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 2019  agosto 13 Martedì calendario

Tutto quello che c’è da sapere sul polpo e la piovra

Il polpo è dappertutto. Lo si trova nel vasellame di Cnosso, Micene, Rodi, Cipro, mentre i suoi tentacoli sono rappresentati nei mosaici romani e sulle monete a Taranto, Crotone, Siracusa e Paestum; è sugli scudi, ad esempio su quello d’Achille. Plinio ne fa un ritratto e descrive i suoi cambiamenti di colore, e soprattutto l’intelligenza: apre con i sassi le valve, sposta pietre per difendere le tane, esce dall’acqua per rubare le riserve alimentari nei depositi. Il mondo antico è stupefatto – ne scrive Elieno – per le performance di questo strano animale. Il suo mimetismo suscita ammirazione. Poi qualcosa cambia, proprio in virtù della sua capacità di mascherarsi. Per Sant’Agostino è un esempio di tradimento, mistificazione, bugia, simboleggia i tentatori. San Basilio rincara la dose: è l’immagine dell’adulatore. Tuttavia Ulisse Aldrovandi (1522-1605) nella sua sterminata Storia Naturale assegna al polpo un ruolo importante: unisce la natura terrestre a quella acquatica. Nel contempo appare una nuova figura, il Kraken, il polpo colossale, ispirato ai mostri biblici, Behemoth e Leviatano, che assale navi e cattura coi suoi tentacoli i marinai: è la piovra gigantesca. Il Romanticismo trasforma la piovra gigante nel mostro dei mari. Ne scrivono Jules Michelet nel suo Il mare (1861) e Victor Hugo nel romanzo I lavoratori del mare (1866) e poi Jules Verne nell’affascinante Ventimila leghe sotto i mari (1869). La parola “piovra” è introdotta da Hugo, che ne fissa l’immagine mitica. Roger Caillois in un suo libro, La piovra (1973), racconta la storia dell’immagine del polpo, animale affascinante e sorprendente. Lo scrittore francese riassume le tappe di questa creazione fantastica: animale ornamentale e commestibile per gli antichi; lubrico per i giapponesi; ripugnante e mostruoso per i romantici; semifiabesco, per la psicoanalisi, che vede nei suoi tentacoli palesi simboli fallici.
Peter Godfrey-Smith, filosofo della scienza australiano con la passione per le immersioni, fa oggi di questo animale il riferimento principale per capire tipi di menti diverse da quelle umane. Che cosa abbiamo in comune noi con i polpi? Un antenato: una creatura simile a un verme, vissuta nell’Ecardiano, 600 milioni di anni fa, piatto, senza cervello e senza occhi. Quello è il nostro punto di unione e quindi di separazione nell’albero che Godfrey-Smith disegna nel suo studio. Su un ramo ci sono i vertebrati come noi, cui succedono i mammiferi, sull’altro gli invertebrati, compresi granchi e api, loro parenti e anche i vermi e molluschi. Come sono diventati così intelligenti i polpi? La storia è lunga, ma affascinante. Il risultato incredibile: un polpo comune, l’ Octopus vulgaris, possiede 500 milioni di neuroni. Noi ne abbiamo circa 100 miliardi; i 500 milioni sono l’equivalente di quelli posseduti dai mammiferi più piccoli e dal cane. I cefalopodi, cui il polpo appartiene, hanno un sistema nervoso più sviluppato di tutti gli altri invertebrati. Una notevole porzione del sistema nervoso di un cefalopode non si trova concentrata nel cervello, bensì distribuita su tutto il corpo. I suoi tentacoli pensano poiché la maggior parte dei neuroni si trovano lì: il doppio di quelli che stanno nel cervello. Possiede tre cuori, che pompano un sangue verde-azzurro, dato che è il rame a trasportare l’ossigeno, e non il ferro, che lo colora di rosso, come accade a noi. Le braccia non dispongono solo del tatto; hanno infatti capacità olfattive e gustative e ogni ventosa è dotata di 10.000 neuroni. Nel suo saggio Altre menti il filosofo della scienza divenuto naturalista spiega molte altre cose sui polpi che lasciano stupefatti; così anche Sy Montgomery, naturalista e scrittrice, in un libro, L’anima di un polpo, che è l’ampia cronaca dei suoi incontri con questo animale marino. Se leggerete questi libri, forse non riuscirete più a ordinare un piatto di polpo al ristorante.
I suoi occhi sono simili ai nostri: possiedono lenti per la messa a fuoco, cornee trasparenti, iridi per regolare la quantità di luce sul fondo oculare, per convertire la luce in segnali neurali. La sua pelle è uno schermo composto di più strati controllato dal cervello, che dirige milioni di sacche di pigmento simili a pixel. A leggere gli studi sui polpi si trovano esempi sulla loro capacità di riconoscere le persone, di uscire dagli acquari aprendo le chiusure ermetiche, d’impadronirsi delle cose. Sono curiosi, intuitivi e intelligentissimi, capaci di cambiare forma e dimensione. Senza guscio i polpi hanno dovuto sviluppare nel corso di milioni di anni la capacità di sfuggire ai predatori. Tuttavia vivono poco, un anno o due. Godfrey-Smith ci ha avvisati: intercettare un polpo in un’immersione appare come l’esperienza più vicina all’incontro con un alieno che ci possa capitare. Siamo entrambi figli della Terra e dei suoi oceani.