che il tasso di incremento mostrato dalle cedole (+1,1% e +4,6% se si considera la crescita sottostante che non tiene conto degli effetti valutari e delle altre voci di carattere straordinario) è stato il più basso da oltre due anni.
Non sembra però esserci niente di apparentemente catastrofico, né di nuovo in tutto questo, tanto che gli analisti mantengono invariate le stime per l’intero anno a quota 1.430 miliardi, in aumento del 4,2% in termini di crescita complessiva e del 5,5% in termini di crescita sottostante. «Il consenso del mercato riguardo alla crescita degli utili è forse ancora un po’ troppo elevato – spiega Ben Lofthouse, responsabile della strategia Global Equity Income di Janus Henderson – ma i dividendi sono più stabili dei profitti e inoltre stiamo già mettendo in conto un’economia mondiale meno vigorosa».
Se a livello settoriale i dividendi dei titoli finanziari e del comparto energia hanno segnato gli incrementi maggiori, mentre tecnologia e beni di prima necessità hanno perso terreno, lo spaccato regionale parla di una crescita che si è mantenuta sostenuta soprattutto grazie ai mercati emergenti, trainati da Russia e Colombia. Tra le regioni sviluppate è invece il Giappone ad aver riportato la migliore performance, mentre il resto dell’area Asia Pacifico ha sottoperformato la media mondiale e pure il dato degli Stati Uniti è risultato leggermente inferiore rispetto alle previsioni, mentre il Regno Unito ha beneficiato soprattutto di cedole straordinarie.
L’Europa continentale, dove nel periodo in questione si concentrano il 70% dei pagamenti ai soci, ha offerto un quadro con qualche lampo di luce e anche molte ombre. Il dato generale sulle distribuzioni complessive (-5,3%, con l’indice Janus Henderson per l’area al livello più basso da oltre un anno) è stato fortemente penalizzato dall’effetto dollaro. Anche senza tenere conto del cambio però la crescita dei dividendi sottostante del 2,6% è stata «modesta» secondo Janus Henderson, a causa di consistenti tagli delle elargizioni, ma anche della diminuzione della percentuale di società che li ha aumentati.
La Francia ha come di consueto distribuito i dividendi di gran lunga più consistenti in Europa, archiviando una crescita del 3,1% su base complessiva portando le distribuzioni al nuovo record di 51 miliardi di dollari nel 2° trimestre. Al di là dell’impatto del cambio e delle cedole straordinarie di Natixis ed Engie, la crescita sottostante risulta pari al 5,1% e quindi ampiamente superiore alla media di un’Europa in cui delude invece la Germania (-10,7% e +2,4% appena su base sottostante) zavorrata dal settore auto e da Bmw e Daimler in particolare.
L’Italia si è fermata giusto a metà strada della classifica, con una crescita sottostante del 6,3%, che è però fortemente influenzata dal cambiamento di strategia di Atlantia. Dopo l’acquisizione della spagnola Abertis, il gruppo ha infatti deciso di annullare la consueta distribuzione di un acconto sul dividendo nel novembre dell’anno precedente e ha quindi aumentato i pagamenti nel secondo trimestre, pur avendo di fatto tagliato la cedola da 1,22 euro a 0,90 euro per azione. Per il resto, la più munifica (e l’unica a entrare nelle zone alte della classifica mondiale di Janus Henderson, precisamente al nono posto fra i principali pagatori di cedole) è stata Intesa Sanpaolo, che ha distribuito l’equivalente di 2,3 miliardi di dollari.
Nel futuro gli analisti si aspettano una crescita relativamente rallentata, ma ancora positiva per i dividendi italiani. «Le società difensive come Snam, Terna e Campari sono ben posizionate per far crescere le cedole anche in un contesto economico più contenuto», spiega Andrew Jones, Director of Global Equity Income di Janus Henderson, aggiungendo che in modo analogo «Eni dovrebbe anche continuare a generare una crescita positiva in conseguenza di un prezzo del petrolio rimasto a un livello ragionevole e delle misure di efficienza che la società ha adottato». Più difficile, aggiunge Jones, «prevedere lo scenario per il settore del credito in una fase di crescita limitata e di bassi tassi di interesse mondiale».