Corriere della Sera, 13 agosto 2019
Il bengalese furioso che ha aggredito una sconosciuta in pieno centro a Milano senza un perché
Prima il tonfo di una bottiglia spaccata a terra, poi l’aggressione e le grida della donna: «Aiuto! mi vuole ammazzare!».
Sono le 12.15 di ieri quando in largo la Foppa, uno dei «salotti» più glamour e videosorvegliati di Milano, prende forma l’incubo vissuto da una donna di 65 anni, rimasta vittima di un’esplosione di violenza improvvisa da parte di un perfetto sconosciuto: il 31enne immigrato regolare R.C.D., del Bangladesh, arrestato dalla polizia per tentato omicidio dopo averla presa di mira senza motivo.
La donna viene picchiata, e ripetutamente accoltellata con un coccio di vetro. Un colpo alla gola le apre una ferita che, non fosse stato per il pronto intervento di altri passanti, soprattutto turisti stranieri, avrebbe potuto avere conseguenze più gravi. A quell’ora, al vicino bar «Prestige», una delle dipendenti si sta concedendo una pausa. «Ho visto tutto, ho sentito urlare, mi sono girata e ho visto questa poveretta aggredita da un uomo che la picchiava forte».
Tra i passanti si sparge la voce che la vittima abbia reagito a un tentativo di rapina, ma gli investigatori della polizia, coordinati dal pm Enrico Pavone, hanno smentito questa ricostruzione.
Si è trattato di un attacco casuale. L’aggressore, jeans e maglietta nera, spacca una bottiglia sull’asfalto, e parte contro la prima persona che gli capita a tiro. Prima di infierire con il vetro affilato, spinge a terra la vittima e la schiaffeggia. Poi usa il collo di bottiglia. La prende alla gola e, visto che la donna cerca disperatamente di parare i colpi, anche alla spalla, e su un braccio. Il primo a intervenire è un 45enne romano, in quel momento diretto a piedi verso la stazione Garibaldi: «Ho visto questo tizio sopra la signora, e l’ho spinto via con forza, poi sono arrivate altre persone che lo hanno bloccato».
Il bengalese viene colpito con un calcio al ventre, ma c’è un momento in cui si apre un «corridoio» davanti a lui, e avrebbe la possibilità di provare una fuga. Si allontana, invece, camminando lentamente, ma fa in tempo a percorrere pochi metri, perché viene accerchiato da altri pedoni accorsi sul posto.
Si gira con la faccia rivolta al muro, senza dire nulla, apparentemente calmo, fino all’arrivo delle volanti dell’Ufficio prevenzione generale della Questura.
Le attenzioni di tutti, a quel punto, sono rivolte alla signora, una milanese che vive nelle immediate vicinanze, e che perde abbondante sangue dal collo. Ola, una 36enne russa trasferitasi da tempo in città, è la prima a prestare soccorso: «Con la carta assorbente ho tamponato la ferita, usciva una quantità impressionante di sangue, con me c’era una turista olandese che le teneva una mano, un’altra polacca e un ragazzo uscito da un negozio che mi aiutavano. Molti invece avevano paura di avvicinarsi».
Lo choc si impadronisce della vittima, che chiede subito della figlia e quando arriverà l’ambulanza. Ha paura di morire. All’ospedale le ferite vengono suturate dai medici, che decidono di trattenere la donna in osservazione. L’aggressore è caricato su una macchina della polizia. Lo sguardo assente, non oppone resistenza.