Corriere della Sera, 20 agosto 2019
Amélie Nothomb si crede Gesù
WIMBLEDONX
PARIGI È forse l’autrice più attesa, ogni anno a settembre, all’inizio della nuova stagione letteraria francese. Ma Amélie Nothomb quest’anno serve sicuramente il più inatteso dei suoi 27 romanzi: Soif, sete, ovvero la passione di Gesù Cristo. Secondo lei.
La scrittrice belga sfida gli anatemi dei cattolici e s’immedesima per 160 pagine nel calvario del figlio di Dio: «Per provare la sete bisogna essere vivo. Ho vissuto così intensamente che sono morto assetato. Forse è questa, la vita eterna…», il trailer scelto della sua casa editrice, Albin Michel (Voland in Italia), per annunciare l’uscita di 150 mila esemplari, domani, nelle librerie della République, non lascia dubbi. L’io narrante è Nostro Signore e Amélie Nothomb si crede Gesù. S’immerge con disinvoltura e perfino humour nelle sue riflessioni.
Le prime righe del romanzo in prima persona, dunque, non dovrebbero sorprendere: «Ho sempre saputo che sarei stato condannato a morte. Il vantaggio di questa certezza è che posso accordare la mia attenzione a ciò che lo merita: i dettagli». I dialoghi, nella farsa del suo processo, gli sguardi, i pensieri scorrono proprio come se fosse il Salvatore a raccontare la cronaca dell’udienza davanti a Pilato.
«I testimoni a carico sono sfilati gli uni dopo gli altri. Non credevo ai miei occhi quando ho visto arrivare gli sposi di Cana, i miei primi miracolati». La gratitudine, si sa, non è di questo mondo: il lebbroso guarito si lamenta di aver perso così la pietà altrui e, quindi, le elemosine; il cieco si lagna della bruttezza del mondo che ora è costretto a vedere; Lazzaro, dell’odore di cadavere che gli è rimasto attaccato alla pelle. Il sindacato dei pescatori di Tiberiade lo accusa di aver favorito un gruppo a scapito degli altri…
Amélie Nothomb si attiene alle Scritture, le conosce e non intende profanarle ma le reinterpreta in quello che definisce – e non potrebbe essere diversamente – «il romanzo della mia vita», il più importante. Certo il più difficile da surclassare per clamore. Un esercizio di stile che neanche Jean d’Ormesson aveva osato fino a questo punto ne Il romanzo dell’ebreo errante.
Ingratitudine
Il lebbroso guarito si lamenta di aver perso le elemosine, Lazzaro dell’odore di morte
In Francia le prime reazioni si sono mantenute pacate, perfino favorevoli, da parte di teologi e specialisti dell’editoria cattolica: il suo connazionale Gabriel Ringlet, sacerdote e scrittore, ha affermato su «Le Parisien» che «la romanziera ha tutto il diritto di mettersi nella pelle del Cristo». Il Vangelo, sostiene Ringlet, non è un’opera finita, anzi «ha bisogno di tutte le riscritture per restare lettera viva e incontrare ciascuno, credente o non».
Sul «Journal du Dimanche» Bernard Pivot, dell’Accademia Goncourt, parla addirittura della «resurrezione» dell’autrice: «Non riceverà il nihil obstat dal Vaticano – prevede – ma Amélie Nothomb preferisce probabilmente raccogliere gli elogi della critica». In effetti, la scrittrice rende forse un po’ tanto terrena la relazione sentimentale che Gesù doveva certamente intrattenere, a suo avviso, con la Maddalena: «Di tutte le gioie che ho vissuto con lei – fa dire al Nazareno – nessuna ha eguagliato la contemplazione della sua bellezza».
A differenza degli evangelisti, Amélie segue fino in cima al Golgota il calvario di Gesù, umanamente impaurito dalla sofferenza che prova e che lo attende. Paura. La prima delle torture che gli saranno inflitte, alla vigilia dell’estremo sacrificio. Non c’è esaltazione nell’uomo sulla croce, ma un sorprendente disappunto per il ruolo che gli è stato imposto dal Padre.
Dal 1992, quando pubblicò il suo primo romanzo, Igiene dell’assassino, l’autrice belga non è mai mancata al suo appuntamento autunnale in libreria. Metodica, meticolosa, afferma nelle interviste di non poter lasciar passare una sola giornata senza dedicarsi almeno quattro ore alla scrittura. Come una dama d’altri tempi, con i suoi grandi cappelli neri e le velette, rifugge dai telefonini e privilegia la penna rispetto al computer. Confida il suo desiderio al «Parisien»: che i suoi quasi settanta manoscritti ancora inediti e non destinati alla pubblicazione siano archiviati nella biblioteca del Vaticano. Nulla sembra davvero impossibile ad Amélie Nothomb.