La Stampa, 14 agosto 2019
Quatro nomi per il dopo Conte
E alla fine il tabù è caduto. Per anni Cinque stelle e “piddini” si sono ignorati, spesso si sono disprezzati, ma da 48 ore hanno cominciato a parlarsi. Sottovoce e lontano da occhi indiscreti ma si parlano. E parlano di quel governo di legislatura da fare assieme, considerato ancora inattuale dai leader dei rispettivi partiti ma del quale per ora chiacchierano i vice. E infatti gli sherpa che in queste ore stanno passando le linee, sono i “messi” autorizzati a parlare: i pentastellati Stefano Patuanelli, Francesco D’Uva e il ministro Riccardo Fraccaro e per il Pd esponenti lealisti, zingarettiani doc come Paola De Micheli, Andrea Orlando e Luigi Zanda. Sondaggi preliminari, per capire l’aria che tira, ma anche per far circolare i primi nomi.
Anche per l’incarico più importante, quello di presidente del Consiglio. E qui, sia pure allo stato embrionale e a livello di battute, è interessante il primo ping-pong: «Il presidente del Consiglio non può che restare a noi», dicono i Cinque stelle e fanno il nome di Giuseppe Conte. Quelli del Pd rispondono che «logica vuole che la scelta tocchi a noi», si tengono abbottonati, ma tra di loro i nomi circolano eccome e al termine di una giornata ricchissima di ambizioni mal soffocate, di voci incontrollabili, di candidati plausibili ne restano due di partito e due “tecnici”. Per Goffredo Bettini, amico di Zingaretti e artefice della proposta del «governo di legislatura», il nuovo presidente del Consiglio deve godere «di prestigio nazionale e internazionale e deve essere un politico». Un profilo che, confrontato con le opinioni degli altri notabili del Pd, corrisponde a due figure che potrebbero essere digerite dai Cinque stelle: Enrico Letta e Walter Veltroni.
Enrico Letta è l’unico esponente del Pd che da anni non criminalizza i Cinque stelle: in un libro di quattro anni fa, quando erano all’opposizione, ne apprezzava la capacità di «istituzionalizzare» la protesta, e in una recente intervista ha promosso (sia pure con la sufficienza) il reddito di cittadinanza e ha bocciato senza appello Quota 100. Un atteggiamento che gli ha consentito apprezzamento sia pure molto soft, persino da un “falco” come Alessandro Di Battista, che quando Matteo Renzi divenne presidente del Consiglio, disse in aula: «A parte l’abisso culturale tra Letta e l’attuale premier…». E quanto a Veltroni, le sue ultime mosse sono state tutte in chiave bipartisan: il suo libro, «Roma», non soltanto è privo di critiche a Virginia Raggi, ma una copia è stata regalata personalmente da Veltroni alla sindaca. E tre giorni fa, appena si è cominciato a parlare di un governo del Presidente in alternativa alle elezioni anticipate, Veltroni ha scritto una lettera a “Repubblica” che contiene un passaggio rivelatore: per salvare l’Italia servirebbe «un fronte ampio di forze che si accordi su poche, chiare priorità programmatiche», perché, a suo avviso, il Paese corre un «pericolo Weimar».
E se dovesse servire un premier tecnico di mediazione? Al Pd circolano soltanto due nomi: Raffaele Cantone, appena uscito dall’esperienza dell’Autorità Anticorruzione e che nel 2015 era stato inserito dai Cinque stelle tra i 10 candidati da votare online per il Quirinale. E il secondo è Sabino Cassese, giurista e accademico che ha guardato sempre con attenzione alle proposte di riforma dei Cinque stelle.
Certo, la mossa di Salvini alle sei della sera per qualche ora ha raffreddato i più convinti tifosi di un nuovo governo. E comunque, perché un governo Pd-Cinque stelle possa mai nascere, dovranno – o dovrebbero – parlarsi i capi: Davide Casaleggio e Nicola Zingaretti. E per il momento questo non è accaduto. Perché è tutto in alto mare e da entrambe le sponde ogni contatto viene considerato prematuro.
Per il momento c’è soltanto un coacervo di ambizioni, di adrenalina: sognano e tramano candidati ministri, candidati primi ministri e candidati Presidenti della Repubblica. Per ora nessuno ne parla, ma c’è una partita altrettanto importante di quella per il governo: quella per il Quirinale. Nel 2022 scadrà il mandato di Sergio Mattarella e, come sempre, la maggioranza di governo “trascinerà” con sé il Capo dello Stato. Chi eleggerà il successore di Mattarella? La nuova maggioranza, se mai nascerà? Oppure le forze che dovessero vincere le elezioni anticipate? Nelle prossime settimane la soluzione in un senso o nell’altro della crisi di governo, aprirà anche la corsa al Quirinale 2022.