Corriere della Sera, 15 agosto 2019
Di Maio e Salvini non si parlano
Non si salutano, non si parlano, non si guardano nemmeno. E quando il cardinale Bagnasco invita i fedeli a scambiarsi il segno della pace, Salvini cerca mani da stringere alla sua destra e Di Maio si volta a sinistra, per non incrociare le lame degli sguardi.
È il giorno del lutto nel capannone montato sotto il Pilone 9 di Genova, il giorno solenne in cui l’Italia ricorda la strage del 14 agosto 2018, 43 morti innocenti giù dal ponte delle vacanze. Ci sono le lacrime, le grida strozzate dei parenti, le note struggenti del Requiem di Puccini, le sirene e le campane che scandiscono il dolore di una città ancora ferita. E c’è questo governo che si mostra in pubblico per la prima e forse ultima volta, da quando Salvini ne ha proclamato la prematura fine.
Tra il segretario della Lega e il capo politico del Movimento 5 Stelle c’è una sedia vuota, che enfatizza la distanza. Era riservata ad Enzo Moavero Milanesi, bloccato a casa da un febbrone estivo. E così il cerimoniale corre ai ripari, pregando il sindaco Marco Bucci di prendere posto tra i due. Entra Giuseppe Conte e sorride a Di Maio, stringendogli la mano. E quando tocca a Salvini il premier di nuovo tende il braccio e, pur puntando gli occhi a terra e ritirando lesto la mano, saluta il leader che freme per sfiduciarlo.
Il gelo tra gli inquilini di Palazzo Chigi fa notizia, diventa un tema politico e i giornalisti, a messa finita, strapperanno un commento al leader della Lega: «Di Maio? Io saluto tutti, ognuno poi fa quel che vuole. Non provo nessun imbarazzo a stare insieme ai miei ex colleghi. Su tante cose abbiamo lavorato male, ma su Genova no». Il «Capitano» appare stanco e provato, qualcuno dei suoi lo definisce «stralunato». Ecco i ministri Stefani e Bonisoli, ecco il genovese Rixi, che a fine maggio fu condannato per peculato e dovette dimettersi da sottosegretario. Tria è silenzioso e in disparte, Bonafede e Toninelli si tengono alla larga dai leghisti.
I protagonisti della crisi sono tutti qui, come un anno fa nel giorno dei funerali solenni. Ma adesso la tensione politica stride con la commozione. «Parlo solo di Genova», si dà un tono istituzionale Salvini, ma poi accusa il Movimento di «aver perso un anno sulla Gronda autostradale» e promette che la farà col suo governo. Il 14 agosto del 2020 verrà da premier? «Di certo tornerò, in che veste lo vedremo».
Lo sforzo di lasciare le polemiche fuori dal capannone del dolore riesce a metà. Di Maio accusa Salvini di aver impedito la revoca della concessione ad Autostrade («Qualcuno ha iniziato ad avere paura...») e il ministro dell’Interno, che poi a pranzo parlerà della crisi con il governatore Giovanni Toti, stoppa inciuci di palazzo: «Temo che, mentre noi ragioniamo di futuro, ponti, strade e piazze, ci sia qualcuno che ragiona di poltrone». Frecciate e sospetti da cui Conte si tiene alla larga. Scambia una rapida battuta con il presidente Mattarella e parla come un premier solidamente in carica, che promette il rilancio di Genova e prova a mostrare la «forza tranquilla» di chi applica la Costituzione. Ma intanto, a margine e persino tra i banchi della chiesa improvvisata, le trattative vanno avanti. Cosa ha detto Zingaretti a Salvini, che annuiva vistosamente con la testa? Davvero i due leader hanno un patto per correre al voto? «Io sono quello che sta zitto e lavora», si chiude la bocca con un dito il segretario del Pd. E Di Maio, avrà discusso di governo e possibili ministri con il presidente del Lazio? «Non ci siamo salutati, non c’è stato modo», dirà il capo politico del Movimento 5 Stelle all’aeroporto di Genova. E l’altro vicepremier? «Io e Salvini non ci parliamo».