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 2019  agosto 13 Martedì calendario

Intervista a Letizia Battaglia, la fotografa della mafia che s’è fatta prostituta (per un film)

«Gli ho detto: accetto solo se mi fai fare una vecchia prostituta». Letizia Battaglia, 84 anni, fotografa tra le più grandi, per il New York Times «una delle 11 donne che hanno segnato il nostro tempo», svela i retroscena della sua presenza in La mafia non è più quella di una volta, il film di Franco Maresco il 6 settembre in concorso a Venezia.
Perché quella richiesta?
«Le squillo mi piacciono, ho gran rispetto per il loro mestiere. Se poi sono vecchie, anche di più. Amo quei visi segnati da tante storie, tutte da raccontare. Franco mi ha dato retta. E così nel film compaio in una scena truccata e scollata come non mai».
Come si è sentita?
«Bellissima. Non lo sono mai stata, ma stavolta, con tutti i miei anni, le mie rughe, le mie follie, mi piaccio davvero».
Che rapporto c’è tra lei e Maresco?
«Lo ammiro da sempre, ho corteggiato a lungo la sua intelligenza lucida e disperata. Finché lui mi ha ritratta in un documentario, La mia Battaglia, dove abbiamo discusso di vita e morte, di amore e vecchiaia. Ci siamo confrontati sulla nostra “palermitudine”, su questa città bella e impossibile devastata dalle guerre di mafia».
Guerre che lei ha immortalato in tante immagini magnifiche e terribili. Davvero non è più come una volta?
«Il titolo è ironico, ma dice il vero. La mafia che ho fotografato io, quella dei Corleonesi, delle coppole, del sangue nelle strade, non c’è più. I mafiosi di oggi sono antropologicamente diversi, sono andati all’università, conoscono le lingue, si profumano. Li trovi nelle banche, nelle istituzioni, nella polizia... Non più poveracci con la lupara ma manager. Della sola industria florida di questo Paese, la droga. E non stanno neanche più a Palermo, dove oggi si vive benissimo. Si sono trasferiti al nord, hanno esportato il modello in Russia, in Cina».
Come racconterà tutto questo il film di Maresco?
«Non l’ho ancora visto, né lui mi ha spiegato troppo di che si trattava. Gli ho detto sì a scatola chiusa, ho fatto tutto quello che mi ha chiesto, ho girato per Palermo, sono andata all’Albero Falcone a gridare la mia indignazione davanti le commemorazioni ipocrite dei politici, sono entrata nella cripta dei Cappuccini a fumarmi una sigaretta tra tutti quegli scheletri. Io viva, loro morti».
La sua Palermo. E poi c’è quella di Ciccio Mira, impresario dei neomelodici, che mandano in visibilio periferie e mafia.
«Lui è l’altra voce del film, il mio antagonista. Ciccio è uno che si barcamena in un mondo di omertà ma ora, per nausea o per sdegno, dà fondo al suo patrimonio per organizzare allo Zen un evento inaudito: i neomelodici per Falcone e Borsellino, mai ricordati prima in quel quartiere. Una follia bellissima».
Tra i suoi scatti più famosi quello dove Sergio Mattarella stringe tra le braccia il fratello Piersanti appena ucciso da Cosa Nostra. Quando fu eletto, lei disse: «Un presidente che ha questa storia sarà sicuramente rivoluzionario».
«La rivoluzione si può fare anche a piccoli passi, in modo nascosto. Mattarella è una persona per bene. Mi aspetto da lui un gesto forte».