la Repubblica, 15 agosto 2019
Intervista a Matteo Renzi
Matteo Renzi, Salvini è ancora vicepremier, il governo è in carica, il ministro Marco Centinaio fa capire che si può tornare indietro. Si è dato tanto da fare per un megarimpasto?
«La crisi più pazza del mondo può risolversi anche in farsa. Ma questa settimana ha cambiato in modo definitivo la percezione di Salvini: era invincibile, adesso è debole e solo. Il Senato gli ha dato una lezione».
Grazie all’istinto di conservazione di chi non vuole lasciare il Parlamento?
«C’è anche quello, sarebbe ipocrita negarlo. Ma non è il punto decisivo.
Siamo immersi in un mondo di populismo: se anche noi inseguiamo la demagogia abbiamo già perso. Il voto immediato non è un obbligo costituzionale, è una pretesa di Salvini. Gli serve per avere mani libere con l’estrema destra, eleggersi un presidente della Repubblica sovranista, portare l’Italia fuori dall’euro. Perché dargliela vinta? Ieri al Senato ci siamo messi insieme vincendo le diffidenze reciproche. Istituzioni 1 – Papeete 0»
Era solo il primo tempo. Come fa ad andare avanti con chi fino a pochi giorni fa definiva il Pd il partito di Bibbiano? Con persone a cui anche voi del Pd, in particolare voi renziani, non avete risparmiato nulla?
«Provo disgusto per come sono stato trattato da molti grillini. Hanno insultato me, mia moglie, la mia famiglia. Qualcuno ha fatto il gesto delle manette ai miei genitori: un barbaro, incivile. Ma la politica non si fa con il risentimento personale. Se una cosa serve al Paese, si fa. Anche se dentro il cuore hai una tempesta di rabbia. Se dovessi pensare prima a me stesso, farei un’intervista per dire che questi hanno fallito come avevamo previsto».
Non è quello che vuole dimostrare?
«Non mi interessa avere ragione, ma dare una prospettiva all’Italia. Puoi sopportare un insulto, ma non puoi sopportare una recessione causata dalla stupidità e dalla cialtroneria. Se si va a votare quando lo dice “capitan Fracassa” Salvini, non evitiamo l’innalzamento dell’Iva e arriva la recessione. Se il Pd va al 25% tutti diremo: che bel risultato. Ma il Pd al 25% significa opposizione. E aumenta l’Iva».
Quale quadro straordinario può permettere quello che fino a poco tempo fa le appariva contronatura?
Le ricordo l’hashtag #senzadime.
«Parlo da ex premier: Usa e Cina litigano sui dazi. La locomotiva tedesca si è fermata, il pil della Germania è a -0,1. I sovranisti miopi grideranno: evviva! Un uomo delle istituzioni dice: qui rischiamo la recessione. La botta sui consumi di un’Iva al 25 per cento non sono solo i 700 euro all’anno che rischia di perdere ogni famiglia, ma il sentimento di sfiducia che si creerà.
Se si va a votare a ottobre, chiunque vinca, è recessione. Una persona civile prima mette in sicurezza il Paese, che significa mettere in minoranza Salvini, poi va a votare».
E se fosse il gioco della Lega, lasciare che parta un governo che si sobbarchi una manovra lacrime e sangue per poi mandare Salvini al voto più forte di prima?
«La Lega ha sbagliato mossa. Salvini è bravo con le dirette Facebook ma non ha capito che il Parlamento è una cosa seria e che questo Paese non è Twitter. Detto questo: la manovra non sarà lacrime e sangue. Non ci possiamo permettere un governo dell’austerity e dei tecnici. Per farlo bisogna essere credibili in Europa, cosa che questo Governo non è: la Germania sta frenando e questo è un problema anche per il nostro NordEst. Ma può essere un’opportunità per cambiare politiche economiche: nel 2015 abbiamo ottenuto da soli la flessibilità. Ora abbiamo anche Francia e Spagna che possono combattere con noi per avere misure espansive».
Vuole sfidare l’Europa anche lei?
