la Repubblica, 18 agosto 2019
Salvini, costretto da Conte, fa scendere dalla Open arms i minori
Per calcolo politico o per pressing della magistratura, il Salvini che venerdì aveva giurato «finché sarò io ministro, dalla Open Arms non scende nessuno», ieri ha ceduto alla nuova richiesta del presidente del Consiglio, arrivata venerdì sera con una seconda lettera dopo quella di Ferragosto: «Autorizzo mio malgrado lo sbarco dei minori, ma è una responsabilità esclusiva del premier ed è un precedente pericoloso». Per tutto il pomeriggio ha masticato amaro, salvo prendersi una mezza rivincita polemica annunciando che otto dei 27 ragazzi scesi a terra in base all’elenco dato dalla Open Arms al tribunale dei minori, una volta arrivati all’hotspot, si sarebbero invece dichiarati maggiorenni. «Dopo i malati immaginari, ecco i minorenni immaginari! Mentre altri cedono, io non cambio idea».
Conte non replica, ma anche il caso minori diventerà oggetto dell’inchiesta della procura di Agrigento per sequestro di persona e abuso d’ufficio che procede a tappe forzate e che promette imminenti sviluppi. Ieri, il procuratore aggiunto Salvatore Vella ha mandato lo Sco della polizia al Viminale e alla Guardia costiera di Roma ad acquisire la documentazione necessaria per ricostruire la catena di comando che ha impedito l’approdo della Open Arms, lasciando di fatto ineseguita l’ordinanza del Tar del Lazio che aveva sospeso per la nave il divieto d’ingresso in acque italiane, in considerazione della situazione di eccezionale gravità a bordo. Che ieri è ancora degenerata, fino alla dichiarazione dello “stato di necessità”. «La Open Arms è una bomba ad orologeria, se non si disinnesca la miccia prima o poi esploderà», le parole del comandante Marc Reig, seguite da quelle del fondatore Oscar Camps: «Non siamo più in grado di garantire la sicurezza delle persone a bordo».
Una dichiarazione che, all’esito dell’ispezione condotta ieri a bordo fino a sera dalla squadra mobile di Agrigento e dagli ufficiali della sanità marittima, potrebbe portare i pm a valutare il sequestro della nave e il conseguente sbarco dei 107 migranti ancora a bordo. Perché il quadro che ne è venuto fuori è drammatico.
Ma al momento la partita si gioca ancora tutta in politica. Da un lato con l’Europa (Conte nella sua lettera ha ribadito la disponibilità di sei Paesi ad accogliere i migranti), ma soprattutto all’interno del governo.
Nella lettera di risposta a Conte, Salvini accolla al premier tutta la responsabilità di una decisione ( quella di far sbarcare i minori) che subisce, ma da cui si dissocia. Perché «i principi giuridici destinati a regolare i ruoli degli Stati nel governo del fenomeno delle migrazioni sono dagli altri Paesi invocati a parole e disapplicati nella pratica».
Costretto ieri a fare un passo indietro davanti alla scelta di Conte che definisce «emozionale e non giuridica», Salvini ricorda al premier che conta ancora sul ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar «per evitare che la tua decisione per il caso Open Arms costituisca un pericoloso precedente per tutti coloro che potranno ritenere normale individuare il nostro Paese come unico responsabile dell’accoglienza di tutti i minori non accompagnati (o presunti tali) presi a bordo in qualsiasi angolo del Mediterraneo».
Parla, Salvini, sapendo bene che dietro l’angolo c’è la Ocean Viking, con 356 persone a bordo. Anche a loro sono rivolte le parole di Papa Francesco: «Pensiamo alle migliaia di individui che fuggono da guerre e povertà: prima che numeri, sono volti, persone, nomi e storie».
La giornata si chiude con un déjà vu: una motovedetta della Finanza porta a Lampedusa 57 migranti intercettati a poche miglia. I 107 della Open Arms, alla loro diciottesima notte, li guardano arrivare a terra.