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 2019  agosto 18 Domenica calendario

Ad Amatrice, a 3 anni dal sisma 50mila persone sono ancora senza casa

Quest’anno all’appello di agosto sono presenti in 150 tra giovani e meno giovani, residenti e proprietari di seconde case. Non erano molti di più quelli che si erano ritrovati nello stesso luogo 3 anni fa, una settimana prima del terremoto che avrebbe distrutto Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, le vite di 299 persone, i sogni di decine di migliaia di altre, le speranze di un’intera area dell’Appennino. 
I vicoli deserti e la yurta
È la vittoria di Configno, una delle 70 frazioni di Amatrice. Devastata come tutte le altre, un fantasma di case chiuse, mura spaccate, vicoli deserti, lo spettacolo diventato usuale in troppi borghi del cratere del sisma del 2016, ma con una differenza: il gran lavoro dei giovani accanto al paese distrutto. A Configno è nato un villaggio. Hanno ottenuto il permesso per un’associazione ad effettuare i lavori di urbanizzazione. Una fondazione svizzera ha messo a disposizione una parte dei fondi, altri benefattori e il comitato Ricostruiamo Configno hanno pensato al resto. Ora nella frazione ci sono 21 casette in legno, ognuna di 24 metri quadrati, perfette per continuare a ritrovarsi, e una stalla da usare come spazio comune. E le usano, eccome. Oggi nella frazione ci saranno un migliaio di persone arrivate per la 5° edizione della Festa dei Saperi e dei Sapori,24 ore dedicate alle tradizioni del borgo: poeti a braccio, zampogne, ciaramelle, canti e il ballo del salterello. Potrà sembrare un mondo lontano a chi vive altrove ma è il mondo per cui stanno lottando decine di migliaia di persone del Centro Italia, la riconquista della vita interrotta all’improvviso la notte del 24 agosto. A Configno ci stanno riuscendo ma la realtà del dopo-terremoto è diversa: è un cratere che, scossa dopo scossa, si estende per quasi 8 mila chilometri quadrati distribuiti in quattro regioni, ha coinvolto oltre 235mila persone e non è ancora capace di offrire un panorama diverso dalle macerie.
La scuola che non aprirà
E la gran parte dei centri colpiti sta cedendo a un lento ma costante abbandono. Stefano Petrucci dopo quasi tre anni da sindaco della Accumoli del dopo-sisma e dopo tre mesi da vicesindaco, ha visto tante passerelle e tagli di nastri ma anche troppi compaesani fare le valigie. L’ultima inaugurazione si è svolta il 25 luglio per la consegna della scuola primaria.
Solita atmosfera da grandi occasioni, parole delle istituzioni cariche di significato sull’importanza di dare un futuro al paese. Petrucci, pensandoci, sorride con amarezza: «È vero, la struttura ci è stata finalmente consegnata ma con due anni di ritardo e temo che rimarrà chiusa. Era stata finanziata a gennaio 2017 quando ancora il commissario era Vasco Errani. Avrebbe dovuto essere consegnata a settembre del 2017 per permetterci di avviare la vita scolastica regolare un anno dopo il terremoto». Un milione di euro, un progetto preparato in tempi record da 40 docenti della Sapienza di Roma, un’eccellenza in materia di biosostenibilità: è arrivata un mese fa, tutta in legno, nuova di zecca e inutile. «In questi anni – prosegue Petrucci – i 22 bambini della primaria del nostro paese si sono iscritti ad Amatrice e Arquata. Si sono creati gli amici lì: dopo quello che hanno vissuto perché i genitori dovrebbero rompere l’equilibrio faticosamente creato e riportarli qui?».
Una colata di cemento
Tra passerelle e ritardi un nuovo territorio si sta disegnando. Ci sono quasi 50 mila persone senza casa, la maggior parte hanno scelto il contributo di autonoma sistemazione (il 77%), 1364 persone sono ancora negli alberghi. In 8108 hanno scelto di abitare nelle Sae, le casette di emergenza dove stanno crescendo i figli e vedendo invecchiare i genitori, subendo disagi dai pavimenti ammuffiti ai boiler rotti frutto di lavori spesso superficiali e approssimativi. Sono i nuovi villaggi dell’Appennino, una ferita ulteriore in un territorio già provato, una colata di cemento nel cuore verde dell’Italia dove un tempo si incontravano solo borghi medievali, torri, vicoli lastricati. 
