la Repubblica, 13 agosto 2019
Il 48 per cento dei debiti non pagati dai privati è riconducibile così a un mutuo immobiliare
Decisa frenata per il credito: la Banca d’Italia certifica una crescita davvero modesta a giugno dei prestiti ai privati, solo lo 0,3% rispetto al +1% di maggio. Un dato che riflette l’aumento dei prestiti alle famiglie (più 2,4% su base annua, in linea con il più 2,5% del mese precedente), e la forte riduzione di quelli alle società non finanziarie (meno 0,9%, una contrazione maggiore del meno 0,2% del mese precedente). E, secondo Unimpresa, conferma la «drammatica tendenza dei rubinetti chiusi dei prestiti alle aziende da parte delle banche», decisamente più prudenti nelle erogazioni rispetto al passato.Questo nonostante prosegua, grazie ad alcune opere di cartolarizzazione, la riduzione delle sofferenze: -24,3% su base annua a giugno, un calo robusto anche se inferiore al -37,5% di maggio. Anche i dati Abi-Cerved confermano l’andamento discendente delle sofferenze, esplose durante la crisi: a marzo si registrava una diminuzione di circa 21 miliardi rispetto all’anno precedente. Tuttavia secondo un’indagine di Banca Ifis ammontano ancora al 13% del Prodotto interno lordo, una cifra enorme che corrisponde a 266 miliardi, distribuiti tra famiglie e, soprattutto, imprese.I debiti incagliati girano soprattutto intorno al mattone. È la casa il comune denominatore dei conti che non tornano, delle rate che non si riescono più a pagare e delle aziende che rimangono gravemente esposte con le banche, per poi magari andare a gambe all’aria. Una forma di contrappasso per uno dei Paesi europei con il più alto numero di proprietari di case in Europa: oltre il 70%, molto di più del 50% della Germania o del 55% della Svezia. In Italia l’immobiliare è sempre stato considerato un buon investimento, anzi a lungo lo si è considerato uno dei modi migliori per impiegare i propri risparmi. Ma gli stipendi degli italiani non crescono da tempo, e quelli dei giovani, delle nuove famiglie, sono particolarmente bassi e discontinui: ecco perché l’acquisto della casa ormai troppo spesso si trasforma nel passo più lungo della gamba.Il 48% dei debiti non pagati dai privati, dalle famiglie, è riconducibile così a un mutuo immobiliare, mentre solo l’8% del credito al consumo si trasforma in un “Npl”, un “Non performing loan”, un debito incagliato (tra le altre cause la principale è lo scoperto di conto). Gli Npl detenuti dalle persone fisiche, individui o famiglie, rileva il centro studi di Banca Ifis in un’indagine condotta in esclusiva per Repubblica, sono 839.000, quelli delle imprese 371.000. Se si considera il volume anziché il numero di posizioni, però, sono le aziende a prevalere, con una quota del 77% del valore totale.L’immobiliare torna puntualmente anche come causa principale di grave difficoltà dei pagamenti delle imprese: a smettere di pagare sono soprattutto quelle del real estate, dalle costruzioni fino alle agenzie di intermediazione immobiliare. Al settore real estate, accerta Banca Ifis, appartiene il 36% delle posizioni di aziende con debiti incagliati. Le percentuali degli altri macrosettori, servizi e industria, sono più basse di un terzo rispetto all’immobiliare, rispettivamente al 12 e all’11%.La Regione dove l’immobiliare ha sofferto di più è il Lazio, seguito dalla Lombardia, mentre quella dove è più difficile per le famiglie pagare i mutui è la Liguria, seguita da Sardegna, Umbria e Campania. Quella dove è più facile pagare il mutuo, ma anche dove le imprese vanno meno in crisi, è il Trentino Alto Adige, con appena l’8% dei mutui in sofferenza.Il fatto che i debiti in sofferenza siano legati alla casa, al mattone, dovrebbe forse facilitarne il recupero: sono tutti garantiti. Ma le aste immobiliari dicono il contrario: spesso non si presenta nessuno, molti beni sono poco appetibili, e per chi si assume l’onere di recuperare il credito spesso non vale neanche la pena di andare in giudizio, considerando i tempi lunghi delle procedure in Italia. Dei 266 miliardi di euro che gravano sui bilanci delle banche oltre la metà, 154, sono stati ceduti a fondi o banche specializzate. Se si guarda ai volumi vince il Nord, se si guarda al numero di indebitati il Sud emerge subito, con la Campania al primo posto. Gli indebitati in grave difficoltà sono soprattutto maschi, il doppio delle donne.