la Repubblica, 15 agosto 2019
Napoleone raccontato dal biografo Patrice Gueniffey a 250 anni dalla nascita
ell’atrio della Fondation Napoléon, al 7 di rue Geoffroy Saint-Hilaire, nel quartiere latino, fa bella mostra di sé il manifesto che invita a donare fondi per il restauro della tomba di Napoleone a Les Invalides. La raccolta potrebbe andare meglio. Certo, l’incendio di Notre-Dame non ha favorito, dirottando la generosità internazionale sul restauro della cattedrale di Parigi. Ma gli appassionati dell’imperatore dei francesi non disperano di raggiungere il loro obiettivo entro il maggio 2021, bicentenario della morte. I 250 anni dalla nascita, invece, stanno passando relativamente inosservati. Cadono oggi. Ci saranno cerimonie ad Ajaccio e una messa nella basilica des Invalides. Sembra che di Napoleone sia più facile celebrare la morte della nascita. Come per i santi. Patrice Gueniffey sorride. Sta scrivendo il secondo volume della sua ponderosa biografia di Bonaparte. «Effettivamente per qualcuno è considerato come un santo». Ma non per tutti? «In Francia Napoleone è spesso stato al centro di polemiche. Come si dice oggi un personaggio divisivo».
Celebrare Napoleone crea imbarazzo?
«Hacreato imbarazzo nel corsodel tempo.Non tutti ifrancesi lo amano.
De Gaulleaveva previsto grandi festeggiamenti per il bicentenario, nel 1969.Ma morìprimaeil suo successore,Pompidou,chenonamava moltoNapoleone,ridimensionò il programma».
Per questo le celebrazioni di questi giorni saranno in sordina?
«Le principali celebrazioni saranno organizzate per il bicentenario della morte,nel 2021. In questi mesi siamo intasati di ricorrenze. Solo nel 2020 ci sarannotre diverse celebrazioni che riguardano De Gaulle:i 130 anni dalla nascita, gli 80 anni del discorso ai francesidel 18 giugno1940 e i50 anni dallamorte».
Solo un problema logistico?
«No,non solo. Nel2004, in occasione del bicentenario della proclamazione dell’Impero, cifurono aspre polemiche sulfatto che Napoleone avesse incoraggiato la schiavitù che ristabilì effettivamente nel 1802 nei territori delle colonie.C’è un certo timoread organizzare grandi celebrazioni per Bonaparte.Nel 2005nonci furono celebrazioniper il bicentenario di Austerliz. Etanto meno nel 2015per Waterloo».
Perché Napoleone è divisivo e De Gaulle no?
«DeGaulle è meno divisivo. Ma siporta addossole sue polemiche anchelui.
EraunanimementeammiratoilDe Gaulleche organizzavala Resistenza da Radio Londra.È ancora divisivo, invece, il De Gaulle della guerra d’Algeria».
Che cosa rimproverano i critici a Napoleone?
«Napoleonehamesso fineallaguerra civile che era seguita alla Rivoluzione, malo ha fattodiminuendoi gradidi libertà della società. Ha tradito uno degli ideali della Rivoluzione. Ha lasciato la Francia più piccola di come l’avevatrovata, l’ha impegnata in una guerra perpetuache è costata ai soli francesiun milioneemezzo di morti (e agli altri europei circa tre milioni). Ha lasciato dietro di sé una società in cui le donnenonavevanoungranderuolo.
Questa idea patriarcale l’aveva ereditata, per la verità, dai rivoluzionari.
Robespierrediceva: “Il ruolo della donnedeveesserequello della madre dei Gracchi”. Cioè allevare figli perché diventassero dei bravi soldati. Non molto, va detto».
Quali aspetti invece ne sorreggono il mito?
«Principalmente il fatto di essere riuscito, partendo da una piccola città isolata in Corsica, a diventare imperatoredeifrancesi. Un uomoche si è fatto da sé, come si dice oggi. E questo lo rende affascinante per tutti, nonsolo per i francesi. Cisono casi di grandissimaammirazione, quasidi feticismo, in molte parti del mondo.
Recentementesi sono diffusi club napoleonicia Tokyo».
L’idea che qualcuno prenda il potere partendo dal nulla è sempre stata affascinante. Napoleone era un populista?
«Populista, se vogliamo definirla così, era la Rivoluzione. E la biografia stessa diNapoleone incarnava unaparte degli ideali rivoluzionari. La Rivoluzione fu l’occasione per rinnovare direi radicalmente il gruppo dirigente della società francese.
Aprendoil sistema sociale, facendo prevalere il merito sull’immobilismo dell’AncienRégime.Ma Napoleone nonfu populistaquando repressela libertà,imponendo un nuovoregime proprio per limitare i danni di una guerra civilepermanente che il populismoaveva generato».
Uno dei motivi del successo è quello di essere stato un uomo politico forte. Non è attuale questo?
«Èvero, in molti paesi d’Europaoggi si cerca l’uomo forte,l’uomo della Provvidenza.In Francia c’è Macron, in InghilterraJohnson, in Ungheria Orbán,da voi Salvini. Masono classi dirigenti deboli, formatedapersone chesi sonoformateinunlungo periododi pace,non in guerra.Chenonhanno dovuto affrontare i sacrifici delle generazioni precedenti, chenonhannounprogettoideale da proporre.Oggi la ricerca dell’uomo forte testimonia soprattutto della sfiducia delle popolazioni nei confronti dei meccanismidella democrazia rappresentativa. E nei confronti di un’Europache siimmagina dipoter essere uno Statosovranazionale senza sovranitàe senzaun progetto ideale in grado di coinvolgere i suoi popoli.
Napoleoneediciamo moltipersonaggi dopo dilui, fino a De Gaulle,non erano questo. Avevano un’idea diprogresso, unprogetto da proporreper il futuro.
Nonamavano la decrescitae il catastrofismo».
Napoleone aveva un’idea dell’Europa o pensava solo ad allargare i confini della Francia?
«La principalepreoccupazione di Napoleonenonera l’Europae nemmenola Francia.Lui si preoccupava soprattutto della gloria.
Pensava che la Francia della Rivoluzionepotesse essere lo scenario idealeper realizzare la sua ambizione. Diceva che vivere senza gloria è un po’ comemoriregiornoper giorno».