Corriere della Sera, 19 agosto 2019
Amalia Ercoli Finzi, 82 anni, la prima donna a essersi laureata in Ingegneria aeronautica in Italia e l’unica ad aver trapanato una cometa a 510 milioni di chilometri dalla Terra, manovrando la trivella SD2
Quando il 17 maggio scorso è nata l’ultima nipote, Emma, lei stava deliziando il pubblico di «Cibo a regola d’arte», a Milano, con stelle, comete, pomodori coltivati nello Spazio e aneddoti di vita privata. Beninteso, era stata molto chiara: «Cominciamo puntuali, finiamo un po’ prima e vorrei che un taxi mi aspettasse fuori, così dopo corro all’ospedale». Perché Amalia Ercoli Finzi, 82 anni, la prima donna a essersi laureata in Ingegneria aeronautica in Italia e l’unica ad aver trapanato una cometa a 510 milioni di chilometri dalla Terra, manovrando la trivella SD2, nonostante sapesse che il parto dell’unica figlia femmina Elvina fosse imminente, non aveva voluto rinunciare all’impegno preso mesi prima.
«Mentre parlavo pensavo alla bambina: mettere al mondo un figlio oggi è un atto di coraggio. Un figlio ha la capacità di renderci eterni attraverso di lui, e non parlo solo del patrimonio genetico, ma delle nostre caratteristiche umane, spirituali, che andranno avanti nella storia quando noi non ci saremo più», ricorda la professoressa nel suo studio al Politecnico di Milano, dove per quindici anni è stata responsabile del dipartimento di Ingegneria Aerospaziale. «Quando poi ho visto Emma ho pensato che era bellissima. L’amore condiviso si moltiplica, non diminuisce».
Sette nipoti – Tobia, 23 anni, Mattia, 21, Tomàs («In onore del designer Maldonado: i miei figli si erano laureati con lui»), 20, Raoul, 18, Linda, 14, Micol 6, ed Emmina – si definisce «nonna di emergenza»: «Sono sempre impegnata, ma se c’è bisogno di me mando tutto all’aria e annullo anche incontri internazionali, come è già successo». In realtà le calza a pennello anche l’appellativo di Nonna Papera, vista la sua abilità a preparar torte. Racconta: «Nella mia famiglia, contando nuore, genero e nipoti, siamo 18. Praticamente c’è sempre un compleanno da festeggiare, un mese arrivo a fare sette torte, solo a gennaio non c’è niente!». Non mancano mai il dolce portoghese («Si fa con latte e uova, molto facile: è come un budino. Cuoce al forno e poi è importantissimo il momento in cui rovesci il contenitore, devi stare attenta a non farlo finire sul pavimento!»), il farro bretone («È una specie di pane»). Poi, quando serve, aggiunge la torta di pane, la torta alla frutta di stagione («Basta fare la pasta frolla e la condisci come vuoi»). «Grazie a Dio a Natale c’è il panettone e non devo farlo io».
Le regole della casa di Amalia sono precise. «Per i compleanni solo i figli possono scegliere i menu, i nipoti no: l’Andrea compie gli anni a febbraio e vuole sempre le cotolette sottili sottili, una volta ne ho impanate e fritte quaranta...».
Quando sono tutti riuniti intorno alla tavola, però, sono momenti di felicità: «Abbiamo un tavolo molto grande, lungo più di tre metri, largo uno e venti. Io e mio marito ci mettiamo a capotavola e i nostri cinque figli, nuore, genero e nipoti si siedono intorno. Ecco, quando li guardo, mi sembrano dei pulcini». Anche se non scelgono il menu, i nipoti hanno una serie di trattamenti speciali. «Beh, anzitutto diamo un po’ di mance. Per la promozione, per il compleanno, un aiuto quando vanno a sciare. Io e mio marito finanziamo la festa dei 18 anni e il viaggio dopo la maturità. Poi ho la consuetudine di dare un premio se uno prende 30 all’università. Avevo pure istituito una legge che non ha mai funzionato: cioè volevo dare mance proporzionate all’età, con la licenza elementare che valeva meno della licenza media o della maturità: ma loro si sono offesi e l’ho dovuta cambiare...».
Confessa di non aver mai messo naso nella educazione dei nipoti («Magari a parte ne parlavo con i genitori, con molto rispetto»), ma di aver cercato sempre di valorizzare il talento speciale di ognuno: «Le attività extrascolastiche, come la scherma o la danza, le finanziamo noi».
Tutti e sei (Emma è ancora troppo piccola) sono molto interessati al suo lavoro e al problema dell’Universo. «Spesso sono andata nelle loro scuole a fare conversazioni sulle stelle, sui pianeti, sulle missioni spaziali. Sono felice nel vedere che i miei nipoti sono orgogliosi di me, ai compagni dicono che la loro nonna lavora con le stelle». E questo tema le sta a cuore: «Tutti i nonni sono bravi in qualcosa, hanno fatto qualcosa di bello e di formativo. Ed è importante che lo raccontino, perché detto da loro ha più valore che dai genitori. La cosa che spero di testimoniare io è che si può lavorare ed essere felici. Certo, non è proprio un obbligo come dice la Dichiarazione di indipendenza americana, ma noi ci proviamo!».