Corriere della Sera, 14 agosto 2019
Conte sarà in Senato il 20 agosto. Il punto sulla crisi di mezz’estate
L’attesa era tutta per la data in cui il presidente del consiglio Giuseppe Conte si dovrà presentare al Senato per dire la sua su questa crisi di mezz’estate. E invece, ancora una volta, è il vicepremier Matteo Salvini a spostare l’attenzione, forse consapevole di non avere i numeri per imporre la sua linea. «Tagliamo i parlamentari la settimana prossima e andiamo subito a votare», dice intervenendo al Senato non dai banchi del governo ma da quelli del suo partito. E ancora, mentre il Pd protesta per la durata del suo intervento e perché la presidente Maria Elisabetta Casellati lo chiama a sua volta presidente, dice: «Mi rivolgo agli amici del M5S. Tagliamo insieme 345 parlamentari e poi si vota il giorno dopo. Se voi siete pronti noi siamo pronti».
L’Aula resta spiazzata, perché si aspettava che la Lega ritirasse la sua delegazione al governo. E anche il Movimento 5 Stelle ci mette un po’ a esultare, con Luigi Di Maio: «Dopo le proteste dei cittadini la Lega ha ceduto sul taglio dei parlamentari, una riforma che il Paese aspetta da anni». Sull’abbrivio il capo politico del M5S rilancia anche un altro taglio, quello degli stipendi dei parlamentari: «Basta una decisione dell’ufficio di presidenza. Bastano un paio d’ore». Un taglio tira l’altro.
Ma se i due vicepremier si sono sempre marcati a uomo, adesso che l’alleanza è saltata la fiducia reciproca sembra proprio non esserci più: «Se Di Maio è di parola – dice ancora Salvini – la legge sul taglio dei parlamentari passa e poi andiamo a votare. Se invece ti taglio i parlamentari e poi mi fai l’accordo con Renzi ti riempio di manifesti anche Marte». Parole che innescano la controreplica di Di Maio: «Oggi siamo alla mossa della disperazione. Vedere Salvini dire non possiamo tagliare i parlamentari e poi cambiare idea li porta in un cul de sac: se votano la sfiducia a Conte non possono tagliarli, se vogliono tagliarli non possono votare la sfiducia a Conte». Il botta e risposta andrebbe avanti ancora. È solo la fine della giornata a suonare il gong.
Pd e Movimento 5 Stelle accusano Salvini di prendere tempo dopo aver spinto per una crisi in pieno agosto. Ma lui smentisce questa interpretazione: «Andatevi a leggere la legge. Anche con il taglio dei parlamentari si può votare entro ottobre con la legge attuale». Ma cosa succederà adesso?
Dopo il colpo di scena di Salvini, l’Aula del Senato ha confermato che il 20 agosto, martedì prossimo, il premier sarà a Palazzo Madama per fare le sue comunicazioni sulla crisi. Un discorso al termine del quale, con ogni probabilità, annuncerà l’intenzione di salire al Quirinale per rimettere il mandato. Sono state bocciate, invece, tutte le altre proposte per modificare il calendario: quella di Forza Italia che chiedeva di votare subito la mozione di sfiducia; quella della Lega che proponeva oggi, dopo le cerimonia di commemorazione del ponte Morandi. E anche quella di Fratelli d’Italia che voleva far votare la mozione di sfiducia in ogni caso, a prescindere da quello che Conte dirà in Aula. È vero che si votava solo sul calendario ma nell’Aula del Senato si è materializzato per la prima volta l’ asse tra Pd e M5S, sostenuto anche da Leu e dal gruppo delle autonomie, che è riuscito a mettere in minoranza il centrodestra. Il giorno dopo, mercoledì 21 agosto, Conte sarà alla Camera per fare le stesse comunicazioni rese al Senato. Il giorno dopo ancora, e siamo a giovedì 22 agosto, si procederà all’ultimo voto sul disegno di legge costituzionale per il taglio del numero dei parlamentari. Ma non è detto che le cose vadano davvero così. Come dice il capogruppo M5S alla Camera Francesco D’Uva, «Se la Lega apre prima la crisi, il taglio dei parlamentari non si può fare». Una posizione condivisa dal capogruppo Pd Graziano Delrio: «La data del 22, in caso di crisi, è solo teorica». La partita a scacchi prosegue.