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 2019  agosto 20 Martedì calendario

Per contrastare la crisi in Germania, Olaf Scholz tira fuori il suo bazooka

Anche la Germania ha il suo bazooka. Ma Olaf Scholz continua a sottolineare di ritenerlo necessario soltanto per l’eventualità estrema che si ripeta l’ecatombe della Grande crisi, quando l’economia tedesca precipitò di cinque punti. Fresco fresco di auto candidatura alla leadership della Spd, il vicecancelliere ha risposto nel fine settimana, durante la “giornata delle porte aperte” dei ministeri, al fuoco di fila delle domande dei cittadini. E quando qualcuno gli ha chiesto come reagirebbe a un’eventuale recessione, Scholz ha sottolineato che la Germania sarebbe pronta ad affrontare qualsiasi crisi «a vele spiegate».
«Se abbiamo un debito sotto il 60%», ha precisato il vicecancelliere, «sarà questa la forza per contrastare la crisi con pieni poteri». Ma per ora, al ministero sottolineano che i 50 miliardi di euro che Scholz ha citato durante gli incontri ricordando il costo della Grande crisi, sono ancora ipotetici: «siamo in grado di trovare quella somma. E possiamo farlo: la buona notizia è questa». Il Paese di Angela Merkel continua a rivendicare con orgoglio di aver raggiunto nel 2014 il primo pareggio di bilancio dagli anni Sessanta e di non averlo mai più infranto. E quest’anno il suo debito scenderà sotto il limite del 60% stabilito dal Patto di stabilità europeo, al 58%. Dunque, se anche dovessero servire 50 miliardi per risollevare l’economia, equivarrebbero circa al 2% del Pil e consentirebbero alla Germania di non sforare. Il dubbio è se basterebbero nel caso di una crisi seria.
Le nubi all’orizzonte si addensano. «Nell’estate del 2019 la situazione economica potrebbe risultare senza slancio». Nel suo ultimo rapporto mensile la Bundesbank non ha potuto fare a meno di esprimere la stessa stima di un esercito di analisti angosciati. Nel periodo che va da luglio a settembre, la prima economia europea «potrebbe risultare nuovamente negativa» e confermare che la Germania è entrata in recessione. E la debolezza strutturale di una dinamica molto dipendente dall’export si intuisce anche dalla constatazione, da parte della banca centrale tedesca, che il boom del settore immobiliare e la robusta domanda interna non possano compensare il crollo negli scambi con l’estero. La guerra tra Donald Trump e Xi Jinping sta colpendo duro la Germania. E tra tre mesi un’eventuale Brexit disordinata potrebbe assestarle un altra batosta. I politici tedeschi stentano però a sollevare la testa dai buchi scavati per mesi nella sabbia. Pressati dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca centrale europea che predicano da settimane alla Germania e agli altri Paesi con sufficienti margini di manovra di allentare i cordoni della borsa per riavviare l’economia, Scholz e Angela Merkel continuano a escludere ufficialmente manovre in disavanzo. Alla vigilia di un G7 a Biarritz dove Scholz accompagnerà la cancelliera e sarà messo alle strette dai partner preoccupati per il rallentamento tedesco e la testardaggine con cui Berlino respinge ogni richiesta di stimolo, il ministro delle Finanze continua ad agire con un occhio rivolto all’economia e uno al partito. Per lui l’impegno mantenuto di Wolfgang Schaeuble, il primo ministro delle Finanze ad aver ottenuto il pareggio di bilancio da decenni, è anche una maledizione. Se volesse candidarsi alla cancelleria per la sua Spd, Scholz dovrebbe farlo come l’uomo che ha infranto quella promessa. E in Germania, dove i conti in ordine sono un imperativo categorico, non sarebbe un dettaglio.