Mentre il cemento si fa strada, Arquata del Tronto ha perso circa la metà della popolazione, Amatrice 4 persone su 10. Come dare torto a chi va via? La ricostruzione non c’è ancora, proprio come non c’era lo scorso anno. Sono 2788 le domande presentate ad aver ottenuto il via libera ai lavori, più o meno una su tre rispetto a quelle presentate e il 3,5% rispetto al totale di chi ha subito danni. Dal 10 agosto 2017 al 25 giugno 2019 i fondi messi in circolo dalla Cassa Depositi e Prestiti per la ricostruzione privata sono 200 milioni di euro, un’inezia rispetto a un’operazione che secondo le stime della Protezione Civile si aggirerà in totale sui 22 miliardi. 
La macchina è ancora ferma 
Il problema resta lo stesso degli anni scorsi: la macchina è ferma, ad avere i requisiti per accedere alla ricostruzione sono ancora troppo pochi, meno di un proprietario di casa su dieci. Più o meno come un anno fa. Un governo è cambiato, nuove persone sono entrate in Parlamento promettendo procedure più rapide e minore burocrazia. Tutto inutile. È arrivato un nuovo commissario speciale per la ricostruzione, il terzo in tre anni. Si è aggiunta una nuova figura politica, un sottosegretario con delega alle aree del sisma nominato da palazzo Chigi. Le ordinanze che regolano le procedure per avviare le pratiche di ricostruzione sono ottantasei, una giungla di norme, una maledizione per i tecnici spesso costretti a ripetere daccapo l’intero iter allungando i tempi e complicando le procedure.
Aleandro Petrucci è sindaco di Arquata Del Tronto, 49 morti, un pezzo di paese che non potrà più essere ricostruito dov’era. «Il mio ruolo mi impone di essere ottimista, ma è sempre più difficile. Parliamo da tre anni con persone sempre diverse, spieghiamo i nostri problemi, nessuno ci ascolta. Nella migliore delle ipotesi viene accolta una proposta su 10 e viene inserita come se fosse una concessione in provvedimenti che non hanno niente a che vedere con il terremoto». 
Lo sblocca cantieri 
I problemi sono ancora tanti e lontani dall’essere risolti. Stefano Petrucci: «Dopo una lunga attesa il governo si è occupato di regolamentare nello sbloccacantieri le aree attrezzate per i proprietari delle seconde case. In realtà si è limitato a rinviare la materia a un’ordinanza commissariale che è stata emessa solo a maggio e non faceva altro che demandare agli uffici della ricostruzione il compito di una ricognizione da parte dei comuni di aree e numeri. Credo che i comuni abbiano provveduto in questi giorni ma ormai l’estate è quasi finita e ancora per un anno ci ritroviamo senza proprietari di seconde case che per noi sono uno dei principali motori dell’economia».
Antonio Fontanella guida il comune di Amatrice da tre mesi ma ha una lunga esperienza come primo cittadino in epoche e situazioni diverse. Gli errori dal suo punto di vista sono molti: «Il governo ha affrontato una situazione straordinaria con una legislazione ordinaria, rallentando e vanificando la ricostruzione. I comuni possono assumere personale ma con contratti a tempo determinato non oltre i 36 mesi come stabilisce il decreto dignità». 
Quindi, prosegue, «abbiamo persone che vengono formate ma lasciano l’incarico alla scadenza perché costrette dalla legge, o anche prima perché sono professionisti che trovano altre opportunità». In questo momento «in organico manca un terzo delle persone di cui avremmo bisogno». Mancano i tecnici ma anche i segretari comunali per effetto dei tagli decisi per i piccoli comuni. Un’ulteriore difficoltà è la scelta di luoghi dove delocalizzare per il conflitto creato dalle norme previste dalla legge Galasso in fatto di distanza dai torrenti o dalla viabilità. L’ufficio tecnico ha poi problemi a dare il parere di conformità urbanistica perché «non sempre in passato sono stati approvati i piani presentati e molte frazioni non risultano paesaggi urbani». 
Il vero timore in questi giorni per i comuni del terremoto del 2016, però, è soprattutto un altro: «Dover perdere ancora tempo con nuove elezioni, l’ennesimo governo e ricominciare da capo a spiegare senza essere ascoltati», spiegano i sindaci. Tutti. Senza distinzioni di colore politico. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI