il Fatto Quotidiano, 17 agosto 2019
L’Italia vista da Jeffrey Sachs
Non solo un governo targato Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, ma anche un governo che sia progressista e pro-Europa: l’Italia, secondo Jeffrey Sachs (uno dei maggiori economisti statunitensi direttore del Centro per lo Sviluppo sostenibile del The Earth Institute alla Columbia University, ed esperto di crescita economica, salute pubblica, finanza e lotta alla povertà), non può permettersi una crisi di governo ora, né le elezioni, tanto meno un altro esecutivo con la Lega.
“Sta nascendo una nuova Commissione Europea, si stanno mettendo le basi per le politiche economiche comunitarie dei prossimi dieci anni e l’Italia deve esserci – spiega -. Ho sempre creduto che l’Italia abbia bisogno di un governo progressista e pro-Europa: progressista perché colmerebbe gli attuali bisogni politici dell’Italia e credo sia la scelta migliore per guardare avanti. E pro-Europa perché l’Italia dovrebbe essere una guida nell’Unione Europea in questo momento. Deve sedersi al tavolo di fronte a Francia e Germania, essere leader nell’Unione, prendere decisioni su energia, affari internazionali, politica estera, soprattutto sulla Cina”.
Professor Sachs, non è già così?
A causa della natura del governo nel suo assetto attuale, che è percepito come populista, nazionalista e antieuropeo, l’Italia non è un leader nel processo decisionale europeo ma è vista come una ‘brontolona’ e questa è una vera sfortuna. Potrebbe essere davvero un riferimento, uno dei più costruttivi. Questo, inoltre, è un momento fondamentale nella Ue perché c’è da comporre una nuova Commissione europea e ci sono le maggiori decisioni da prendere. Vorrei vedere una Italia che trascini gli altri in questo, non che sia in seconda o in ultima fila.
Come crede che possa accadere?
È un mio personale punto di vista, ma la situazione corrente è molto complicata: spero che il M5s e il Pd possano trovare un accordo di coalizione nonostante i personalismi di alcuni politici. Sarebbe una unione naturale. I due movimenti politici avevano già potenzialmente tanti punti in comune, li hanno ancora, avrebbero potuto trovare un compromesso anche in origine. Invece il Movimento 5 Stelle si è unito alla Lega e ha creato questo governo antieuropeo e populista, un governo che dal mio punto di vista non calza bene al Movimento e che non ha fatto e non sta facendo bene all’Italia in sé, né all’Italia in Europa, tanto meno all’Italia nel Mondo. Essere considerati degli estremi antagonisti non aiuta ad avere voce in capitolo e soprattutto di peso in Ue.
Quale potrebbe essere quindi il passo successivo da compiere?
Movimento 5 Stelle e Partito democratico dovrebbero dire molto semplicemente alla Lega: “Questo non è il momento giusto per la crisi di governo: abbiamo bisogno di un budget, di una programmazione economica, di una politica europea che sia più attenta ai bisogni politici del Paese in queste circostanze”. E c’è un’altra cosa.
Quale?
L’Unione Europea ha bisogno di coesione, ha questioni importanti da fronteggiare, da Trump ai rapporti con la Cina. Deve affrontare forze che al momento non sono per nulla amichevoli. Per questo, tutti i Paesi dovranno collaborare e cooperare. L’Italia, ad esempio, con la firma del memorandum con la Cina ha fatto una mossa corretta, molto intelligente. E ora, avere una coalizione progressista tra M5s e Pd, credo possa servirle per portare lo stesso tipo di idee mature a livello europeo, anche sui rapporti tra Europa e Cina, che sono fondamentali ma molto complicati al momento. La nuova Commissione, per dire, dovrebbe negoziare con la Cina nell’ottica di una strategia di investimenti euro-asiatici, prendere l’iniziativa del memorandum italiano e combinarlo con i piani di investimento dell’Ue. In pratica, mettere i due pezzi insieme, creare un programma di investimenti sostenibile che guardi a tutta l’Asia. Far sì che quello che ha fatto l’Italia sia solo il primo pezzo di un puzzle più ampio.
Che vantaggi ne trarrebbero l’Europa e l’Italia?
In questo momento è necessario che ci siano rapporti costruttivi e collaborativi da parte di tutti per far in modo che gli investimenti crescano, per incrementare la conoscenza, le tecnologie sostenibili, le infrastrutture, come dicevo, soprattutto guardando all’Asia. Su questo dovrebbe puntare il programma politico di quello che auspico sia il prossimo governo, diventando anche esempio per gli altri. Si creerebbe nuovo lavoro per l’Italia, per l’Europa e contribuirebbe alla trasformazione tecnologica. È ciò che serve a un Paese impegnato in un programma di crescita.
Pensa, insomma, che possa esserci un governo completamente europeista…
Sostenere la von der Leyen è fondamentale e l’idea che l’Europa spinga l’austerity non è corretta. L’Europa, in questo momento, dovrà impostare le strategie economiche per i prossimi dieci anni e per questo l’Italia dovrà essere presente con un governo di centrosinistra per discutere ciò che andrà fatto, magari con la Spagna di Pedro Sánchez come spalla e alleata. L’Italia non è solo un osservatore, è una delle tre economie leader in Ue e quindi deve essere ai tavoli decisionali. Ma se la sua voce non sarà lì, è un problema. Non è il tempo giusto per una crisi politica, è tempo di essere leader.