Corriere della Sera, 14 agosto 2019
Venezia, un Leone per Mary Poppins
Sono passati 55 anni da quando Julie Andrews, l’ombrello in mano con il manico a forma di testa di pappagallo, è entrata nei cuori di milioni di persone. Mary Poppins era il suo debutto cinematografico. La supertata perfetta in ogni aspetto, che cullava due bambini con magiche ninne nanne, riceverà alla Mostra di Venezia (insieme con Pedro Almodovar) il Leone d’oro alla carriera. «Non sono mai stata al Festival e non vedo l’ora di andarvi», dice al telefono dalla sua casa a Long Island.
Miss Andrews, come riuscì a gestire quel successo improvviso?
«Avevo 29 anni, non avevo mai fatto cinema prima. Walt Disney venne a trovarmi a Broadway, dove recitavo Camelot. Mi chiese se ero interessata a un live action d’animazione e se avevo letto il libro Mary Poppins di P. L. Travers da cui era tratto il film. Sì, risposi, ma non potrò farlo, sono incinta. Ti aspetteremo, rispose Disney. E mantenne la parola».
Il sequel dell’anno scorso non ha la stessa magia dell’«originale».
«È gentile da parte sua, ma Emily Blunt è brava e canta bene, ai bambini è piaciuto ed è questo che conta».
«Mary Poppins» potrebbe essere un film utile oggi, per i giovanissimi che…
«…vivono l’era di Internet, la solitudine dei cellulari e via dicendo? Penso di sì, forse abbiamo ancora bisogno di lei. I valori di quel film, che non rivedo da tanto tempo e che sono orgogliosa di aver fatto, sono potenti».
Vinse l’Oscar come miglior attrice protagonista, una bella rivincita pensando a ciò che le era appena successo con il produttore cinematografico Jack Warner.
«Non l’ho mai biasimato. È vero che avevo appena recitato a Broadway My Fair Lady, ma quando decise di farne un film, dovendo investire molti soldi si affidò a una attrice già famosa, Audrey Hepburn, e non a me. Ma sono stata molto fortunata. Tre mesi dopo, Walt Disney bussò alla mia porta».
C’era chi diceva che il suo naso era troppo lungo.
Ride: «Troppo lungo per un’attrice di cinema, però poteva funzionare a teatro. Erano rumours».
Lei è anche una icona per i gay.
«È il regalo che mi ha lasciato il film Victor Victoria. Ma sì, come Sean Connery per 007, così io non penso di essere rimasta intrappolata nel cliché di un personaggio, la ragazza dai buoni sentimenti. Ho interpretato anche una donna sensuale in Operazione Crêpes Suzette, dove fu costumista e scenografo il mio primo marito, Tony Walton (il secondo è stato Blake Edwards, scomparso nel 2010, ndr). Mi disse che con quel ruolo avrei scoperto altri colori dentro di me. Aveva ragione».
A un certo punto andò in analisi: fu a causa dell’operazione alle corde vocali?
«No, l’operazione avvenne nel ’97, molti anni dopo. Ma purtroppo l’intervento chirurgico non ebbe successo, dovetti smettere di cantare e ne sono tuttora triste. Cominciai a scrivere libri per bambini: sono arrivata a trenta. Poi sto finendo il secondo libro di memorie, sui miei anni a Hollywood. L’analisi mi servì a liberarmi da tante paure, mi aiutò a svegliarmi. Non avevo avuto un’infanzia facile, eravamo poveri e tristi. Ora tendo a vedere i lati positivi, ho imparato molto sulla natura umana».
Come reagì quando, da ragazza, scoprì chi era davvero il suo padre biologico?
«Bene, direi. L’uomo accanto a mia madre, che mi aveva cresciuta, lo consideravo mio padre. Misi la cosa nella prospettiva giusta».
Come ricorda Marcello Mastroianni?
«Recitai con lui in Cin Cin. Era un uomo semplice, gentile, adorabile. Fumava tutto il tempo e se ne lamentava con se stesso».
È mai stata Mary Poppins con i sui figli?
«Perfettina come lei? Ho sperato che lo fossi, ma credo di no. Ho cinque figli, due li adottai in Vietnam al tempo della guerra, quando non era facile essere bambini lì; uno è venuto a trovarmi, ora è accanto a me. Hanno le loro famiglie in California. Poi ho dieci nipoti e 3 bisnipoti». Tutti insieme appassionatamente, è la grande famiglia di Mary Poppins.