il Fatto Quotidiano, 12 agosto 2019
Sotto al ponte Morandi si moriva di cancro
“Una mortalità superiore anche del 40% rispetto ai quartieri ricchi di Genova. Siamo a livelli paragonabili a Taranto, ma nessuno si è accorto di queste zone finché non è crollato il Morandi. Alla gente che vive vicino al ponte dovrebbero dare il premio Nobel per la sopportazione”. Valerio Gennaro è uno dei medici oncologi ed epidemiologi più noti d’Italia. Si è occupato tra l’altro di Seveso, Porto Marghera, delle acciaierie di Cornigliano e Taranto e dei militari colpiti da tumore. Voleva offrire alle amministrazioni genovesi l’aggiornamento al 2018 delle analisi della mortalità e della salute ferme al 2013. Non molti, racconta però, sono sembrati interessati. La Valpolcevera, Cornigliano e il Ponente di Genova sono uno dei suoi chiodi fissi: “qui per decenni nessuno si è accorto di quello che stava succedendo”. Ma perché in questa zona di Genova, che una volta era la città rossa e operaia, la gente moriva tanto? “Certo, le industrie inquinanti, come le vicine acciaierie. Colpa anche della scarsa informazione, della mancanza di strutture sanitarie e di ospedali. Ma c’è anche il ponte con la sua mole di traffico”. Già, il Morandi su cui, secondo le previsioni dell’epoca della costruzione, dovevano transitare trentamila mezzi al giorno tra auto e camion. Ma nel giro di pochi decenni tutto è cambiato: siamo arrivati a picchi di centomila. A pochi passi dalle case.
Vero, ora il Morandi non esiste più, ma in Valpolcevera si vedono già i piloni del nuovo ponte. Che seguirà lo stesso percorso e accoglierà lo stesso traffico. “Qualcuno ha valutato l’impatto sulla salute degli abitanti?”, si chiede Gennaro. E mostra i dati che ha raccolto negli anni. Statistiche che dovrebbero essere aggiornate alla fine del 2018. Ma già i numeri analizzati da Gennaro (si chiama indice di mortalità standardizzato ed è frutto del lavoro degli epidemiologi dell’Irccs di San Martino) tracciano una mappa di Genova, dove la durata della vita segue crudelmente i confini del benessere: “Prendete il quartiere di Cornigliano, a valle del ponte e vicino alle acciaierie. Qui tra gli uomini la mortalità, considerando tutte le malattie, arriva a un coefficiente di 1,20 (1 è la media cittadina). Parliamo del 20 per cento in più, un’enormità. Numeri che ricordano Taranto. A Rivarolo, sotto il ponte, siamo al 12 per cento più della media”. E tra le donne? “A Cornigliano siamo sopra la soglia del 30 per cento (il 15 a Rivarolo)”.
Ma a colpire è soprattutto il confronto con i quartieri più ricchi della città. Prendete Albaro, la zona ‘nobile’: “Qui – sottolinea Gennaro – la mortalità è inferiore del 21% rispetto alla media tra gli uomini. Sommando i dati la differenza tra Cornigliano e Albaro è intorno al 40%. Valori simili a Nervi e Sant’Ilario, altri quartieri del Levante. Benestanti e più lontani dall’inquinamento: tra gli uomini siamo a una mortalità dello 0,82, tra le donne si scende allo 0,84. Incidono a Ponente i tumori a pancreas, polmoni, diabete, patologie cerebrovascolari e cardiache.
Davvero a Genova c’è un muro invisibile che divide la città. “Purtroppo le zone della Liguria con la maggiore mortalità sono proprio quelle intorno al ponte”, sostiene Gennaro. Vero, molte industrie inquinanti hanno ridotto il loro impatto (come le acciaierie che oggi ospitano solo la lavorazione a freddo) e tante imprese hanno chiuso i battenti. Ma l’impatto del traffico continuerà. Non solo: “Bisognerà valutare”, si chiede l’epidemiologo, “se il crollo del ponte e i lavori di ricostruzione avranno a loro volta un impatto sulla salute. Servono dati aggiornatissimi, è necessario che l’Osservatorio per l’Ambiente e la Salute svolga un lavoro serratissimo sulle conseguenze del crollo. Ma finora gli incontri sono stati troppo pochi”. La gente della Valpolcevera ha timore che la sua salute venga dimenticata. Per questo a dicembre, come aveva raccontato il Fatto, Enrico D’Agostino – presidente del comitato “Liberi Cittadini di Certosa” – aveva depositato in Procura un esposto in cui si parlava del rischio amianto nei piloni del ponte che subito si volevano demolire con gli esplosivi. Ne aveva parlato al nostro giornale proprio Gabriele Camomilla, che per conto di Autostrade per anni – fino al 2000 – si è occupato della manutenzione del ponte sul Polcevera; l’ingegnere che lo conosce come le proprie tasche e che nel 1994 realizzò la ristrutturazione del pilone 11. Ci disse Camolilla: “Amianto nel ponte? Nei progetti del Morandi è indicato che nella struttura è presente. Ma è ancora poco rispetto a quello contenuto nelle case che saranno demolite”. Il programma di demolizione, dopo quell’allarme, subì un cambiamento.
Oggi le gru stanno costruendo il nuovo ponte progettato da Renzo Piano. Genova e la Liguria aspettano l’inaugurazione che risolverà i problemi di traffico e ridarà fiato a trasporti ed economia. Ma tornerà anche lo smog. La salute di chi vive sotto i piloni ancora attende risposta.