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 2019  agosto 19 Lunedì calendario

Di Maio teme Renzi

Luigi Di Maio gliel’ha ripetuto ancora ieri: «Beppe, ma davvero ci vogliamo mettere nelle mani di Renzi?». La questione è tutta qui. Passare da un Matteo all’altro. Da un carnefice che politicamente gli ha dimezzato i consensi a uno che potrebbe fare peggio. A Marina di Bibbona il M5S non è uscito con le idee più chiare. Anzi.
Come ai bei tempi, i grillini si sono ritrovati attorno al padre nobile Beppe Grillo. Nella villa del comico, sul litorale livornese, come rivelato da Il Tirreno, si rivedono il capo politico e vicepremier Di Maio, Davide Casaleggio, l’ex deputato Alessandro Di Battista, il presidente della Camera Roberto Fico, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, i capigruppo Stefano Patuanelli e Francesco D’Uva. Uno stato maggiore nato sull’investitura mediatica dei singoli leader. Ognuno di loro ha dubbi, convinzioni, idee, che vengono apparecchiate sulla tavola di Grillo tra birre e limonata. Salvini ha già formalizzato la sua retromarcia. Senza il voto, è pronto a ripartire con il governo. Tra i 5 Stelle c’è un clima di rimpianto, per come è andata a finire con i leghisti, e di incredulità per il comportamento del ministro dell’Interno. Nella nota firmata da tutti i partecipanti al summit Salvini viene definito un «interlocutore inaffidabile», «non più credibile», autore di una «vergognosa» giravolta. Tra le righe, c’è però un messaggio alla Lega, «al gruppo parlamentare con cui è stato fatto un buon lavoro in questi 14 mesi». È il tentativo, impossibile, di separare la pancia leghista da un leader con poteri assoluti che li ha portati dal 3 al 34%. I 5 Stelle ci provano sapendo che l’impresa è impossibile, ma sono tentati dalle telefonate dei colleghi del Carroccio che si dicono pentiti e che per la prima volta fanno accenni critici a Salvini e alle sue scelte. È la tesi di Di Battista: cercare altri improbabili interlocutori nella Lega, tutto pur di scongiurare le nozze con i dem, perché, sostiene, «tra Renzi e Salvini non so chi sia più inaffidabile...»
Di fronte a Grillo vengono snocciolati i diversi scenari e per la prima volta da giorni, il voto non è più un completo tabù, soprattutto se fosse nel 2020. Di Battista è un tifoso di questa ipotesi più degli altri. Casaleggio jr, invece, è per la tenuta del governo, anche perché sa che le urne potrebbero dimezzare gli eletti del M5S, ognuno dei quali destina 300 euro mensili all’Associazione Rousseau, incaricata della comunicazione del Movimento. Visti gli attuali sondaggi, i versamenti mensili totali crollerebbero rispetto ai 100 mila attuali. Tutti i presenti hanno letto l’editoriale con cui Romani Prodi apre a un governo istituzionale, raccolto attorno ai partiti che hanno sostenuto Ursula Von Der Layen a Bruxelles. Ci sarebbe anche Forza Italia e i grillini sono a conoscenza delle manovre di Gianni Letta per spingere il nipote Enrico come premier. Grillo liquida l’ipotesi con risate e battute. Lo stesso fanno gli altri: «Noi con Belrusconi? Impossibile».
Il comico, si sa, vorrebbe spingere i grillini a sinistra, con il Pd, ma ascolta attentamente i timori che gli esprime Di Maio e la contrarietà di Taverna. Il capo politico è molto perplesso sulla prospettiva di un esecutivo giallo-rosso. Anche se fosse con Conte premier e lui ministro, come qualcuno tra i dem gli fa trapelare. Sullo sfondo di qualsiasi trattativa c’è sempre Renzi. Oggi Di Maio si confronterà con i gruppi parlamentari riuniti alla Camera e capirà quali saranno i margini per tenere ancora in piedi l’eterno doppio forno. I contatti di suoi uomini con la segreteria di Zingaretti sono in una fase avanzata. Ma c’è anche chi gli sussurra, come il braccio destro Pietro Dettori, di sfruttare a proprio favore i cedimenti di Salvini e di rinnovare su presupposti più favorevoli l’alleanza con la Lega. Spiragli per un ricucitura si intravedono nelle parole di Manlio Di Stefano (contrarissimo all’abbraccio con il Pd) e nelle dichiarazioni in cui lo stesso Di Maio assicura che non siederà mai allo stesso tavolo con Renzi e bolla come «inventata» la storia «dell’accordo con il Pd».
Da Marina di Bibbona i grillini escono con la sola convinzione che è meglio muoversi un passo alla volta. Molto dipenderà da cosa farà Giuseppe Conte domani. Salirà al Colle, questo è certo. Ma dopo la resa dei conti con Salvini. L’obiettivo è di non dare al leghista l’opportunità di ribaltare la responsabilità della crisi e della caduta del governo. E per questo nel M5S si stanno convincendo a non presentare una risoluzione da votare, perché – parole di Di Maio – «Salvini potrebbe fare di tutto». —