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 2019  agosto 17 Sabato calendario

La faccia seria di Borat

Borat all’improvviso si fa serio. L’istrionico e camaleontico comico e provocatore inglese Sacha Baron Cohen abbandona i personaggi e interpreta un personaggio vero: l’agente del Mossad Eli Cohen, considerato la spia più importante di Israele nei caotici anni Sessanta, figura leggendaria nel suo Paese. La miniserie di spionaggio The Spy, scritta e diretta da Gideon Raff ( Homeland, sarà in streaming su Netflix dal 6 settembre.
È il primo ruolo davvero drammatico di Cohen, 47 anni, che si era fatto conoscere prima col varietà televisivo The Ali G Show, in cui era un inetto intervistatore molto british convinto di essere un gangster, poi celebre per i suoi film Borat (con cui ha vinto un Golden Globe), Brüno, Il dittatore. È tornato nel 2018 in tv con la serie provocatoria Who Is America?.
Nei sei episodi di The Spy vediamo Eli Cohen infiltrare il governo siriano nei panni di un miliardario che gli consente di guadagnarsi un livello di fiducia totale da parte dei siriani e scoprire così i loro piani contro Israele. Cohen (la spia) venne scoperto nel 1965 e impiccato pubblicamente. «Sono cresciuto sentendo la storia raccontata da mio padre», ci spiega il sempre sorridente Baron Cohen in un incontro che a tratti diventa una stand up comedy. «Quando mi è arrivato ho letto il copione tutto di un fiato. Il mito di questo uomo, che era un uomo normale, un contabile in un supermercato che diventa la spia più famosa della storia, un uomo tranquillo che riceve l’offerta di diventare vice ministro della difesa, è davvero interessante».
Non che Baron Cohen si sia tirato indietro da ruoli anche drammatici in passato, ma sempre con un tocco tragicomico: «Confesso che nel corso degli anni ho cercato di non lavorare molto, ma ho fatto ruoli in film come Hugo Cabret di Martin Scorsese o in Sweeney Todd che hanno toni comici ma con risvolti drammatici», dice. «Non distinguo fra ruoli comici o drammatici come attore: se c’è un personaggio che sento di dover recitare lo faccio. All’università i ruoli in cui mi specializzavo erano tragicomici, come Cyrano de Bergerac, mi piacciono questi personaggi leggeri e divertenti che finiscono in tragedie». La commedia, confessa, è stata soprattutto il suo grande sfogo: «Quando Trump è stato eletto molti hanno iniziato a lamentarsi. Io per sopravvivere ho scelto di interpretare diversi personaggi comici. Tiro fuori frustrazione e rabbia nella commedia. Questo progetto è diverso perché è una storia d’amore, per il paese e per la famiglia. C’è una scena in cui Eli è costretto a sparare a un uomo qualsiasi, e mentre cercavo di prepararmi sul set ho immaginato cosa volesse dire e ho cominciato a piangere: è stata una sensazione strana. E Gideon mi diceva “Lasciati andare, non aver paura, non fare il comico che ha paura di essere vulnerabile"».
Gli anni raccontati da The Spy sono stati particolarmente importanti per la storia moderna: «Ha cambiato le sorti dell’Europa e del Medioriente», continua. «Quello che è successo allora ha portato alla più grossa crisi di rifugiati siriani – un problema cui ora sono assai appassionato dalla Seconda guerra mondiale; una crisi che ha portato all’Isis e all’espansione del terrore in Europa e che ha contribuito in gran parte alla crescita dei partiti nazionalisti e razzisti in Europa, soprattutto in Italia, Austria. E forse anche nella decisione di Brexit».