la Repubblica, 17 agosto 2019
Salvini ha sbagliato i tempi
Dietro la formula «tutto è ancora possibile» che filtra in serata dal quartier generale della Lega si cela una delle più clamorose inversioni a “U” che il leader Matteo Salvini possa compiere. In fondo, col congelamento di fatto della mozione di sfiducia al premier Conte presentata dal partito, ma della quale i capigruppo non chiederanno l’inserimento in calendario – si materializza l’ennesimo colpo di teatro del capo leghista. La pistola viene ritirata dal tavolo. Per quale motivo? Se il presidente del Consiglio si andrà a dimettere dopo le dichiarazioni in aula del 20 – questa la tesi – sarà lui e il M5S ad assumersi la responsabilità della crisi e del successivo «inciucio». Ecco spiegato dunque perché i ministri della Lega restano saldamente al loro posto. Il vicepremier in testa, che adesso attende le mosse di Di Maio.
Il fatto è che il ministro dell’Interno si è accorto di aver sbagliato i tempi e i modi del suo azzardo politico. Sta crescendo la paura di aver portato i suoi fuori strada. Salvini ha capito cioè che gli ex alleati hanno davvero avviato e spinto avanti le trattative con il Partito democratico per la nascita di un governo di scopo o istituzionale o come vorranno chiamarlo. «Non si può morire renziani e non posso credere che Luigi voglia farlo», è quel che il capo ha ripetuto ai pochi dirigenti leghisti dai quali si è fatto rintracciare durante la giornata di relax ritagliata con la fidanzata Francesca Verdini nella tenuta di famiglia nella campagna toscana. Petto nudo, grappolo d’uva in mano, crocifisso in legno in bella vista, eccolo in uno dei post Instagram di giornata, prima del successivo sul Palio dell’Assunta a Siena. Nessun contatto con l’altro vicepremier: anche lui fuori, ma al mare. Tra i due, solo un botta e risposta via Twitter che in teoria conferma le distanze. Soprattutto la scarsa voglia dei 5 stelle di tornare indietro.
Nella Lega invece no, i ripensamenti si moltiplicano. Soprattutto dopo la sortita a sorpresa di Castel Volturno del 15 agosto, quando il ministro dell’Interno dopo aver presieduto il comitato per l’ordine e la sicurezza ha risposto così a chi gli chiedeva se fosse davvero finita con Di Maio e i suoi: «Vedremo, ogni giorno ha la sua pena, il mio telefono è sempre acceso. Io faccio quel che serve al mio Paese e non quello che conviene a me». Mentre nelle stesse ore fonti del partito facevano sapere che Salvini non aveva mai detto a Conte di voler capitalizzare il consenso. Fino al tweet di ieri con cui il leghista ha risposto a Di Maio che lo accusava di non volere davvero il taglio dei parlamentari: «A differenza del Pd, la Lega ha già votato e voterà ancora per il taglio. Bene il risparmio di mezzo miliardo di euro per gli italiani». «Voterà», così, come se non avesse aperto una crisi l’8 agosto, come se non avesse presentato una mozione di sfiducia al premier.
Nasce da questi accenni di retromarcia la ridda di ipotesi sulle riaperture della Lega. A un Conte bis, per esempio, con “rimpastone” dei ministri annesso. Non solo i soliti nomi di Trenta, Toninelli e C osta, ma anche il responsabile dell’Economia Tria. Da rimpiazzare magari con Giancarlo Giorgetti, che Salvini del resto ha definito la settimana scorsa il suo ministro ideale per via XX Settembre. Se è per questo, è rimbalzata per tutto il giorno anche l’ipotesi di una premiership Di Maio, con il trasferimento di Giuseppe Conte alla prestigiosa poltrona di commissario europeo. Eventualità quella del capo del Movimento a Palazzo Chigi – che i leghisti di prima linea per il momento ritengono assai improbabile. Altri pensano che potrebbe guidare proprio lui quel “gabinetto” pre-elettorale ipotizzato da Giorgetti nell’intervista a Repubblica del 15 agosto. Per approvare la manovra, scongiurare l’aumento dell’Iva e mettere a punto altre due o tre cose necessarie prima di tornare al voto nel 2020.
Ma nessuno ormai esclude più nulla, da quelle parti. Anche perché nessuno comprende più quali siano le reali intenzioni del leader. Che farà, per esempio, se martedì il premier porrà la fiducia sulle proprie dichiarazioni, giusto per stanarlo? La Lega la voterà o no? E se andrà avanti col governo giallo-verde, a quali condizioni lo farà? Va detto che c’è tutta un’ala della Lega, che include anche il numero due Giorgetti, che – pur non condividendone i tempi – pretende a questo punto che il capo porti alle estreme conseguenze lo strappo consumato. Sfiducia e, se necessario, opposizione. I timori di Salvini in queste ore raccontano tutt’altro però. E dalla prossima settimana «tutto è possibile».