il Fatto Quotidiano, 15 agosto 2019
Jules Michelet torna in libreria
WIMBLEDONX
Sepolto e obliato ormai anche in patria, il nome dello scrittore francese Jules Michelet (1798- 1874) rischia di dire poco al lettore estivo, preso com’è a scegliere il giallo da mettere nella borsa della villeggiatura ferragostana. Basti dire che, di lui – in un bellissimo testo dal titolo Michelet par lui-même, che nessun editore ha oggi l’ardire di ripubblicare – Roland Barthes, che ha il potere di legittimare qualsiasi cosa tocchi, ha scritto “Michelet bruca la storia, la percorre e la inghiotte”. E se si parla di Storia, e a ragione, è perché il caro Jules è soprattutto l’autore di due opere fondamentali (e lunghissime): Storia della Francia (diciannove volumi) e Storia della rivoluzione francese (sette volumi), le cui ricostruzioni liberali gli valsero la sospensione, in epoca napoleonica, dei suoi corsi al Collège de France, a cagione dello sguardo rivoluzionario rivolto alle questioni nazionali.
Prolifico narratore delle mitologie che caratterizzano il quotidiano, Michelet è colui che ha dato avvio a un’etnologia della Francia attraverso l’interrogazione degli oggetti ritenuti più naturali quali il cibo, i visi o i vestiti. Per realizzare le sue opere più importanti e auscultare da vicino il polso degli svariati oggetti del suo studio, viaggiò in lungo e in largo per tutta la nazione, applicando la sua bibliofilia anche all’osservazione della natura. Dall’innamoramento per quest’ultima, nasce un parallelo filone della sua produzione, consacrato alla storia naturale. Ne fanno parte, L’insecte, L’Oiseau, La Montagne e Il mare, quest’ultimo riproposto oggi dall’editore Elliot (traduzione di Valerio Auresi, pp. 240, euro 20), che inizia in medias res, così: “Un coraggioso marinaio olandese, calmo e freddo osservatore, una vita trascorsa sul mare, ammette francamente che la prima sensazione che questo ci trasmette è la paura”.
Scritto nel 1861, in pieno fervore romantico, l’autore trasmette subito ciò che eccita la sua immaginazione: il senso dell’infinito di fronte all’immensità del mare e insieme la paura dell’uomo impotente nella sua piccolezza al cospetto della vastità distruttrice marina.
E di eccitamento, Jules, se ne intende. Nel suo Journal annota che l’idea di come iniziare il libro gli è venuta una sera proprio alla fine di un amplesso con la sua seconda moglie (di molto più giovane), Athénaïs che lo segue o lo aiuta nelle ricerche, ancora fresco di orgasmo. Dal 1851 al 1860 i coniugi soggiornano in diverse località per osservare e compilare annotazioni per il libro.
Considerato un classico della letteratura e un testo di riferimento, il libro restituisce uno sguardo multiplo sul soggetto marino e gioca come uno zoom (ma prima che lo zoom sia inventato) ad avvicinare il lettore di volta in volta, o meglio di capitolo in capitolo, al mare. Si procede da osservazioni di tipo oceanografico e fisico nelle prime due parti – Uno sguardo sui mari e La genesi del mare – sulle spiagge, le falesie, le tempeste, la vita delle balene, che definisce “tenere madri”. Per poi addivenire a una lettura antropologica e culturale del mare nelle restanti due parti: Conquista del mare, La rinascita attraverso il mare, in cui Michelet avviticchia alle leggende delle sirene e dei fondali marini il senso della curiosità umana.
Ciò approssima il mare quale elemento familiare poiché riesce all’autore pagina dopo pagina, storia dopo storia, di raccontare un innamoramento per la distesa marina che aureola a “amica, madre e nutrimento per gli esseri umani”.
Una filosofia del mare, dunque, che insegna a non limitarci a guardarlo da riva, ma spinge a tuffarci e ascoltarlo dato che “L’Oceano parla. L’Oceano è una voce. Parla agli astri lontani, risponde ai suoi movimenti nella sua lingua grave e solenne.” scrive sul finale Michelet, che conclude riposizionando al centro della sua lirica ed emozionata divagazione sul mare e la sua natura, l’uomo, a cui il mare soprattutto si rivolge.
Cosa gli dice? È Michelet a rispondere: “Il mare dice la vita… dice l’immortalità… dice la solidarietà…”.