la Repubblica, 20 agosto 2019
Intervista ad Alessandra Mastronardi. La madrina di Venezia parla di Woddy Allen, dei suoi provini, di Brexit, di Master of none e dei Cesaroni
Alessandra Mastronardi, 33 anni, riporta il madrinato alla Mostra di Venezia (28 agosto-7 settembre), dopo due anni di conduzione al maschile con Alessandro Borghi e Michele Riondino: «È un riconoscimento verso attori e attrici che rappresentano il cinema, è stato bello e necessario aprire le porte anche a un padrinato».
Però le donne in concorso restano sempre due su ventuno.
«Arriverà il momento in cui saranno metà e metà, sono sicura. Sono lieta che quest’anno ci sia una presidente, Lucrecia Martel, non conosciuta dai più, ma che darà freschezza e sguardo diverso alla giuria».
Già pensato al discorso alla cerimonia inaugurale?
«Scritto e riscritto. Non sarà un discorso politico, ci saranno spunti di riflessione, ma spero anche di essere leggera. Venezia è una festa e la mia sarà una dichiarazione d’amore: citerò Mastroianni, Vitti, Germi, Rossellini. Quella è la stagione cinematografica del mio cuore. Per me i film dovrebbero essere ancora in bianco e nero, contenere quella magia che libera l’immaginazione. Il cinema oggi è spesso troppo crudo e simile alla realtà».
I primi ricordi alla Mostra?
«Accompagnavo un film del fidanzato di 13 anni fa. Arrivai al Lido come la Caterina del film di Virzì che si ritrova in una grande città e guarda tutto dal basso verso l’alto. Un luogo magico in cui si parlava solo di cinema».
Quest’anno Venezia celebra “Lo sceicco bianco” di Fellini che Woody Allen le fece studiare per “To Rome with love “.
«Quello di Woody era un omaggio dichiarato, con Antonio Albanese star del cinema alla Sordi che abbindolava la giovane donna che ero io. Sarò contenta di rivedere Lo sceicco bianco, avrei voluto anche vedere il nuovo film di Allen,
purtroppo non c’è».
Gli attori che hanno girato l’ultimo film con lui ora hanno preso le distanze. Lei lo avrebbe fatto?
«Io non avrei lasciato Woody Allen da solo, lo avrei accompagnato in promozione. Per il semplice motivo che quando accetti un ruolo entri in una famiglia in quel momento e hai la responsabilità di sostenere il film fino all’arrivo in sala e oltre. Non conosco le motivazioni dei miei colleghi e non voglio giudicare, so che è una questione delicata. Di sicuro andrò a vedere il film in sala».
Il film con Allen non le ha cambiato la carriera come sperava...
«Oggi la considero un’esperienza positiva. Non mi ha rivoluzionato la carriera, ma mi ha aperto una strada in America: grazie a Allen e Alec Baldwin ho un’agenzia lì. Allen è un maestro d’ironia: un giorno sul set girò tutta la scena al posto mio e poi mi disse: “Ecco, io l’ho fatta da dio, tu cerca di farla più o meno bene"».
Lei ha detto che quando un attore muore gli aprono la pancia e trovano i segni dei provini andati male.
«Vuole ripercorrere gli ultimi tredici anni di cinema italiano? Sono tutti qui dentro. Tanti progetti, italiani e stranieri, per cui mi sono impegnata tanto e sono rimaste ferite aperte».
Una figuraccia divertente?
«Mandai video provini per un film spagnolo che volevo fare con tutte le viscere. Ogni battuta perfetta, passai tutte le selezioni finché, di persona, si accorsero che avevo imparato a memoria e non capivo lo spagnolo.
Finì malissimo. Un provino andato male di cui ho un bel ricordo è quello di Io e te con Bernardo Bertolucci, un regista accogliente. Dopo il provino mi volle incontrare e fu così bello che andando via sapevo che non avrei avuto il ruolo, ma ero felice».
Alla Mostra ci sarà Robert Pattinson che recita in due fim, avete lavorato in “Life” di Anton Corbijn.
«Come tutti noi ragazzini cresciuti sul set senza scuola di cinema, Robert ha il complesso di dover sempre dimostrare qualcosa. È una persona buona e molto professionale».
Lei è tra gli attori italiani cercati anche all’estero.
«Ci provo. Ma non sono l’unica, sono felice per colleghi come Salvatore Esposito, che sta per fare una serie importantissima a New York».
Ha avuto un bel successo con la sua Francesca, ragazza modenese nella serie “Master of none”.
«Per la prima volta ho partecipato alla scrittura della sceneggiatura, non si può dire ufficialmente per motivi di diritti, ma è cosi: il personaggio di Francesca l’ho scritto io, attingendo alla mia vita, infatti è quello che mi somiglia di più, compreso nel sogno appassionato di “toccare” New York».
La nuova stagione è confermata,
malgrado l’accusa di molestie di una donna verso Aziz Ansari.
«Ho letto l’intervista fatta dalla ragazza a suo tempo, mi sembrò un appuntamento andato male, onestamente non ci ho visto nessuna molestia...»
Da tempo vive a Londra. Sostiene Jeremy Corbyn?
«Era una delle poche chance contro la Brexit, ma la situazione è ormai troppo ferma. Ho passaporto italiano e di problemi tra poco ne avrò».
"I Cesaroni” sono stati per lei prima un’opportunità, poi un’etichetta, infine nostalgia. Ora?
«Mi hanno fatto entrare nelle case degli italiani, rispetto questa conoscenza che il pubblico rivendica nei miei confronti.
C’è ancora chi mi ferma per strada e mi dice “sono cresciuta con te”, è bello aver accompagnato una generazione. Ma quando titolano su me madrina “Dai Cesaroni a Venezia” mi infastidisce, in 13 anni di cose ne ho fatte. Ma va bene così, so che è un bagaglio importante che mi porto dietro».