Libero, 15 agosto 2019
Le persone sono buone
Nessuno lo sospettava e qualcuno probabilmente non ci crederà, ma gli oltre sette miliardi di persone che popolano il nostro pianeta, sono potenzialmente dei possibili protagonisti di qualche fiaba uscita dalla testa di quel genio dell’animazione di Walt Disney. Cancellate quindi i pensieri negativi sul futuro della Terra, sugli scenari pessimistici sul genere umano sempre più arrabbiato, isolato dal resto del mondo e campione di egoismo: persone che alla parola altruismo metterebbero (si fa per dire) la mano alla pistola. Uno studio di un gruppo di professori universitari inglese, pubblicato dalla rivista American Psychologist, rivela che, nelle avversità e nel pericolo altrui, non siamo tutti figli di mamma ignota... ma del buon Disney, quindi potenzialmente delle brave persone. L’articolo si basa su uno studio lungo tre anni sui comportamenti in circostanze di emergenza di persone comuni. Utilizzando un set di video proveniente dal Regno Unito, dai Paesi Bassi e dal Sudafrica, mostrano che in nove casi su dieci, almeno una persona, farà sempre qualcosa per aiutare chi è in grave o grossa difficoltà. Nessuna sostanziale differenza di intervento tra cittadini dei tre stati citati nello studio. Anzi anche in contesti notevolmente diversi tra loro per i livelli di sicurezza pubblica, le dinamiche sono le stesse. Che sia un quartiere residenziale, o una abbandonata periferia. ribaltamento Una sorta di clamoroso ribaltamento del pensiero comune sul cinismo, sull’indifferenza e sull’apatia che colpirebbe la nostra società. Una teoria che mette fine alle lugubri e a volte anche po’ noiose lezioni di sociologi, intellettuali e anche giornalisti, ogni qualvolta vengono commessi reati come l’omissione di soccorso stradale o, quando, altri fatti di cronaca hanno per protagonista l’assenza totale di altruismo. Insomma siamo più buoni di quello che crediamo. E, dicono sempre i professori universitari (Richard Liebst, Lasse Suonperä, Levine, Mark,Bernasco, Wim,Lindegaard, Marie Rosenkrantz), ci fanno anche credere di essere persone negative. Colpa di quello che ci viene raccontato e del messaggio che spesso passa. Si chiama psicologia positiva ed è proprio su questo tipo di pensiero che si basa l’architrave dello studio pubblicato. Un’idea che afferma che bisogna lavorare sulla prevenzione e sulla convinzione che sia preferibile rinforzare le qualità che le persone possiedono, piuttosto che intervenire per riparare i danni fatti. Teoria più bella da leggere che da applicare. Che si avvicina alla cultura inglese e americana del self made man o del “se ci credi, lo ottieni”. Lontana, invece, probabilmente dalle abitudini italiane legate al disincanto e a un pizzico di cinismo. mondo accademico Ma lo studio inglese va anche oltre e offre altri dati e considerazioni interessanti. L’articolo fa a pezzi mezzo secolo di ricerche scientifiche sul comportamento degli individui che hanno meno probabilità di intervenire durante un’emergenza quando sono in presenza di altre persone, rispetto a quando sono soli. È sempre così nel mondo accademico: ci sono studi che smentiscono riflessioni e dati scientifici pubblicati prima. Come per esempio dire, come fa l’articolo di American Psychologist, che una maggiore presenza di cittadini è legata a una maggiore probabilità che qualcuno intervenga. Non è così, non c’è alcuna differenza, certifica il nuovo lavoro scientifico. Ovviamente, a questo punto, tutti parteggiano per quest’ultima teoria britannica, perché l’interesse non è soltanto accademico, ma anche egoistico per una curiosa e strana legge del contrappasso. Insomma oltre a scoprire di essere soltanto dei solitari cinici, questa notizia ci fa scoprire che essere ottimisti fa bene. L’altruismo così non è qualcosa legato al mondo delle favole o dei film che fanno piangere. Vive e lotta insieme a noi. Sperando però che non sia come diceva John Steinbeck: «Non c’è al mondo persona più pericolosa di quella che vuol far del bene».