Il Sole 24 Ore, 18 agosto 2019
Apologia della matematica greca
WIMBLEDONX
Chissà dove nacque Theano e chi fosse in realtà. Nel primo libro degli Stromata, opera ricca di notizie sul pensiero greco, Clemente Alessandrino – padre della Chiesa del II-III secolo – riferisce che Crotone le diede i natali. Soprattutto, nota, «fu la prima donna che fece filosofia». Altri confermano tale indicazione; tuttavia non sappiamo se fu moglie o figlia di Pitagora, o semplicemente un’allieva. Stobeo, dotto greco del V secolo della nostra era, parla di lei in quel florilegio chiamato Eclogae physicae et ethicae e riporta un frammento di una sua opera. Se dovessimo prestar fede al bizantino, Theano avrebbe sostenuto che i numeri, anteriori all’essere naturale e al divenire, sono i modelli delle cose del mondo concreto. Nelle parole della filosofa vicina a Pitagora, diventano equivalenti alle idee di Platone.
Ma, detto questo, è bene ricordare che un matematico greco vissuto ad Alessandria nel III-IV secolo della nostra era, Diofanto, di cui restano i primi sei libri di un’opera dal titolo Aritmetica, lascia una riflessione sul numero 1: lo considera l’elemento neutro della moltiplicazione, giacché non mutano le quantità che tentano con esso il prodotto. Tuttavia Diofanto, autore anche di un’opera sui Numeri poligonali, nel trattare le caratteristiche dell’unità (qualcuno già la scriveva con la maiuscola) e osservando nel I libro della sua Aritmetica che essa è «immutabile e sempre costante», ricorre al termine eidos per meglio configurarla. Già, eidos: potremmo tradurre «idea» ma anche – come faranno i latini – species, forma, essentia. Aggiungiamo che Platone – testimonia e conferma Aristotele nella Metafisica – nell’ultima fase del suo pensiero avrebbe considerato le idee come numeri e l’Unità come loro principio; in armonia con tali vedute, Euclide esporrà le sue concezioni aritmetiche negli Elementi (nei libri VII, VIII, IX). E ancora: Marziano Capella nel VII libro delle Nozze di Filologia e Mercurio (IV-V secolo della nostra era) identifica l’Unità con la monade, cioè con l’elemento primo matematico dell’universo, e associa i numeri a divinità. Per il vescovo neoplatonico Sinesio di Cirene, morto nel 413-14, Dio è «monade delle monadi».
Tale gioco di teorie e supposizioni, caro agli antichi pensatori, non ha fine: in esso si potrebbe coinvolgere Boezio con il suo De institutione arithmetica, o Archimede con le considerazioni sulla sfera e il cilindro, o Sereno di Antinopoli. Quest’ultimo, vissuto nel IV secolo dell’era volgare, dopo aver approfondito le opere sulle sezioni coniche di Apollonio di Perge, sarebbe giunto a elaborare i calcoli che renderanno possibile la realizzazione della cupola di Haghia Sophia a Costantinopoli. Certo, è un’ipotesi, ma tutto quanto è stato riportato va ritenuto tale.
Chi scrive è partito dal libro Mathematikos, testi di autori antichi riuniti e presentati da Antoine Houlou-Garcia per la collana divulgativa «Signets» de Les Belles Lettres. Ci si potrebbe divertire battendo altre piste, magari quelle dei numeri irrazionali, la cui “irregolarità” era segretata nelle conventicole pitagoriche. Oppure discutere sull’idea di perfezione che le opere geometriche tentarono di ghermire. O su altro. Che aggiungere? Osservò Karl Popper in La natura dei problemi filosofici e le loro radici nella scienza, una conferenza dell’aprile 1952: «La geometria di Euclide non era concepita come un esercizio di pura geometria, ma come un organon per una teoria del mondo. Da questo punto di vista gli Elementi non sono un trattato di geometria, bensì un tentativo di risolvere sistematicamente i principali problemi della cosmologia platonica».