«Tutt’altro. Voglio cambiarla, d’accordo con i nostri partner europei. Se cambia Governo saremo più forti e credibili insieme ai nostri partner. Vogliamo camb iare l’Europa insieme a Francia e Germania, non insultando Francia e Germania. Su questo punto i 5stelle sono passati dal No euro al Sì euro, mentre Salvini è passato dal No euro al Sì rublo. Quel ragazzo ci nasconde qualcosa».
Cosa vi siete detti in aula parlando fitto?
«Mi ha detto: “Ho visto che in questo periodo mi stai attaccando molto, adesso ascolta che ti attacco io”. Gli ho risposto che non ho ancora cominciato. Quando mi dimisi mi mandò un sms molto gentile. Tra pochi giorni gli restituirò la cortesia, le sue dimissioni sono imminenti».
Da segretario del Pd avrebbe mai accetto che un “senatore semplice” facesse da levatrice a un accordo coi 5 stelle?
«Ho accettato di peggio. Detto questo, davvero il momento è troppo delicato per fare qualsivoglia polemica interna al Pd. Dopo che avrà giurato un governo istituzionale parleremo nelle sedi opportune del Pd».
Si candida a premier?
«Macché. Credo che il mio compito oggi sia dare una mano al Paese a uscire dalla crisi. Ci sarà bisogno di uno sforzo educativo e culturale, ma anche di un viaggio profondo nell’Italia dell’impresa e dell’associazionismo, per raccontare come siamo arrivati a questo. Ho 44 anni, avrò tempo per tornare al governo».
Perché i 5 stelle dovrebbero fidarsi di lei, che con un’intervista a Che tempo che fa ha mandato all’aria proprio la possibilità di un governo col Pd?
«Si fidino di chi vogliono. Io sono orgoglioso di aver fatto quell’intervista. Chi fa paragoni vive in un mondo fermo. I grillini allora pretendevano il vassallaggio del Pd per andare a scardinare le riforme fatte da nostri governi, dopo una campagna elettorale a braccetto con le forze populiste».
Non cambieranno natura perché lo decide lei.
«L’agenda politica non la fa Di Maio, la fa Salvini, che istiga all’odio. Ci sono tre fatti che mi hanno convinto a dare un segnale: la lettera a Repubblica della mamma di un bambino di colore adottato. Spiegava quel che a me hanno raccontato almeno tre coppie di amici: un clima d’odio finora inimmaginabile. Roba da Alabama degli anni ’50. Da cattolico mi ha sconvolto l’uso della Vergine Maria da parte di Salvini il giorno dell’approvazione di un decreto sicurezza che è il contrario di quanto predica la Chiesa. Poi il tono intimidatorio usato con il giornalista che aveva ripreso il figlio sedicenne sulla moto d’acqua: io ho difeso il figlio di Salvini, ma quelle parole al giornalista sono scene che vanno bene nell’Ungheria di Orbán. Di fronte a questo, con un leader politico che chiede “pieni poteri”, chi sta sull’albero a cantare è un disertore».
Lo ha sentito Zingaretti?
«Non starò a dire se, quante volte, come. Zingaretti ha chiesto due cose: voglio l’unità del Pd e deve gestirla il segretario. Mi sembrano richieste serie. Nessuno si smarchi. Io ci sto.
Non do alibi a chi dice “Renzi lo fa solo per andare per i fatti suoi”».
Serve un passo indietro di Di Maio e della prima linea M5S per arrivare a un accordo?
«La partita se la deve vedere il premier che il presidente della Repubblica vorrà incaricare. Mi limito a dire che se partiamo dai veti, rischiano di non esserci i voti. Calma e gesso. Prima mettiamoci d’accordo su cosa fare: scuole, periferie, ambiente, innovazione tecnologica. Chi manda all’aria questo progetto, tra tre mesi rischia di essere il responsabile del più clamoroso autogol della cronaca recente del nostro Paese.
Il suo candidato ideale è Raffaele Cantone?
«È un ottimo magistrato ed è stato un ottimo presidente dell’Anticorruzione, ma se mi mettessi a fare il totonomi farei un pessimo servizio a tutti».