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 2019  agosto 19 Lunedì calendario

Kyrgios e i tennisti arrabbiati

A Cincinnati – Ohio – il tennista australiano Nick Kyrgios, durante il suo match contro il russo Karel Khachanov, n. 9 in classifica, è stato multato di ben 113 mila dollari per otto infrazioni antisportive tra le quali insulti al giudice di sedia e racchette spaccate, mentre la Atp si riserva di esaminare ulteriormente il suo comportamento per dedicargli altre multe o una squalifica. Ciò non sorprenderà il lettore che abbia ammirato Kyrgios a Roma scagliare sul campo una sedia durante gli ultimi Internazionali, o me stesso, la prima volta che lo vidi in Australia conversare – si fa per dire – con i suoi semi-connazionali greci, insoliti spettatori di un torneo. Fu quella volta, in cui trovò modo di prendersela soltanto con una bottiglietta, che il collega australiano che mi accompagnava mi fece notare quanto dovesse essere difficile il ruolo di “new australian”, come vengono definiti i conquistatori della nuova nazionalità. «Kyrgios – disse l’amico – non ha solo un papà greco, ma una mamma malese». Provai a immaginare i suoi nonni, ma non fu facile. Scrivo queste cose dopo una presentazione di un mio libretto, Il Tennis nell’Arte, del quale avrete letto forse, se abitate in Lombardia, una intervista di un altro innamorato del tennis, Carlo Annovazzi. Con Carlo, che come sempre andrà agli Us Open, sono stato a chiedermi quali fossero i precedenti di Kyrgios, gli angry tennis players, come li chiamano in Gran Bretagna.
Parlando di Kyrgios, il collega mi domandò se nella mia lunga vita sui campi fossi stato testimone di qualche altra vicenda sconveniente, e mi venne in mente il nome, oltre che di McEnroe, di Cecchino Romanoni, che durante la guerra si era trasferito in Portogallo per evitare il servizio militare, era cocainomane e trasportava la droga in un foro praticato nel manico delle racchette di legno. Fu forse sotto l’effetto della cocaina che l’esaltazione della vittoria lo portò a un comportamento che non ebbe mai un suo eguale sui court. Romanoni fu considerato “Il più bel rovescio italiano degli Anni Quaranta”, e pure io lo ammirai, ma la storia mi venne raccontata dall’autore cinematografico e teatrale Franco Brusati, che lo battè sorprendentemente ad un torneo milanese del 1942, l’anno della conquista di Romanoni del titolo italiano. Brusati, autore di film quali Pane e Cioccolata e Dimenticare Venezia, avrebbe avuto la benevolenza di giocare con me negli Anni Cinquanta, e mi avrebbe raccontato che Romanoni, ingaggiato nella troupe americana di Bobby Riggs, n. 1 Usa durante la guerra, esaltato dalla sua prima vittoria sullo stesso Riggs, iniziò a masturbarsi a fine match su un Centrale di Buenos Aires.
Fu soltanto un accenno, perché qualcuno fortunatamente intervenne, e la vicenda fu lungi dal causare le conseguenze che stanno costando tesori e riprovazione a Kyrgios, al quale farebbe bene essere seguito da un consigliere più che da un allenatore. Così come sarebbe stato utile a McEnroe, per evitare le abituali liti con gli arbitri che racconta nella sua biografia You cannot be serious, una genitrice meno materna di sua mamma Kathy, per non essere giunto all’espulsione da socio di Wimbledon. L’espulsione fu conseguente ad una attesa che si era protratta troppo a lungo della moglie del presidente del Queen’s Club. Dopo aver atteso una ventina di minuti che Mac finisse il suo allenamento, la presidentessa si decise a ricordargli, molto gentilmente, di aver prenotato il campo, e quel gentiluomo le mostrò il manico della racchetta, e le suggerì, con un sorriso ironico, di farne un uso davvero intimo, simile a quello dei manici delle racchette di Romanoni. O a Lleyton Hewitt (vincitore di Wimbledon 2002 e di Kyrgios caposquadra in Davis ) un suggeritore meno benevolo di quello che gli consigliò di trovare nell’allergia alle graminacee una ragione per le le sue intemperanze. Un analogo fenomeno di cattiva educazione accadde anche a me, giocatore certo immeritevole di rimanere nella storia del tennis. Nella finale del torneo di Nizza, negli anni Cinquanta, il mio avversario di doppio, il numero 1 americano Bartzen, prese a chiamarmi tra un punto e l’altro “piccolo giocatore”, o addirittura “incapace”. Dopo una decina di volte, persi la pazienza, e scavalcai le rete. Avrei tanto desiderato colpirlo con una racchettata, ma mi sentii sollevare dalle manone del mio partner Orlando Sirola, un due metri colossale, che mi riportò al di là della rete, nel nostro campo. E Bartzen smise di insultarmi. Spero intanto che Kyrgios si imbatta in uno psichiatra-tennista, e riprenda a vincere senza più scagliare oggetti, siano sedie o bottigliette o racchette.