La Stampa, 20 agosto 2019
Un bel messaggio nella bottiglia di 50 anni fa
Un uomo trova una bottiglia con dentro un messaggio e riesce a risalire all’autore con un appello sui social. Sembrerebbe la più tradizionale di tutte le storie di mare se non fosse che l’uomo in questione vive in Alaska e la bottiglia l’ha ritrovata in un bosco che d’inverno si ricopre di ghiacci. Il protagonista è Tyler Ivanoff, abitante di Shishmaref, cittadina affacciata sul Golfo di Bering, estremo lembo di terra del 50 esimo Stato americano che si interfaccia con l’estremità artica della Russia. Ivanoff stava cercando legna da ardere in una zona boschiva a circa 32 km ad Ovest del suo villaggio, quando ha trovato la bottiglia, chiusa da un tappo di sughero con l’estremità di plastica. Dentro, un biglietto. «Ho dovuto tirare molto forte. Ho usato i denti per stapparla», ha raccontato a un quotidiano locale. «L’interno era asciutto e puzzava di alcool stantio». Il pezzo di carta era intatto. Si trattava di un messaggio scritto mezzo secolo prima dal comandante di una nave e consegnato ai mari del Polo dentro quella bottiglia di liquore appena consumata. «Cordiali saluti! Dalla nave della madre Russia della flotta dell’Estremo Oriente Vrxf Sulak. Invio un saluto a chi trova la bottiglia e chiedo di rispondere all’indirizzo Vladivostok -43 Brxf Sulak a me e a tutto l’equipaggio. Vi auguriamo buona fortuna, lunghi anni di vita e buona navigazione. 20 giugno 1969». Questo quanto scritto nel biglietto e pubblicato in un messaggio Facebook sul profilo di Ivanoff, il quale ha rivolto un appello «social» per risalire all’autore con la speranza che fosse ancora vivo. Speranza non vana. La storia è stata ripresa dai media russi, che hanno rintracciato l’autore, il capitano Anatoly Botsanenko, oggi 86 enne. «Non sembra la mia calligrafia. Oh sì invece, guarda!», ha detto commosso al canale televisivo Rossiya 1. Il capitano Botsanenko era un elemento importate della marina russa, aveva supervisionato la costruzione del Sulak nel 1966 e vi ha navigato fino al 1970, ovvero l’anno dopo aver scritto quel messaggio. La vicenda ha commosso anche Ivanoff, il quale pensa di fare la stessa cosa, «potrei scrivere un messaggio ai miei figli». Magari lasciandolo in una bottiglia nel bosco dove ha trovato quella del capitano Botsanenko. Chissà che, con lo scioglimento dei ghiacci, tra mezzo secolo qualcuno non la ritrovi in mare.