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 2019  agosto 18 Domenica calendario

Le scelte «archeologiche» di Luca Signorelli

A volte le storie degli artisti si incrociano, magari per soldi. Scrive Michelangelo da Firenze, nel maggio 1518, al «Capitano in custodia» di Cortona: «Send’io a Roma el primo anno di Papa Leone (Leone X Medici, siamo nel 1513, ndr) vi venne maestro Lucha da Cortona pictore e… mi disse che era venuto a parlare al Papa per avere no’ mi richordo che cosa e che era già stato per essergli tagliata la testa per amore della casa de’ Medici». Luca è a Roma ma non trova favore presso il nuovo Papa la cui famiglia, a Firenze, gli aveva commissionato opere. Prosegue Michelangelo: «E sopra questi ragionamenti mi chiese quaranta iuli e mostrommi dov’io gniene avevo a mandare, cioè in boctega d’uno che fa le scarpe, dov’io credo che lui si tornava». Dunque Michelangelo manda da un calzolaio, dove Luca sta, il denaro richiesto. Non basta: «Dipoi… passati alquanti giorni venne a chasa mia dal Macello de’ Chorvi, nella casa che tengo anchora oggi, e trovommi che lavoravo in su una figura di marmo ricta, alta quattro braccia, che à le mani drieto, e dolsesi mecho e richiesemi altri quaranta giuli… io andai in chamera e porta’gli quaranta giuli, presente un fante bolognese… preso decti denari s’andò chon Dio. Non l’ò ma’ poi rivisto».
La scena è a Roma, nella casa di Michelangelo: lui sta scolpendo lo schiavo del Louvre, una scultura di un paio di metri, le mani legate dietro la schiena, e dà altri denari, con testimone un «fante» bolognese. La storia andrà avanti fino alla restituzione del prestito il 9 marzo 1519.
Ma come si spiega questa generosità di Michelangelo nei confronti di un artista di una generazione precedente, bruciato dalle nuove scelte dei papi per Bramante, Raffaello e Michelangelo stesso? Lo spiega forse Giorgio Vasari molto dopo (1568) nella Vita di Signorelli che, nella cappella di San Brizio del Duomo di Orvieto (1499-1503), dipinge il Giudizio Universale ammirato da Michelangelo: «Onde io non mi meraviglio se in alcune cose del suo (di Michelangelo, ndr) divino giudizio che fece nella cappella (la Sistina, ndr), furono da lui (Signorelli, ndr) gentilmente tolte in parte dall’invenzioni di Luca».
Insomma quel pittore anziano, che non trova risposta da Leone X e torna a Cortona, doveva avere veramente interessato Michelangelo. Luca poi, a Roma, dal 1482 era tornato molte volte proprio per costruire un dialogo con l’antico che è il nodo critico della mostra che ora la città gli dedica (Luca Signorelli e Roma. Oblio e riscoperte, Musei Capitolini, fino al 3 novembre). A Roma Signorelli disegna le statue antiche, archi di trionfo, colonne coclidi, il Colosseo e, fra le rovine, sceglie proprio le statue identitarie della storia della città. Statue che aveva iniziato a tutelare papa Niccolò V (1447-1455), ma che sarà Sisto IV della Rovere (1471-1484) a far portare al Campidoglio, trasferendole dal Laterano: simboli della storia della Roma repubblicana, imperiale, comunale. Ecco dunque in Campidoglio le sculture, la grande statua frammentaria di Costantino, e bronzi come la Lupa Capitolina, un Ercole, lo Spinario, il Camillo.
In mostra le scelte «archeologiche» di Signorelli appaiono evidenti: così, nel Martirio di San Sebastiano di Città di Castello vediamo precise citazioni dall’antico: a sinistra un arco di trionfo a tre fornici, quasi come quello di Costantino, a destra un Colosseo ridotto a due livelli e poi un altro arco di trionfo, sotto armigeri e il santo dal nudo statuario. In mostra si segue, da un dipinto all’altro, una presenza importante: lo Spinario (scultura di giovane seduto mentre, con le gambe accavallate, si toglie una spina dalla pianta del piede) che sta al centro del Battesimo di Cristo di Arcevia (Ancona), e che torna, presenza improbabile anche per le grandi dimensioni, nella Madonna col Bambino della Pinacoteca di Monaco.
Insomma nei dipinti, ma anche negli affreschi di Orvieto, Signorelli vuole mostrarsi artista umanista. Certo, aveva copiato decine di statue romane, aveva disegnato nudi come nessuno prima e forse Michelangelo gli riconosceva questa esperienza, perciò gli presta il denaro. Ma in Vaticano Leone X Medici all’arte di Signorelli non è interessato. Un altro racconto, «augusteo», era stato creato da Raffaello nelle Stanze, e un altro, «ellenistico», aveva reinventato Michelangelo nella volta della Sistina. Luca, restituito il prestito, morirà nel 1523, in provincia.