ItaliaOggi, 14 agosto 2019
Periscopio
Declinazioni contrattuali: fare, faremo, nulla di fatto. Dino Basili. Uffa News.L’intellettuale dice che in Inghilterra, dopo tutto, non si mangia tanto male. Eugenio Montale. Corsera, 1951.
Non mi sono mai sposato perché ho seguito il consiglio di mio zio Raffaele: «Amare sempre, sposare mai». Pasquale Laurito, direttore de la Velina Rossa (Stefano Lorenzetto, scrittore). Corsera.
Di punto in bianco, don Livio Fanzaga di Radio Maria proclamò: «Il cristianesimo è la sola religione vera». Replicai, mettendo il dito nella piega: «La sua è un’opinione personale. La Chiesa, cui lei appartiene, è ormai relativista». «Gesù è il solo salvatore del mondo», fu la risposta, «Budda, Maometto e gli altri sono uomini. Solo Cristo è Dio. Loro sono marciti, l’unico risorto è Gesù». Don Livio Fanzaga la voce di Radio Maria (Giancarlo Perna). LaVerità.
I reati diminuiscono, i flussi migratori si restringono, eppure il dibattito pubblico è dominato da una destra che invoca più sicurezza. È in corso un’operazione di camuffamento della realtà fatta alla maniera dei fascismi: i nazisti raccontavano che si stava male per colpa degli ebrei, la destra, oggi, dà la colpa agli immigrati. Massimo D’Alema (Vittorio Zincone). Sette.
Il mio non appartenere a una delle tante congreghe penso mi abbia giovato, accrescendo il mio piacere di fare il giornalista e, in genere, di scrivere. Inoltre, restare lontano dalla politica e non avere rapporti poco chiari con questo o con quel segmento della casta mi aiuta a osservare con distacco i polli del mio pollaio: i professionisti della politica. Giampaolo Pansa, Tipi sinistri. Rizzoli, 2012.
L’edificio europeo è pericolante, le crepe si allargano. Certo, ma un edificio si costruisce pietra dopo pietra, facendo qualche aggiustamento in corso d’opera ma senza buttare giù l’intera struttura. Ai ragazzi ricordo spesso che per 15 secoli abbiamo vissuto in guerra e adesso sono tre quarti di secolo che siamo in pace. La guerra va abolita, come dice il mio amico Gino Strada. Renzo Piano, architetto (Anai Ginori). la Repubblica.
Penso che se fai teatro, nello stesso posto, per 55 anni allora qualcosa cambia. È come cambiare il Sahara. Non puoi farlo dall’oggi al domani, perché il cambiamento è impercettibile e lo si apprezza solo nella lunga durata. In una novella di Borges il protagonista dice che si inginocchiò a 300 metri da una piramide. Prese un pugno di sabbia e se lo fece scivolare tra le dita. Aveva cambiato il Sahara. Questa è la metafisica del mio lavoro. Eugenio Barba, regista teatrale (Antonio Gnoli). la Repubblica.
L’8 novembre 2010 quando Houellebecq vinse il premio Goncourt (la massima onorificenza letteraria francese) lo scrittore sembrava felice, non del tutto riconciliato con la vita ma si credette che non avrebbe più fatto scandalo. Ma pensare così era dimenticare la sua capacità di portare l’olio vicino al fuoco. Infatti di lì a poco pubblicò Soumission, il romanzo che racconta la presa del potere in Francia dalla parte di un partito musulmano alla fine dell’elezione presidenziale del 2022. Sébastie Lapaque. Le Figaro.
Da qualche tempo si è formato un fronte di lettori con tante primavere (va bene così?): ci si telefona, ci si scrive, si sta in guardia. Appena si individua un titolo, una didascalia, una notizia con il vocabolo «vecchio», parte un volata di lettere come uno stormo di bombardieri, si minaccia di non comperare più il giornale, si avanzano proposte legislative di abolire l’età sui documenti (basta la dizione maggiorenne, minorenne) o quanto meno di non considerare più reato la falsificazione della data di nascita. Luca Goldoni, Viaggio in provincia. Mondadori.
Il Daily Beast fa un albero genealogico dei presidenti di questa razza, da George Washington a George Bush figlio (sarebbero 11). Douthat fa dei distinguo: certo erano antisemiti, e tendevano a escludere dal potere blocchi sociali diversi dal loro: ma non diversamente da quanto si fa oggi nell’America pur pluralista con gli asiatici; e sì, erano buoni soprattutto a riprodursi per poi piazzare le progenie nelle università dell’edera, sempre calzando scarpe da barca. Michele Masneri. Il Foglio.
Una rivoluzione è stata rivissuta per nulla. Muoiono novantamila lombardi nelle guerre napoleoniche: passano per francesi. Nessuno se ne ricorda, nessuno li esalta. Verrà Stendhal un giorno e scriverà di un certo Fabrizio: ma i morti sono novantamila, e gridano vendetta al cielo. Hanno combattuto per una libertà che non godono, una fraternità che non sentono, un’uguaglianza di cui hanno molti motivi per dubitare. Gianni Brera, Il principe della zolla. Il Saggiatore, 1993.
Innanzitutto deve avere l’osso, il manico. Senza il manico, la costoletta (per carità, non chiamatela cotoletta) è un fiore senza stelo, una bandiera senz’asta, una spada senza impugnatura, un elmo senza pennacchio. Cesare Marchi, Quando siamo a tavola. Rizzoli, 1990.
In una serie televisiva del 2013 The Americans, ambientata negli anni 80, c’è un colonnello del Kgb che racconta che nella strada principale di Mosca, Tverrskaja, una donna entra in un ristorante e chiede : «C’è della carne?», e il ristoratore risponde: «La carne non ce l’hanno nel ristorante qui di fronte, noi non abbiamo il pesce». Paolo Nori, La grande Russia portatile. Salani editore, 2018.
Perché mai l’amore, che dappertutto è attrazione del cuore e dei sensi, ad Amalfi provocava risentimento, rumore e vandalo oppure veniva considerato peccato, quando è la ragione della vita stessa? La risposta è semplice: ipocrisia e invidia. Gaetano Afeltra, Desiderare la donna d’altri. Bompiani, 1985.
Occhi azzurri, penetranti ma miti, sotto sopracciglia arruffate, il naso stretto, le gote scavate, le labbra sottili. Isaac B. Singer, Nemici – Una storia d’amore. Longanesi, 1972.
La Pucci rovistò agitata nella borsetta. Aprì una conchiglia e con un batuffolo s’incipriò il naso guardandosi nello specchietto. Si osservò da una parte e dall’altra, arricciò le labbra come se dovesse dare un bacio, richiuse la conchiglia e ripose il tutto nella borsetta Guido Conti, Il tramonto sulla pianura. Guanda, 2005.
Chiesi il conto venti minuti prima delle undici: era meno salato di quanto mi fossi aspettato. Mi ero proposto di dimostrarmi «generoso ma non prodigo», una massima che avevo letto non so dove e mi era parsa buona. Heinrich Bôll, Biliardo alle nove e mezzo. Mondadori, 1959.
I piaceri della gola sono l’ultima risorsa di chi ha perduto gli altri. Roberto Gervaso. Il Messaggero.